HomeInternational Banking News

Sahel e Golfo di Guinea

Sahel e Golfo di Guinea

Si tende a credere che la prossimità sia un elemento chiave per valutare se eventi che si svolgono all’interno di uno Stato e/o di una area geografica

Usa e Cina si sfidano nelle isole Salomone
Identità digitale: come contrastare i rischi connessi?
La European Defence Agency ed i limiti all’ autonomia strategica dell’ UE

Si tende a credere che la prossimità sia un elemento chiave per valutare se eventi che si svolgono all’interno di uno Stato e/o di una area geografica limitrofa possano avere un impatto sul divenire quotidiano di un Paese. In base a questa logica, uno Stato percepito come distante è erroneamente ritenuto non in grado di influenzare le nostre attività quotidiane. Tuttavia, in un mondo globalizzato e interconnesso com’è quello di oggi non è possibile rimanere isolati dagli eventi che accadono in altri luoghi, anche interessanti ambiti diversi, sia a livello politico che economico, legislativo o sociale.

Nel caso di atti illeciti è possibile che le loro conseguenze attraversino i confini e incidano su altre aree geografiche, influenzando la vita di singoli e gruppi, l’economia, la sicurezza e la politica. In questo frangente alcuni fenomeni criminali sono più eclatanti di altri, come nel caso del terrorismo la criminalità organizzata nel Sahel e la pirateria e l’armed robbery at sea (ora in crescita preoccupante nel Golfo di Guinea). Di fatto questi fenomeni criminali interessano una scala che eccede la portata regionale e in maniera differente, impattano sulle relazioni politiche, economiche e di sicurezza di aree geografiche distanti sia dal Sahel sia dal Golfo di Guinea.

Il Golfo di Guinea, nuovo epicentro della pirateria marittima dopo l’Oceano Indiano

Il Golfo di Guinea è una regione marittima dell’Oceano Atlantico che include circa 6.000 km di costa; come parte dell’Africa occidentale e Centrale, vi si incontrano due sub regioni: quella settentrionale, che include Senegal, Benin, Togo, Sierra Leone, Ghana, Liberia, Guinea, Guinea Bissau, Capo Verde, e quella meridionale con Angola, Camerun, Gabon, Guinea Equatoriale, Nigeria, Repubblica del Congo, Sao Tomé e Príncipe, Repubblica Democratica del Congo (anche se per un brevissimo tratto). Tra essi vi sono alcuni dei principali produttori di idrocarburi (questo immenso spazio ha grandi riserve di petrolio greggio e gas naturale), riserve minerarie, agricole e di pesca.

Tutte risorse che vengono esportate via mare nei relativamente vicini mercati occidentali. Questo fa del Golfo di Guinea un contributo alla sicurezza energetica – una questione estremamente attuale, vista la situazione tra Russia e Ucraina – dei Paesi che importano idrocarburi, come quelli dell’UE. In questo modo, e per la posizione geografica di questi Paesi, il Golfo di Guinea acquista una rilevanza speciale quando viene utilizzato come possibile area di passaggio per il traffico marittimo da e verso il continente americano e l’Africa subsahariana con l’Europa. Pertanto, è un hub per l’ingresso di forniture energetiche, nonché per altre risorse della zona, come ferro, oro, diamanti, pesca, prodotti agricoli e frutta. Questo potenziale energetico, in particolare, ma in generale economico è ridotto in quanto il Golfo di Guinea è considerato un’area altamente insicura e instabile.

Come spesso accade, i problemi di sicurezza e stabilità marittima sono originati e/o concausati da problemi sul territorio e tutti gli Stati menzionati stanno subendo seri problemi che vanno dall’indebolimento o della scomparsa di poteri centrali, alla corruzione, al radicamento della violenza e all’instabilità interna. In altre parole, la governance è debolissima e molti Stati sono sul limite di essere considerati falliti; innanzitutto, pagano una situazione interna di divisione etnico-religiosa, confini artificiali e conseguentemente fenomeni irredentisti/separatisti (eredità sia del colonialismo e della sistemazione delle ex colonie tedesche dopo la prima guerra mondiale come per Togo e Camerun) e gli effetti nefasti di un post colonialismo di rapina, che appoggiando leadership asservite a poteri economici e politici esterni, sfruttano le risorse locali e stravolgendo le economie locali, come quelle agricole, che permettevano la autosussistenza (ad esempio con la superproduzione di caffè e cacao).

Esempio emblematico è la Nigeria, dove questa situazione ha creato un mix esplosivo che ha portato, tra l’altro, ad un significativo sviluppo del crimine, soprattutto in mare, che si manifesta attraverso attività criminali marittime come la pirateria ed il commercio e la pesca illecita. Questo stato di cose minaccia la stabilità e la fluidità del commercio marittimo – si stima che fino al 90% del commercio mondiale viene trasportato via mare – avendo un grande impatto sulle rotte. Di fatto sono atti criminali che causano insicurezza, maggiori costi per il trasporto marittimo (a cominciare dalle assicurazioni e noli), e mettono in pericolo la vita di coloro che li attraversano, causando gravi danni economici e materiali.

