HomeLa Riflessione

IL MAGISTERO PAPALE: IL PIU’ GRANDE LASCITO DI BENEDETTO XVI

IL MAGISTERO PAPALE: IL PIU’ GRANDE LASCITO DI BENEDETTO XVI

Per Gentile concessione dottoressa Paola Bergamo Joseph Ratzinger, diventato Benedetto XVI, ha svolto un magistero raffinato anche se di minore gra

Generali: l’ultimo giorno dell’ Opa su Cattolica si chiude con il 70%
Opa Generali su Cattolica: Warren Buffett aderisce
Generali chiude l’opa su Cattolica all’84,475%. Il tema della fusione

Per Gentile concessione dottoressa Paola Bergamo

Joseph Ratzinger, diventato Benedetto XVI, ha svolto un magistero raffinato anche se di minore grandezza rispetto a quello del Predecessore. Ricordiamo innanzitutto le sue Lettere Encicliche. Per esse concepì una trilogia dedicata alle virtù teologali, purtroppo rimasta incompiuta, almeno ufficialmente, in quanto l’ultima delle Encicliche è stata pubblicata dal Successore.
La prima, la Deus caritas est, del 2006, tratta della carità a partire dai concetti di eros ed agape. L’eros, pur richiamando la dimensione più propriamente terrena dell’amore, viene dalla stessa fonte della bontà del Creatore, come la possibilità di un amore che rinuncia a sé in favore dell’altro. La dimensione dell’amore trascendente, è invece l’agape, che si manifesta nella misura in cui due si amano realmente e uno non cerca più solo se stesso ma soprattutto il bene dell’altro. La famiglia è il primo luogo della caritas, ma è anche un principio sociale, perchè incanala l’uomo verso la società, verso la Chiesa, verso il mondo. Essa è necessaria espressione dell’atto più profondo dell’amore personale con cui Dio ci ha creati, suscitando nel cuore umano la spinta verso l’amore, riflesso di Dio che ci rende sua immagine.
La seconda enciclica è la Spe Salvi, sulla speranza. Essa non ha una dimensione solamente terrena, in quanto Gesù Cristo ci ha condotto all’“incontro con una speranza che era più forte delle sofferenze della schiavitù e che per questo trasformava dal di dentro la vita e il mondo”. La speranza cristiana non è in qualcosa ma in Qualcuno. Inoltre essa è la fonte della vera libertà, in contrapposizione con i falsi miti del progresso e della scienza. Quest’ultima, in particolare “non redime l’uomo”, anzi, se male utilizzata, “può anche distruggere l’uomo e il mondo”. Tre sono i luoghi della speranza: la preghiera, in quanto Dio non nega mai il suo ascolto; l’azione intesa in senso altruistico; la sofferenza che “permette di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore”; il giudizio di Dio, che “revoca” la sofferenza passata.
La terza enciclica, Caritas in Veritate, del 2009, verte sulla Dottrina Sociale della Chiesa. La carità, “è la via maestra” di essa e, dato “il rischio di fraintenderla, di estrometterla dal vissuto etico”, va coniugata con la verità. Ratzinger si soffermò sul concetto di “bene comune”, un principio sempre più calpestato da fenomeni degenerativi come la finanza speculativa, la cattiva gestione dei flussi migratori, lo sfruttamento sregolato delle risorse della terra, i tagli indiscriminati alle spese sociali. Per superare la crisi economica globale e le disuguaglianze sociali è necessario valorizzare il capitale umano. Il primato dell’uomo si sostanzia innanzitutto nel rispetto della vita umana dal concepimento alla morte naturale, per cui Benedetto XVI condannò anche le politiche antinataliste. La stessa economia di mercato deve smettere di “contare solo su se stessa” e di essere un “luogo della sopraffazione del forte sul debole”, riscoprendo la logica del dono. La Caritas in veritate ha approfondito anche l’etica ambientale. Essendo la natura un dono di Dio da usare in modo responsabile, il Papa suggerisce soluzioni di ‘ecologia umana’ che si rifanno ai principi del diritto naturale. Altri principi dell’enciclica sono il principio di sussidiarietà, che, “attraverso l’autonomia dei corpi intermedi”, diventa “l’antidoto più efficace contro ogni forma di assistenzialismo paternalista”, e lo sviluppo che, per essere tale, “deve comprendere una crescita spirituale oltre che materiale”.
