Il 25 aprile sembra diventato un mix dove si mescola un po’ tutto in un annacquamento che va a discapito della memoria storica, della consapevolezza d
Il 25 aprile sembra diventato un mix dove si mescola un po’ tutto in un annacquamento che va a discapito della memoria storica, della consapevolezza di ciò che siamo e quindi di ciò in cui potremmo trasformarci.
“
C’etait pendant l’horreur d’une profonde nuit
”
è il verso di Racine che mio Padre usò come esergo nel suo “
Addio a Recanati
” dove raccontò cosa comportò l’avvento del regime fascista e la perdita della libertà per l’Italia e la nostra famiglia.
Fu l’orrore di una profonda notte che avvolse tutto e catapultò in esilio tante persone, tra cui mio Padre, Giorgio Mario, figlio di Mario Bergamo, colpevole di essere il Segretario Nazionale del Partito Repubblicano, di aver sfidato il Fascismo, di essere portatore di istanze libertarie, di opporsi con veemenza alla dittatura, di invocare la fine della monarchia, di
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invocare uno stato laico e laicista, di lottare per la giustizia sociale e di tendere, fin dal 1931,quindi prima di Ventotene, ad un convinto europeismo federale indicandone il sentiero .
Aveva solo 4 anni, mio Padre, quando approdò a Parigi. Suo Padre vi era giunto qualche mese prima con una rocambolesca fuga attraverso le Alpi con l’aiuto dei contrabbandieri.
Del suo esilio raccontò tutto in “Addio a Recanati” racconto-saggio storico edito da Cappelli nel 1974 e riedito da Einaudi nel 1981. Un libro che Pietro Nenni definì “
documento umano di primissimo interesse: quanto di meglio si poteva e si doveva fare
”.
Della complessità e tragicità di quegli eventi presi coscienza fin da ragazzina ascoltando mio Padre e mia Nonna, Linda Garatti. Loro fecero ritorno dalla Francia, ma non mio Nonno che decise di restarvi per sempre. Una scelta difficile e dolorosa ma coerente al suo sentire e agire politico. Fu un segno forte dettato dal fatto che avrebbe preferito che la sua Patria fosse stata capace di liberarsi da sola senza l’apporto dall’esterno.
Aveva sognato e lottato tutta la vita per una Italia libera che per lui era cosa diversa da una Italia liberata. Voleva insomma che la sua Patria non dovesse niente a nessuno!
Ho spesso pensato alle scelte di mio Nonno, alle conseguenze che patì, alla grande violenza in patria che subì ad opera dello squadrismo fascista, alle tante manganellate prese, alle numerose devastazioni del suo studio, all’olio di ricino somministrato e vomitato per non morire, alla caccia all’uomo apertasi nei suoi confronti che lo costrinsero a scegliere la via dell’esilio, al suo non-ritorno, a come affrontò tutto con grande coraggio e dignità, pagando un prezzo caro e ingiusto.
Mi sono spesso chiesta se io sarei stata capace di un simile sacrificio che gli comportò una grande solitudine privandolo anche degli affetti più cari. Ho spesso confidato a mio Padre, nei nostri lunghi dialoghi quando era ancora in vita ed io ero giovane, che se fossi stata il Nonno probabilmente non sarei stata capace di affrontare tutto quel dolore e avrei fatto ritorno! Ricordo gli occhi di mio Padre indulgenti verso il mio ardire un giudizio.
Oggi, più matura, sono in grado di comprendere la grande e coraggiosa portata delle decisioni del Nonno, ammirandone la coerenza e il grande rigore morale.
Suo fratello, Guido, anch’egli repubblicano, il più giovane deputato d’Italia, come il Nonno fu perseguitato dai fascisti. Dopo un breve esilio in terra d’Egitto, fece rientro in Patria ma gli fu proibito di far ritorno nella sua bella Treviso, la sua clinica fu data alle fiamme e fu mandato al confino nella terraferma lagunare a Mestre.