Questo è particolarmente vero nel Golfo di Guinea, dove ogni giorno ci sono circa 1.500 pescherecci, petroliere e navi mercantili che navigano nelle sue acque. Ciò si è accentuato dopo il COVID-19, limitando le limitate risorse pubbliche destinate alla sicurezza marittima per dedicarle ai sistemi sanitari (già debolissimi per sé stessi). L’aumento del rischio marittimo ha comportato nell’area del West Africa una riduzione del commercio mondiale e, quindi, della crescita economica di quei Paesi, con un conseguente aumento della povertà e della disoccupazione.

In relazione a questo, è stato riscontrato un aumento del raggio d’azione dei pirati, fino alla Costa d’Avorio e al a sud del Gabon, divenendo una fonte di reddito alternativo e sostentamento per la popolazione. Questo scenario è peggiorato nell’anno 2020, con la caduta del prezzo del petrolio a causa del calo della domanda. La concomitanza di tali fattori ha lasciato le petroliere maggiormente vulnerabili all’aumento dell’attività dei pirati.

Nel 2020, secondo l’International Maritime Bureau, il Golfo di Guinea ha registrato 84 attacchi contro navi, con 135 marittimi rapiti a scopo di riscatto. Il Golfo di Guinea ha registrato un aumento di quasi il 50% dei rapimenti a scopo di riscatto tra il 2018 e il 2019 e di circa il 10% tra il 2019 e il 2020. La regione ora rappresenta poco più del 95% di tutti i rapimenti a scopo di riscatto in mare.

Tuttavia, questo si scontra con i dati ufficiali per il 2021, che si è concluso con 132 incidenti di diversa natura, con 115 avvicinamenti, 11 tentativi di attacco, 5 attacchi compiuti e il dirottamento di uno di essi. Queste cifre sono le più basse registrate per pirateria e rapina a mano armata dall’anno 1994, e sono associati alla diminuzione dei reati di pirateria marittima in questo settore, una maggiore cooperazione da parte delle autorità regionali e una maggiore presenza di navi da guerra internazionali, proprio per l’importanza delle loro risorse e posizione geografica.

Sarà vero?

Ma questa apparente contraddizione può essere dovuta alla cosiddetta figura oscura. Quegli atti criminali che non sono ufficialmente notificati, quindi non appaiono nelle statistiche istituzionali e dovrebbero quindi essere interpretati con cautela, poiché si stima che fino alla metà dei casi non sia denunciata e, quindi, di molti anche la loro esistenza è sconosciuta. Tra i motivi che portano a questa dubbia rendicontazione si includono i costi che un ritardo in un’indagine può comportare per le aziende, una cattiva pubblicità sia per il porto dove è avvenuto l’attacco, sia su scala globale per la compagnia di navigazione della nave.

Pertanto, e nonostante la potenziale inesattezza dei dati di per sé, il Golfo di Guinea rimane un centro molto importante della pirateria marittima.

L’attività di pirateria marittima nel Golfo di Guinea e suo impatto per l’Europa

Per trarne profitto economico, la pirateria marittima ha sviluppato un profilo impresariale: il mercato petrolifero illegale. L’industria petrolifera è il pilastro dell’economia dell’area del Golfo di Guinea, data l’esistenza di un grande mercato nero del greggio. In altri termini, il petrolio rubato alle navi, per entrare in un circolo economico, richiede una rete criminale organizzata che renda redditizio il suo commercio illegale. Inoltre, i pirati traggono profitto da altri introiti correlati al dirottamento di navi, come il sequestro e il riscatto per la liberazione degli equipaggi.

L’evoluzione e l’ascesa della pirateria marittima nel Golfo di Guinea è una preoccupazione per l’Europa, in quanto molte società di navigazione e pescherecce operano nella regione. La pirateria colpisce anche attraverso l’aumento del costo dell’assicurazione nel trasporto marittimo, che genera maggiori costi per le aziende, ma influenza anche il prezzo del prodotto trasportato, aumentandone il prezzo della merce. Questo è stato fatto con attività di sorveglianza, operazioni, scambi di informazioni e attività bilaterali o su richiesta dei paesi dell’area, volti ad aumentare le loro capacità marittimo. Inoltre, si cerca di migliorare le capacità militari, marittime e militari marittime delle forze armate e di polizia dei paesi del Golfo di Guinea in quanto l’insicurezza generata dalla pirateria non solo colpisce l’ambiente marittimo, ma facilita anche l’accesso di prodotti illeciti attraverso di contenitori sigillati in spedizioni legittime, grazie a corruzione o coercizione esercitata. Ciò consente l’ingresso di persone, armi e droga, che avvantaggia non solo la criminalità organizzata, ma anche i gruppi terroristici localizzati nel Sahel.