Ricordiamo poi le Esortazioni Apostoliche di Benedetto XVI: la Sacramentum Caritatis, postsinodale, del 2007, sull’Eucarestia; la Verbum Domini, postsinodale anch’essa, del 2010, sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa e del credente; la Africae Munus, anche postsinodale, del 2011, sulla Chiesa in Africa; la Ecclesia in Medio Oriente, postsinodale, del 2012, sulla Chiesa in Medio Oriente.
Tra le centotrentadue promulgate da Benedetto XVI, citiamo la costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus del 2009, con cui ha istituito gli Ordinariati per i fedeli della Comunione Anglicana che, mantenendo la loro liturgia, vogliano unirsi a Roma.
Benedetto XVI ha inoltre promulgato alcuni Motu Propri di particolare rilievo: quello per la pubblicazione del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, del 2005; il De aliquibus mutationis per il ripristino del quorum dei due terzi per l’elezione papale, nel 2007; quello sotto forma di Lettera Apostolica intitolato Summorum Pontificum, dello stesso anno, per la liberalizzazione del Messale di San Pio V e la trasformazione del Vecchio Rito Latino in Rito straordinario; l’Omnium in mentem del 2009; quello contro le attività illegali in campo finanziario e monetario nello Stato della Città del Vaticano, del 2010; quello sotto forma di Lettera Apostolica, intitolato Porta Fidei, per la promulgazione dell’Anno della Fede, nel 2011; quello sotto forma di Lettera Apostolica intitolato Latina Lingua, del 2012; quello sotto forma di Lettera Apostolica detto Normas Nonnullas, del 2013, sul Conclave che doveva seguire alla sua abdicazione.
Degna di nota è la Lettera ai vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici della Chiesa Cattolica nella Repubblica Popolare Cinese del 2007, la Lettera ai vescovi per l’accompagnamento del Summorum Pontificum, del medesimo anno, quella del 2009 per la remissione della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità San Pio X, la Lettera pastorale ai cattolici d’Irlanda sconvolti dagli scandali degli abusi sessuali del clero, del 2010.
Vanno poi menzionati gli svariati Messaggi per diversi tipi di giornate mondiali (per le Comunicazioni sociali, per l’ alimentazione, per migrazioni, missionaria, per la pace, del malato, delle vocazioni, della Gioventù).
Degni di nota sono i suoi discorsi. Ovviamente il più celebre è la Declaratio del 2011 con cui abdicava, ma molto noto, perché oggetto di infondate polemiche, fu anche quello della Lectio magistralis di Ratisbona nel 2006, sul rapporto tra fede e ragione. Degni di nota sono senz’altro anche i seguenti testi: il Discorso ai rappresentati delle Chiese non cattoliche e delle confessioni non cristiane, quello all’Incontro Ecumenico di Colonia, quello al Consiglio misto per il dialogo cattolico-ortodosso, tutti del 2005; quello ai partecipanti al Convegno promosso dal Partito Popolare Europeo, l’Omelia all’Incontro Mondiale delle Famiglie, il Discorso coi rappresentanti della Scienza a Regensburg, quello agli ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana accreditati presso la Santa Sede e di alcune comunità islamiche in Italia, tutti del 2006; il Discorso alla Casa Bianca, i due Discorsi all’ONU, quello al mondo della Cultura a Parigi, tutti del 2008; l’Omelia a conclusione dell’Anno Sacerdotale, nel 2010; il Discorso al