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Dazio antidumping: cos’è e come funziona?

A chi si applica e come funziona il dazio antidumping, misura protezionistica adottata dall’Unione Europea per la difesa della produzione unionale. Da conoscere per evitare brutte sorprese.

Dazio antidumping: cos’è e come funziona?

«Le normative e gli standard tecnici sono importanti, ma variano da Paese a Paese. Avere troppi standard diversi rende la vita difficile a produttori

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«Le normative e gli standard tecnici sono importanti, ma variano da Paese a Paese. Avere troppi standard diversi rende la vita difficile a produttori ed esportatori. Se gli standard sono fissati arbitrariamente, possono essere usati come giustificazione di politiche protezionistiche. Le norme possono diventare ostacoli al commercio. Ma sono anche necessarie per molte ragioni, dalla protezione dell’ambiente, alla sicurezza individuale, alla sicurezza nazionale e all’informazione dei consumatori. E possono aiutare il commercio. Quindi si pone di nuovo la stessa domanda di fondo: come garantire che gli standard siano veramente utili e non arbitrari o una scusa per il protezionismo?».

La Wto è così diffidente delle barriere al commercio nelle mani dei singoli Stati nazionali, da aver portato i Paesi membri alla firma di un Technical Barrier to Trade Agreement (Tbt), il cui scopo è garantire che i regolamenti, gli standard, le procedure di test e certificazione, di qualunque tipologia siano, non divengano ostacoli inutili al commercio.

COS’È IL DUMPING

Viene comunemente definita una politica di dumping quella per cui un’azienda esporta un prodotto a un prezzo inferiore a quello che normalmente applica sul proprio mercato interno. Si tratta di concorrenza sleale? Le opinioni non sono concordi, ma è indubbio come molti governi reagiscano contro il dumping per difendere le loro industrie nazionali. L’Anti-Dumping Agreement della Wto, che trova nell’art. 6 del Gatt la propria giustificazione normativa, disciplina le azioni antidumping e le reazioni delle autorità nazionali a pratiche commercialmente così pericolose.

Per l’Unione Europea il dumping è senza ombra di dubbio una pratica sleale e deve essere combattuto, a tutela e difesa della produzione unionale; un regolamento di base e una miriade di dazi che colpiscono singoli prodotti e singoli Paesi di origine sono le armi a disposizione delle dogane unionali per sconfiggere un subdolo nemico.

A proposito: non tutti sanno che l’origine colpita dalle misure antidumping è l’origine non preferenziale. E poi c’è chi sostiene che quest’ultima non abbia effetti economici! Ma all’origine non preferenziale dedicheremo un approfondimento nel prossimo futuro.
Ora torniamo al dumping e vediamo di conoscerlo un po’ meglio.

LE MISURE ANTIDUMPING DELL’UNIONE EUROPEA

La dottrina economica individua nel dumping una strategia commerciale, diretta a stabilire prezzi diversi a consumatori diversi; in generale, viene praticato un prezzo più basso per i beni esportati (il cui prezzo è considerato Fob, esclusi, quindi, i costi di assicurazione e trasporto) rispetto a quelli venduti nel mercato interno.

Il dumping, quale forma di concorrenza sleale e, quindi, ostacolo al libero commercio internazionale, può verificarsi solo se esiste una forma di concorrenza imperfetta e le imprese possono influenzare i prezzi di mercato, se i mercati sono segmentati, cosicché non sia facile acquistare i beni in un mercato e venderli in un altro.

Dumping predatorio, persistente e sporadico sono le figure create dalla letteratura per dare un volto a un semplice concetto: il primo identifica la vendita di un bene temporaneamente sottocosto o a un prezzo più basso all’estero, allo scopo di escludere i produttori stranieri dal mercato e di poter elevare poi i prezzi, avvantaggiandosi del potere di monopolio così acquisito; il secondo evidenzia la tendenza continua di un monopolista interno a massimizzare i profitti totali vendendo il bene a un prezzo maggiore sul mercato interno rispetto al mercato internazionale; il terzo è la vendita occasionale di un bene sottocosto o a un prezzo più basso sia all’estero che all’interno.