Il Sahel come centro operativo per le organizzazioni criminali

Il Sahel è una striscia di terra situata a sud del deserto del Sahara, e che comprende i confini tra dodici paesi, che si estendono da ovest a est del continente lungo circa 5.500 chilometri e con una larghezza media di 400 chilometri. Allo stesso modo, è caratterizzato dall’essere un ampio spazio di transizione in cui le strutture comunitarie e tribali hanno prevalso nel tempo, con una costante movimento alla ricerca di risorse e per lo sviluppo delle proprie attività, in sostanza del settore primario che, peraltro, tendono ad essere legati a diverse etnie. Per questo motivo, è il clima, così come i suoi incidenti, che dettano il ritmo della vita dei suoi abitanti. Tuttavia, il costante aumento della popolazione e la controversia risorse – piuttosto scarse – genera controversie che portano rapidamente a conflitti etnici. A quanto sopra vanno aggiunti i movimenti di carovane e commerci, che circolano lungo le stesse rotte di migliaia di anni fa e che hanno creato una rete di comunicazione in Africa. Questa rete è riuscita a trascendere il continente con cui connettersi Europa e ottenere così vantaggi, sia per il commercio che per le possibilità di mobilità che offre alla popolazione.

Il Sahel è pertanto un centro di interconnessioni molto importanti unendo popoli, Paesi e continenti attraverso le loro antiche rotte. Tuttavia, quella stessa rete nei vasti territori che compongono il Sahel è stata sfruttata da nuove strutture non statali e transnazionali che, grazie alla permeabilità delle frontiere e la mancanza di un efficace controllo delle frontiere da parte delle autorità nazionali, facilita la completa libertà di movimento, e costituzione di gruppi criminali e terroristici nella regione. Questi gruppi, trovando un terreno fertile, hanno approfittato della grande instabilità politica e della sfiducia nel sistema, facilitati dalle limitate risorse dello Stato per la sua difesa e dalla vastità dei territori che hanno favorito la crescita di una cultura dell’impunità che ha contribuito a rafforzare il predominio delle organizzazioni criminali tra la popolazione. In questo modo, il Sahel, a lungo rotta commerciale e di mobilità umana, oggi è uno spazio favorevole, per la criminalità organizzata ed il terrorismo, creando una maggiore destabilizzazione e impatto sullo sviluppo e sicurezza della regione, con effetti allarmanti che fanno di questo luogo un paradiso per le attività criminali.

La convivenza di terrorismo e criminalità organizzata nel Sahel

Il fatto che terrorismo e criminalità organizzata abbiano formato alleanze è un fattore ben noto che ha stabilito una serie di dinamiche caratterizzate dal loro adattamento alle circostanze, acquisendo un ruolo di primo piano come “manager di potere” e creando un nuovo contesto politico e socioeconomico. In estrema sintesi, la formazione di alleanze dà continuità al business e alla sopravvivenza della criminalità organizzata e del terrorismo, in quanto la mancanza di controllo e di governance, unita all’instabilità del territorio, consente elevati gradi di mobilità e di impunità. In ogni caso, per la loro sopravvivenza questi gruppi necessitano di un sempre maggiore flusso di risorse umane, finanziarie e materiali. Per questo motivo, il reclutamento di nuovi follower criminali è fondamentale; non a caso, risultano essere più addestrati e equipaggiati rispetto alle forze militari e agli organi di sicurezza della zona. Per ottenere queste risorse, necessitano del controllo delle antiche rotte del Sahel usate da sempre dai nomadi che controllavano le vie del deserto del Sahara, addebitando pedaggi ai mercanti che le attraversavano. Oggi sono utilizzate da diverse reti criminali, per il controllo del territorio e attività illecite come il traffico di droga, tabacco, armi, cibo, carburante ed esseri umani.

Il Sahel è uno “spazio di transizione”, strade lungo le quali merci e persone hanno da sempre circolato, e viene utilizzato dalle reti criminali. Questi percorsi implicano nuove e possibili fonti di criminalità e sinergie, che hanno varcato ormai confini anche continentali.

A titolo di riflessione, lo sviluppo, l’evoluzione e il continuo adattamento di questi gruppi si è concretizzato da tempo e, come si è visto, le loro alleanze continuano a perpetuare azioni criminali che devastano la regione.  Contrariamente a quanto può sembrare, questi fenomeni criminali hanno luogo in spazi più vicini di quanto possa sembrare; non solo a causa della vicinanza della Spagna al continente africano, ma grazie alla rete delle rotte millenarie che collegano il Sahel e l’Europa in uso crescente. Quindi, gli eventi che si svolgono nel Golfo di Guinea e nel Sahel influenzano la politica e l’economia europea, nell’ambito della sicurezza del commercio e di molti altri settori. Sembra evidente che la regione stia diventando sempre più un ‘safe haven’ per pirati, terroristi e gruppi collegati al crimine organizzato, per cui è necessario continuare ad agire, aiutando gli Stati locali non solo cooperando per migliorare la loro sicurezza ma contribuendo alla stabilità politica e istituzionale e al loro sviluppo economico e sociale.

Fonte: Difesaonline.it

Commenti