Reichstag, quello ai rappresentanti del Consiglio della Chiesa Evangelica Unita di Germania, quello dell’Incontro coi rappresentanti delle Chiese Ortodosse e Orientali, tutti del 2011; l’ultimo Discorso ai Sacerdoti romani, quello all’ultima Udienza generale, il Saluto di congedo ai Cardinali, tutti del 2013. In genere vanno ricordati i contesti dei discorsi, delle allocuzioni, delle omelie. Per esempio il Papa indisse alcuni anni commemorativi, per la Fede, per San Paolo e per il Sacerdozio (2008-2009, 2009-2010, 2012-2013), che furono importanti occasioni per l’esercizio del suo magistero. Il Pontefice ha poi celebrato cinque Concistori e creato novanta Cardinali. Il Papa ha poi decretato quarantaquattro canonizzazioni e ottocentosettanta beatificazioni (che però non ha celebrato personalmente). Inoltre, anche Benedetto XVI continuò la prassi del viaggio apostolico, punteggiato da discorsi e allocuzioni importanti. E’ stato tre volte in Germania e Spagna, una volta in Polonia, in Turchia, in Austria, in Francia, in Repubblica Ceca, a Malta, in Portogallo, a Cipro, nel Regno Unito, in Croazia e a San Marino. Fuori d’Europa si è recato una volta in Brasile, negli Stati Uniti d’America, in Australia, in Messico e a Cuba, in Camerun, in Angola, in Benin, in Terra Santa, in Giordania e in Libano.
In Italia ha visitato, in ordine di tempo, Bari, Manoppello, Verona, Vigevano, Pavia, Assisi e Loreto (entrambe due volte), Savona, Genova, Santa Maria di Leuca, Brindisi, Cagliari, Albano, Pompei, L’Aquila, Cassino, San Giovanni Rotondo, Aosta, Viterbo, Bagnoregio, Brescia, Torino, Sulmona, Carpineto, Palermo, Venezia, Aquileia, Ancona, Lamezia Terme, Serra San Bruno, Arezzo, La Verna, Sansepolcro, Milano, San Marino di Carpi, Rovereto di Novi, Nemi, Frascati. Ha compiuto inoltre trentasei visite pastorali in Roma, esercitando il ministero episcopale. Ulteriormente degni di specificazione sono le celebrazioni delle Giornate Mondiali della Gioventù fatte da Benedetto XVI, a Colonia, Sydney e Madrid, e degli Incontri Mondiali delle Famiglie a Valencia, Città del Messico e Milano. Tali trasferte, senza accrescere ulteriormente il numero dei viaggi elencati, sono state senz’altro occasioni speciali per il magistero papale discorsivo.
Vanno inoltre citati alcuni documenti emanati in suo nome da alcuni dicasteri della Curia Romana. Sono l’Istruzione Sanctorum Mater (2007) della Congregazione per le Cause dei Santi; la Lettera ai vescovi sulle modifiche introdotte nelle Normae de gravioribus delictis (2010), quella per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare le linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte dei chierici (2011), tutte della Congregazione per la Dottrina della Fede; la Legge CVII e la Legge CLXVI della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, del 2010.
I grandi temi del magistero di Benedetto XVI si possono facilmente individuare. L’attuazione del Concilio Vaticano in piena continuità con la Tradizione della Chiesa, la valorizzazione della centralità dell’Eucarestia, la vocazione apostolica della Chiesa, l’unità dei cristiani e il dialogo interreligioso, specie con Ebrei e musulmani, e coi non credenti, la riforma della Curia Romana e dei costumi del clero, il tutto inquadrato nella visione generale di Chiesa propria del Papa sin da quando era docente universitario.
