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Doomismo climatico: cos’ è è perché fa male all’ ambiente?

Induce chi ne soffre a gettare la spugna, senza impegnarsi per difendere il Pianeta perché convinto che il dado sia ormai tratto

Doomismo climatico: cos’ è è perché fa male all’ ambiente?

Doomer e negazionisti sono una minaccia per l'ambiente. Se i negazionisti non adottano uno stile di vita che tutela l'ambiente, convinti che non ci si

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Doomer e negazionisti sono una minaccia per l’ambiente. Se i negazionisti non adottano uno stile di vita che tutela l’ambiente, convinti che non ci sia una vera emergenza climatica, doomer fanno altrettanto ma per il motivo opposto: avvertono l’emergenza ma sono persuasi del fatto che ormai è troppo tardi per salvarlo.

Un fenomeno reale

Il termine “doomismo” deriva dall’inglese “doom” che significa sia sorte sia condanna ed è utilizzato in senso negativo. Il doomismo climatico non è un’invenzione letteraria, esiste. Il sito web della Bbc racconta la storia di Charles, un ventisettenne californiano convinto che “ci sia poco o nulla che possiamo fare per invertire effettivamente il cambiamento climatico su scala globale”. Sembra una dichiarazione come tante ma su TikTok, piattaforma dalla quale diffonde il suo pessimismo cosmico, ha 150 mila follower.
Per capire cosa si cela dietro agli atteggiamenti dei doomer abbiamo chiesto il parere di Marino Bonaiuto, professore ordinario del Dipartimento di psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione, Facoltà di Medicina e Psicologia, dell’Università La Sapienza di Roma: “Di fronte a un evento negativo inevitabile può aversi come risultato una reazione di accettazione passiva, di rassegnazione. Pertanto interpreterei il fenomeno come dovuto alle informazioni sull’inevitabilità delle conseguenze negative senza una corrispondente enfasi sulle possibilità di risposta, le quali come noto possono riguardare due ambiti: quello dell’adattamento ai cambiamenti climatici globali (cioè individuare strategie di fronteggiamento delle conseguenze negative) e quello della mitigazione dei cambiamenti climatici globali (cioè strategie di diminuzione delle cause all’origine del cambiamento climatico che comporta tali conseguenze negative)”.
Un fenomeno di impotenza che si colloca in un contesto negativo e che viene portato alla luce soprattutto dai giovanissimi ma che potrebbe ignorare gli aspetti anagrafici: “Bisognerebbe verificare tale ipotesi attraverso dati raccolti in modo rigoroso e su campioni rappresentativi della popolazione. Comunque, è plausibile che le fasce già più deboli per altri motivi (d’istruzione, di reddito, di ruolo sociale o lavorativo, ecc.) siano maggiormente esposte a questo fenomeno poiché sono maggiormente vulnerabili in termini di capacità di fronteggiare le difficoltà su altri fronti”, spiega il professor Bonaiuto.

È davvero troppo tardi?

Gli studi scientifici che lanciano o rilanciano allarmi ambientali, pure trasmettendo un sentimento di pessimismo, si dimostrano per lo più possibilisti fermo restando che occorrerebbe profondere impegno per evitare il peggio. Per contro il doomismo climatico non poggia su alcun documento scientifico che prevede l’annichilimento del pianeta senza possibilità di salvezza. “Troppo tardi” è un’affermazione priva di criterio, ciò non toglie che la situazione ambientale sia per lo meno delicata e che le misure per invertire la rotta siano urgenti e da attuare con rigore.
Cosa fare, dunque, per lenire il pessimismo? Il professor Bonaiuto è anche membro del Comitato tecnico-scientifico sulla sostenibilità, istituito nel 2021 dall’ateneo romano, interlocutore adatto a cui porre un simile quesito: “In generale, bisogna domandarsi cosa fare di propositivo: è importante ragionare in termini di misure atte a contrastare questa china. Ciò significa favorire sia i comportamenti che consentono di fronteggiare le conseguenze negative di tali cambiamenti nel presente e immediato futuro (adattamento), sia quelli che consentono di diminuire l’impatto umano sull’ambiente per arrestare la tendenza attuale nel futuro a medio e lungo termine (mitigazione). Per promuovere tali comportamenti, bisogna investire, costantemente e a lungo termine, in comunicazione, formazione, educazione e svolgimento di attività riguardanti il rapporto reciproco tra persone e ambiente. Ciò consente di formare e trasformare quelle caratteristiche psicologico-sociali (valori, norme, identità, ecc. proprie della persona) che governano sia le reazioni psicologiche nei confronti dell’ambiente in generale e degli specifici luoghi, sia i comportamenti messi in atto nei confronti dell’ambiente e dei luoghi”.

Fonte: Huffpost.it

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