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Banche: non solo MPS, anche Unicredit è sotto sorveglianza speciale. Cessioni in corso e aumento di capitale in vista

Banche: non solo MPS, anche Unicredit è sotto sorveglianza speciale. Cessioni in corso e aumento di capitale in vista

Se MPS è la grande malata d’Italia, Unicredit è la sorvegliata speciale. E se per la prima il piano di salvataggio è stato messo a punto e approva

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Se MPS è la grande malata d’Italia, Unicredit è la sorvegliata speciale. E se per la prima il piano di salvataggio è stato messo a punto e approvato, (anche se restano alcuni dubbi), per la seconda il neo amministratore delegato sta cercando la cura miracolosa per riportare i parametri di Unicredit ben al di sopra della soglia di sicurezza.

Gli stress test di una settimana fa, infatti, hanno incoronata MPS come peggior banca d’Europa, ma non dimentichiamoci che Unicredit ha passato i test per un soffio. Gli esami europei hanno messo sotto torchio 51 banche sistemiche europee per vedere come potrebbero reagire in caso di nuovi shock dell’economia e Unicredit ha passato gli esami con un 6- risultando la quartultima banca europea per solidità.

Torna quindi a galla l’ipotesi avanzata nei mesi scorsi e mai davvero archiviata di un aumento di capitale che gli operatori reputano ormai inevitabile. E al quale secondo indiscrezioni, il neo amministratore delegato Jean Pierre Mustier starebbe già lavorando nell’ambito del suo piano di revisione delle attività di Unicredit. Mercoledì la banca ha anche approvato la relazione semestrale che rileva un utile in crescita rispetto al 2015, ma un patrimonio di vigilanza peggiore delle attese che ha portato la banca a fondo a Piazza Affari. E così l’aumento di capitale per mettere al riparo il patrimonio di Unicredit sembra sempre più vicino, ma vista l’aria che tira sui mercati sarebbe il caso, come successo per MPS, che si trovasse un consorzio di banca di garanzia per mettere al sicuro l’operazione.

Stress test: Unicredit tra le ultime della classe

I problemi di Unicredit hanno bussato alla porta ben prima dei risultati degli stress test. Già la prima trimestrale del 2016 con utile netto in calo e patrimonio zoppicante aveva lanciato un segnale d’allarme. Dall’inizio dell’anno, poi, il settore bancario italiano nel suo complesso è sotto pressione a Piazza Affari e sotto i riflettori della politica, come se dopo anni di sonno profondo il 2016 avesse portato l’improvviso risveglio della ragione mostrando tutte le debolezze del comparto bancario italiano.

Le preoccupazioni principali per quanto riguarda Unicredit sono legate al coefficiente CET1 pari al 10,85% nella trimestrale 2016, in calo di 9 punti base rispetto a fine 2015. Il precedente amministratore delegato, Federico Ghizzoni, nel suo piano industriale, aveva promesso di portare il CET1 al 12,6% entro il 2018, ma il coefficiente di Unicredit ha imboccato la strada opposta.

Così nel mese di luglio si è consumato il cambio al vertice nella speranza che una nuova guida potesse imprimere la giusta accelerazione nel piano di revisione ed eventuale aumento di capitale. Il neo amministratore delegato Mustier ha dovuto subito far i conti con i risultati degli stress test che hanno inserito Unicredit tra le ultime banche della classe europea. La banca risulta essere tra le peggiori tra i 51 istituti di credito europei, esattamente alla quartultima posizione: in caso di grave crisi dell’economia il livello di capitale scivolerebbe sotto il 7,5%. Ben al di sotto dell’asticella fissata  dalla BCE al 10,5%.

Semestrale: bene utile, male il patrimonio

Ai risultati deludenti degli stress test si aggiunge la semestrale non proprio brillante soprattutto sul versante del patrimonio di vigilanza. Unicredit ha chiuso il primo semestre dell’anno con un utile netto rettificato di gruppo pari a 687 milioni (il 6,4% in più rispetto al trimestre precedente) e ricavi pari a 6,1 miliardi di euro, in aumento del 7,1% rispetto allo stesso periodo del 2015.

A fronte di dati di bilancio in miglioramento resta preoccupante il livello del patrimonio di vigilanza CET1 risultato a 10,33% e al 10,53% proforma considerando i proventi delle vendite del 10% di Bank Pekao e Fineco. Nella semestrale, invece, non è ancora stata calcolata la vendita di Ubis che si occupa delle attività di elaborazione dei pagamenti tramite carte di pagamento in Italia, Germania e Austria per un corrispettivo di 500 milioni di euro in contanti a Sia. Il livello di patrimonio, però, risultato sotto le attese degli analisti ha fatto sprofondare Unicredit a Piazza Affari riportando il tema dell’aumento di capitale sotto i riflettori.

Unicredit: Aumento di capitale in vista?

Secondo gli analisti l’esito degli stress test, unito alla semestrale confermano la necessità per Unicredit di un’operazione di aumento di capitale fino a 8 miliardi di euro. Per Banca Imi un aumento di 7-8 miliardi sarebbe coerente con i risultati degli stress test cifra confermata anche da Mediobanca che ne parla come di “minima ricapitalizzazione per ottenere una posizione di capitale confortevole”. Per Equita, che preferirebbe un aumento di larghe dimensioni a un mix di aumento e cessioni, una ricapitalizzazione da 8 miliardi porterebbe il CET1 2016 della banca al 14%.

Le criticità dell’aumento di capitale riguardano soprattutto tempi e modi. Entro la fine dell’anno anche MPS ha in programma un maxi aumento di capitale da 5 miliardi e, per come vanno le cose in Borsa, è difficile pensare a due operazioni così rischiose accolte con entusiasmo dagli investitori. Il clima di incertezza è amplificato dal referendum costituzionale che pesa sul futuro del Governo e dall’appuntamento a fine anno con lo SREP (Supervisory Review and Evaluation Process) un’altro meccanismo di valutazione della solidità delle banche. Insomma, per le banche italiane (ed europee) sembra che gli esami non finiscano mai ed è necessario arrivarci il più possibile preparati.

fonte International Business Times

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