Nel suo insegnamento la tematizzazione della fede è essenziale: essenziale, pura, intima e vissuta dentro e fuori, basata sull’incontro amoroso con Dio. Analogamente, Benedetto tematizza la speranza, collocata nella sua corretta dimensione escatologica. In questo contesto si colloca la ripresentazione della figura di Gesù nella sua trilogia libraria che lo riguarda e pubblicata, sia pure come persona privata, durante il Papato, e della quale abbiamo parlato a proposito delle sue opere teologiche. In genere Ratzinger cerca di mantenere viva e integra la fede, di mettere in luce la priorità di Dio, di ravvivare oasi di preghiera e ascetismo nel tumultuoso mondo moderno presso cui trovare conforto e refrigerio mediante un distacco anche solo temporaneo dal caos della vita. Nell’ottica della vivificazione della fede vanno letti gli anni tematici su Paolo, la fede stessa e il Sacerdozio, Inoltre il Papa ha tentato di cristologizzare tutta la Scrittura nel suo magistero dedicato ad essa dopo il Sinodo specifico, così da far capo alla Parola incarnata attraverso ogni parola di Dio scritta. Accanto a ciò, Benedetto XVI considera valide le forme di vita religiosa condivise in modo intenso, come le Giornate Mondiali della Gioventù. Un posto speciale ha nel magistero benedettino il rapporto tra teologia e magistero. La prima è possibile solo nella sottomissione al secondo, espresso soprattutto dall’autorità del Papa. Ciò non distrugge la scientificità della teologia e manifesta la fede dei teologi. Benedetto ha inoltre energicamente sostenuto una ermeneutica della continuità del Concilio Vaticano II, definendola più appropriatamente ermeneutica della riforma, che conserva l’essenziale e modifica il contingente.
Nel vasto campo della liturgia Ratzinger ha conservato la sua impostazione di teologo, privilegiando una innovazione restauratrice, basata sull’enunciazione di principi base chiari e solidi e sull’indicazione della soluzione dei problemi concreti, in ordine alla parola e al silenzio nella liturgia, alla musica e al canto sacro, ai gesti, agli abiti e ai simboli liturgici, all’architettura sacra, alla traduzione corretta in volgare dei libri liturgici e all’uso del latino, sino alla formazione liturgica nei Sacramenti. Proprio per questo ha promosso la rinascita degli studi della lingua latina. Inoltre, liberalizzando il Messale di Pio V, Benedetto non solo ha voluto venire incontro alle istanze dei “nostalgici” per favorire il rientro della Fraternità San Pio X nella Chiesa, ma anche dare a questa un esempio di liturgia armonica e foriera di coinvolgimento interiore. Il Papa ha voluto combattere gli abusi liturgici e stigmatizzare frammentazione e riduzionismo in tale campo. Ma non è stato insensibile al richiamo della novità, purchè sgorgante da una istanza precisa, collegata ad una spiritualità. Per questo ha approvato e incoraggiato la liturgia dei Neocatecumenali. In ordine poi alle canonizzazioni e alle beatificazioni, Ratzinger ha enunciato il criterio della necessità di privilegiare quelle di uomini di Dio che parlano a tutta la Chiesa. Il Papa ha in effetti molto chiaro che i Santi sono gli amici dei fedeli e il loro ruolo è insostituibile nella vita spirituale.
In relazione alla vita religiosa, il Papa ha sostenuto gli Istituti tradizionali di vita consacrata ma anche i nuovi Movimenti ecclesiali e ha aiutato i Legionari di Cristo, che hanno attraversato gravi momenti.
A tale proposito, non si può passare sotto silenzio lo zelo enorme, coraggioso ed encomiabile dispiegato da Ratzinger nella moralizzazione del clero, condizione fondamentale perché la Chiesa sia gradita a Dio e svolga bene la sua missione. Egli ha provveduto alla secolarizzazione di quattrocento sacerdoti, alla rimozione di settantasette vescovi e all’emanazione di diverse altre centinaia di sanzioni minori per chierici colpevoli di svariati crimini. Grazie al Papa, la maggior parte delle Chiese del mondo si è data una normativa atta a combattere gli abusi del clero. Ovviamente questo gli ha procurato tantissimi nemici. Lo scopo del Papa non era solo che la Chiesa rispettasse le leggi dell’uomo, ma che seguisse quelle di Dio, ossia che i sacerdoti fossero casti, e non solo immuni dal vizio della violenza sessuale, come Egli comanda.