Lui andò Partigiano, combatté per liberare la Patria ma poi, come il Nonno, rifiutò la sedia di Senatore che a entrambi spettava di diritto. I fratelli Bergamo, all’epoca chiamati fratelli d’Italia, un paradosso se penso alla nostra contemporaneità, volevano l’Italia libera più che liberata.
Un insegnamento che ho imparato dai miei familiari è di non cedere alle prebende e alle lusinghe del potere cercando di vivere con coerenza e guardare alla politica, che è una passione, intendendola soprattutto come missione, un donarsi agli altri per il bene di tutti e
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non per esercitare un potere fine a se stesso.
La politica vera non strilla, non urla, non tira o strabuzza gli occhi, non trascende in isterismi di maniera, non cambia idea dal giorno alla notte, mira alla sostanza, non si limita alla propaganda ed è tenuta al giuramento di fedeltà inscritto nella nostra Costituzione, onorando, così dovrebbe, il sangue versato per la nostra libertà.
Racconto di queste cose perché tante sono le sfumature di chi ha dedicato la vita per la Nazione e di queste sfumature dobbiamo tutti tenerne conto se ambiamo alla vera pacificazione nazionale che talora stenta ancora a riconoscersi nel perdurare di asti e nostalgiche rivalse.
E’ stata una fortuna, quasi un salvacondotto esistenziale, poter apprendere da mio Padre e da mia Nonna tanti particolari della nostra storia familiare che è storia del Paese. Ho appreso del Fascismo ben oltre la cognizione tratta e tratteggiata dai libri di storia. Importante fu per me aiutare mio Padre nella ricognizione dei tanti documenti d’archivio del Nonno e fu così che compresi meglio le sfumature delle nostre radici ma anche le nebbie della nostra storia come Paese. Conosco il dolore e la sofferenza che avvolse le loro vite. Ho imparato quale fu la forza che ardeva nel loro cuore, nel loro pensiero e nella loro azione. Mai mi trasmisero odio ma solo amore per la Patria.
A onore del vero non tutti gli antifascisti erano democratici, questo dobbiamo pur dircelo, ma sicuramente tutti i democratici furono antifascisti.
Come diceva Mario Bergamo, quasi una profezia, “
con il Fascismo avremmo dovuto far di conto ben più della durata del suo Ventennio”
. E infatti, non c’è giorno che sui media o sui talk non se ne parli tentando parallelismi tra ieri e oggi.
Se non c’è dubbio che il Fascismo sia morto e seppellito come fenomeno storico, tutta via una certa mentalità fascistoide permane e si rinviene qua e là e del resto, Mario Bergamo, ci faceva avvisati che “
c’era tanto fascismo pure nell’antifascismo
”.
In effetti lo si respira in certi momenti quando ad esempio si impedisce alla Brigata Ebraica di sfilare per le commemorazioni, come accaduto a Roma o la si contesta come accaduto a Milano. Eppure alla Resistenza contribuì con apporto e sacrificio significativo inquadrata com’era nell’esercito britannico. Il suo vessillo, azzurro e bianco con la stella di David sarebbe poi diventata la bandiera di Israele. Piuttosto non dobbiamo dimenticare che alleato della Germania Nazista e dell’Italia Fascista era il Gran Muftì di Gerusalemme. Nel giorno del 25 Aprile, qualche attivista vorrebbe sfilare trasformando la nostra festa nazionale in una manifestazione per qualcos’altro mentre è il giorno di festa della fine della dittatura fascista, della fine della violenza squadrista, della fine delle leggi razziali, della fine della censura, della fine dell’intolleranza e dei rancori e della ritrovata libertà.
Il 25 Aprile, dalle mie parti, vale doppio: è la festa della Liberazione ma si festeggia anche il Patrono della mia città, Venezia. Nel giorno di San Marco vi è l’usanza di regalare alle donne un bocciolo di rosa simbolo d’amore imperituro che è lo stesso che si dovrebbe
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provare per la propria Patria. Per questo oggi festeggio nel nome della libertà inspirando il profumo di un rosso bocciolo di rosa.
di Paola Bergamo