Chi scrive crede nel giornalismo economico, quello più genuino che descrive l’economia partendo dalle visioni e passando dai dati. Raccontare dati
Chi scrive crede nel giornalismo economico, quello più genuino che descrive l’economia partendo dalle visioni e passando dai dati. Raccontare dati economici tramite fatti storici (appurati) fa comprendere le politiche economiche.
L’informazione economica corretta ha un “divieto” d’influenza, soprattutto a borse aperte. Dal 2007-2008, con lo scoppio della crisi finanziaria mondiale (mai del tutto esaurita) partita dai capitali privati americani il mondo non è stato più lo stesso. Vediamo perché…
Durante il primo semestre del 2011, Deutsche Bank ha preso la drastica decisione di ridurre la propria esposizione al debito pubblico italiano, causando un autentico disastro economico per l’Italia. Con un taglio netto dell’88%, l’esposizione è stata ridotta da 8 miliardi a soli 997 milioni di euro a luglio di quell’anno spartiacque, una mossa che ha mandato segnali di allarme attraverso i mercati finanziari, incrementando la percezione di un rischio crescente per l’economia italiana. Lo spread iniziò a salire a livelli clamorosi, le agenzie di rating declassarono il Paese tanto da far saltare un governo democraticamente eletto.
Questa fuga precipitosa da parte di uno dei maggiori istituti di credito tedeschi non solo ha scatenato un effetto domino, con l’intensificarsi delle pressioni sui titoli di stato italiani e l’aumento dello spread, ma ha anche gettato una luce cruda sulla fragilità della nostra economia agli occhi degli investitori internazionali. Anche altre esposizioni di Deutsche Bank nei confronti dei paesi mediterranei sono state drasticamente ridotte nello stesso periodo, con un calo del 70% che ha portato il totale a 3,7 miliardi.
La Grecia, paese non industriale, è letteralmente saltata per aria. Non si è più ripresa e paga ancora un dazio enorme nell’essersi indebitata con le banche estere: non ha potere decisionale e risulta un paese bloccato, senza spinta. Queste mosse non sono passate inosservate: il mercato ha visto in esse un chiaro presagio di tempi difficili, una specie di preavviso di tempesta che ha colpito direttamente al cuore dell’Italia (il grande competitor di Germania e Francia), con conseguenze a lungo termine sulla stabilità finanziaria. La questione è stata oggetto perfino d’indagine da parte della procura di Trani, che non è riuscita a stabilire responsabilità penali, ciò però non toglie che il legame tra l’azione di Deutsche Bank e le turbolenze del mercato sia evidente.
Questa è la dimostrazione palpabile di come le grandi manovre finanziarie possano avere un impatto devastante su un’intera nazione. Nel caso specifico DB fu utilizzata come arma economica da parte della Germania per indebolire un competitor diretto. L’Italia nel 2009 era in netta ripresa e soprattutto era solida grazie al proprio patrimonio privato, in mano italiana a garanzia del debito pubblico, per 2/3 dei cittadini italiani. Italia padrona del proprio destino ma piegata a regole europee che penalizzano il debito pubblico e quegli investimenti a capitale umano che furono da sempre la vera spinta per il Paese. Ma c’è di più…
Nonostante tutto l’Italia regge e la Germania va in difficoltà nonostante regole create a sua somiglianza. Nel 2023 la Germania è costretta ad ammettere d’aver barato sul debito pubblico, da cui pareva essere immune. La verità sulle pratiche di bilancio tedesche viene fuori dal rapporto dell’Ufficio Federale per il Controllo del Bilancio, il Bundesrechnungshof, che mette in luce una realtà alquanto inquietante: l’esistenza di 29 fondi speciali, alcuni dei quali risalenti agli anni ’50, altri istituiti solo l’anno scorso, come il fondo speciale di 100 miliardi di euro per le forze armate e quello di 200 miliardi per la crisi energetica. Questi fondi, che ammontano a un volume finanziario di circa 869 miliardi di euro, sono per lo più finanziati attraverso prestiti, con un potenziale d’indebitamento di circa 522 miliardi alla fine del 2022, circa cinque volte l’indebitamento pianificato dal 2023 al 2027.
La Germania, quindi, s’ indebita e lo fa tenendo nascosto il debito, fuori dai bilanci ufficiali, in maniera da non apparire nei rapporti debito/PIL o deficit/PIL, eludendo così anche il famoso “Freno del debito” che limiterebbe l’indebitamento al 0,35% del PIL annuo. Questa è una finzione contabile, un trucco da prestigiatore che nasconde non solo cifre ma le vere condizioni economiche del paese. Questa omissione ha portato a una revisione sostanziale delle statistiche sul debito tedesco, che ha significativamente aumentato la cifra del debito pubblico precedentemente riportata. Un tale aggiustamento (nei grafici pubblicati) ha naturalmente implicazioni per la percezione della stabilità fiscale della Germania, potenzialmente influenzando la fiducia degli investitori e le valutazioni delle agenzie di rating.
*grafici elaborati e simulati da OpenIndustria
Mentre la Germania si nasconde dietro a un velo di rispetto finanziario, l’Italia paga il prezzo della sua vulnerabilità esposta crudelmente da manovre speculative e decisioni finanziarie alquanto bizzarre da parte dell’Unione. Una campagna mediatica scialba avvolge la vicenda, di fatto abbassandone l’impatto sull’opinione pubblica europea. Dopo il disastro del Qatargate la Ue pare scossa dalla mancanza d’affidabilità della sua campionessa d’austerità: la Germania. Berlino ha costretto un continente a regole ritagliate sulla propria economia e ha utilizzato la propria stampa per attaccare gli altri, come non ricordare “i compiti a casa” che i nostri giornali riportavano di continuo dimenticando le vere analisi?
Il dazio pagato dal nostro Paese è stato enorme ma nessuno in Italia pare dirlo alla popolazione a chiare lettere, dopo che per anni il Belpaese è stato dipinto come non affidabile e costretto a tagli (ingiustificati) a sanità e scuola, oltre a ricerca e flessione del mercato del lavoro, che ha portato salari bassi e migrazione di giovani qualificati a spese del contribuente (un danno doppio). Un Paese sull’orlo del tracollo che però ha ancora la seconda manifattura in Europa e la terza industria.
Serve una nuova narrazione per ripartire e che tuteli gli asset italiani in borsa e nel “sentire comune”. L’ attuale narrazione tossica danneggia cittadini ed imprese, condiziona le agenzie di rating e di conseguenza ci aumenta gli interessi sul debito esposto che non cala perché con i parametri attuali non è matematicamente in grado di farlo. Abbandonati i parametri nel 2020 causa Covid l’Italia è cresciuta nel 2021 più di tutti nel G7, smentendo la Lagarde nel 2019 che vedeva Roma come il motore d’una nuova crisi economica, quando in realtà è avvenuto il contrario.
Marco Pugliese