Papa missionario che ha ribadito la necessità dell’evangelizzazione, perché solo la Chiesa salva e la conversione, nonostante la libertà di coscienza, è necessaria, Ratzinger è stato anche uomo dell’ecumenismo. Ha cercato di ricondurre alla Chiesa i tradizionalisti, ne ha aperto le porte anche a singoli gruppi che, dall’Anglicanesimo e da altre comunità protestanti, volessero tornare in comunione con Roma e ha ripreso i contatti con la Chiesa Ortodossa nella Commissione mista, che aveva interrotto i lavori nel 2000 per le questioni relative alle Chiese unite a Roma ma di rito greco. Benedetto ha chiaramente insegnato che l’ecumenismo deve concretizzarsi e non rimanere nell’ambito delle dichiarazioni o dei gesti simbolici.
Per quanto concerne il dialogo con la cultura del mondo contemporaneo, Ratzinger ha sentito la necessità di mettere in evidenza che la Chiesa ha qualcosa di determinante da dire sulla questione antropologica. Si tratta di cose relative ai diritti dell’uomo, alla bioetica, alla libertà religiosa, alla promozione della pace tra i popoli e al dialogo interreligioso. Perché la Chiesa possa dire questa parola, è necessario il superamento di quella dittatura del relativismo che impedisce la piena espressione del messaggio cristiano. La laicità sana non è quella che secolarizza la società ma è quella in cui la religione può avere il suo posto e dove i valori rettamente intesi sono desunti dalla mediazione della Chiesa, che si fa così garante della presenza di Dio nella convivenza umana, la quale, privata della sua presenza, sarebbe desolata e senza speranza. Ovviamente, i principi etici non si mettono ai voti e la matrice culturale dominante, quella illuminista estrema, è da combattere sul suo stesso terreno raziocinante. Ma sarebbe anche sbagliato affermare che la Chiesa e la modernità non abbiano nulla da dirsi, perché vi sono diversi modelli di quest’ultima, con cui la religione si è relazionata positivamente. In ogni caso, i diritti dell’uomo si fondano sulla dignità metafisica della persona umana, la quale a sua volta riceve quel che ha da Dio. La Chiesa è dunque, come dicevamo, la vera determinatrice dei diritti dell’uomo. Laddove i veri diritti siano conculcati da false leggi che ne mistifichino alcuni, è doverosa l’obiezione di coscienza.
In questo perimetro, il dialogo interreligioso, concepito come confronto culturale e non soteriologico, costituisce la premessa di una pacifica convivenza. Se la consapevolezza delle radici giudaico-cristiane dell’Europa è la base dell’identità del continente e delle relazioni tra Chiesa e Sinagoga, il dialogo con l’Islam è l’antidoto al fondamentalismo. In tale maniera la consapevolezza della propria natura che la Chiesa e l’Occidente devono avere non costituisce una preclusione ma una apertura alle alterità nel quadro di valori condivisi dall’uso di ragione.
Alla luce di ciò si comprendono anche gli interventi di Benedetto XVI sulla Curia Romana, alla quale non ha imposto una riforma complessiva, ritenendola non necessaria. Il Papa, oltre a trasferire competenze da un dicastero all’altro, ha fondato il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, ha costituito una Commissione Cardinalizia di inchiesta sullo Scandalo del Vatileaks, ha intrapreso una serie di iniziative per garantire la trasparenza finanziaria dell’Istituto Opere di Religione, assoggettandolo tra le altre cose all’Autorità di Informazione Finanziaria e facendogli guadagnare posizioni nella White List degli Stati stilata da Moneyval. Questo percorso riformatore interno alla Curia, come quello interno alla Chiesa, è stato indegnamente ostacolato dentro e fuori di essa, ma non perde ad oggi la sua forte valenza etica né le buone conseguenze che ha generato.

A cura di Gianvito Sibilio

Commenti