Insomma, un prodotto è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all’esportazione nell’Unione Europea è inferiore a un prezzo comparabile di un prodotto identico, praticato nel Paese esportatore nell’ambito di normali transazioni commerciali.

Il margine di dumping identifica proprio la differenza tra il valore normale del bene sul mercato interno e il prezzo all’esportazione.

L’inchiesta per determinare l’esistenza, il grado e l’effetto di presunte pratiche di dumping è aperta in seguito a una denuncia scritta, presentata alla Commissione UE o a uno Stato membro, che la veicola alla Commissione UE, da qualsiasi persona fisica o giuridica o associazione non avente personalità giuridica, che agisce per conto dell’industria unionale (si considera presentata dall’industria comunitaria o per suo conto una denuncia sostenuta dai produttori dell’Unione Europea che realizzano complessivamente oltre il 50 % della produzione comunitaria del prodotto interessato).

La denuncia deve contenere gli elementi di prova relativi all’esistenza del dumping, del pregiudizio e del nesso di causalità tra le importazioni asseritamente oggetto di dumping e il presunto pregiudizio, nonché tutte le informazioni di cui il denunciante sia in possesso.
In assenza dell’”iniziativa privata”, può essere un singolo Stato membro a farsi portavoce degli interessi unionali.

COME FUNZIONA IL DAZIO

Istituito con regolamento comunitario, può essere provvisorio, quando viene aperto un procedimento diretto ad accertare l’esistenza di misure di dumping, o definitivo, quando viene accertata l’esistenza di misure di dumping.

Il dazio provvisorio è imposto per un periodo di sei mesi e può essere prorogato di tre mesi; oppure, può essere direttamente introdotto per un periodo di nove mesi. Non viene riscosso dalla dogana, ma il suo importo è semplicemente depositato, in attesa della conclusione dell’inchiesta comunitaria.

Il dazio definitivo, al contrario, viene riscosso al momento dell’importazione dei beni che ne sono oggetto in base all’origine non preferenziale dichiarata, sulla base dell’aliquota prevista dal regolamento comunitario che lo istituisce e si differenzia in un’aliquota generale, applicabile a tutte le società, e in aliquote speciali, di percentuale inferiore, applicabili a singoli fornitori, che abbiano preso parte attivamente all’inchiesta comunitaria.

Qualora il suo importo sia superiore al provvisorio, la differenza non viene riscossa; nell’ipotesi opposta, si procede al rimborso della differenza.

Le misure antidumping restano in vigore per il tempo e nella misura necessari per agire contro il dumping accertato. I dazi scadono cinque anni dopo l’istituzione oppure cinque anni dopo la conclusione dell’ultimo riesame (per tutta la durata della procedura di riesame i dazi rimangono in vigore) delle misure, che viene avviato su iniziativa della Commissione o su richiesta dei produttori comunitari.

I dazi sia provvisori, sia definitivi, non possono essere applicati retroattivamente, tuttavia, in casi eccezionali, può essere riscosso un dazio antidumping definitivo sui prodotti immessi in consumo non oltre 90 giorni prima della data di applicazione delle misure provvisorie.

SE LO CONOSCI, LO EVITI

Gli importi elevati (diversamente, che misura protezionistica sarebbe?), stabiliti per scoraggiare acquisti a prezzi fintamente vantaggiosi, sono in grado di demolire business plan formalmente perfetti ed erodere margini agognati. Per evitare brutte sorprese quando è ormai troppo tardi per evitarle, è bene procedere a un’analisi dei mercati e dei fornitori di riferimento e non approcciare mercati sconosciuti con troppa leggerezza.

E anche se i prodotti acquistati non sono destinati all’Italia, ma a un Paese terzo, il ragionamento non muta: sono innumerevoli i dazi antidumping stabiliti dai singoli Paesi e chi crede che quelli unionali siano eccessivamente alti non conosce quelli statunitensi.

Fonte: Money.it

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