Oltre due anni di pandemia e i rinnovati blocchi di sicurezza sanitaria in Cina per contenere nuovi potenziali picchi pandemici. La guerra tornata in Europa con l’invasione dell’Ucraina decisa da Vladimir Putin. L’inflazione schizzata e le materie prime alle stelle, una ripresa che fatica a ripartire. Un incrocio di condizioni e circostanze che dimostrano come l’economia globale dipenda imprescindibilmente da questioni di politica internazionale.
Debole dove l’aspetto tecnico logistico — connesso alla libertà di navigazione — si fonde con questioni di carattere politico e geopolitico. Non è casuale la sovrapposizione tra il commercio (e l’economia dunque) con le attività del Pentagono su certi ambienti geopolitici sensibilissimi come lo Stretto di Taiwan o il Mar Cinese, in cui gli Stati Uniti sottolineano la necessità della libertà di navigazione, consapevoli che questa è l’aspetto tecnico di una complicazione di carattere politico a monte.
Si tratta di sfide multidimensionali, minacce alla globalizzazione stessa: in particolare potrebbe venir meno il concetto dato per assunto secondo cui anche i Paesi che hanno grandi disaccordi possono continuare a fare affari tra loro su una scala sempre più ampia. Il ritiro di dozzine di super aziende globali dalla Russia in guerra racconta il contrario, i contatti restano ma il conflitto arrivato in un momento così delicato segna un punto.
Questo pesa sulle catene di approvvigionamento, faticosamente costruite nel corso di decenni e basate sull’idea che le stesse fossero salvaguardate dagli effetti politici internazionali. Ora il rischio che si stiano sgretolando è realistico. Nel fine settimana la Cina ha annunciato un blocco di una settimana di Shenzhen, una regione industriale che produce beni cruciali per molte catene supply chain globali, a causa di un picco di casi di Covid. Una mossa sulla linea della policy “Zero Covid” che è una necessità del Partito Comunista cinese per dimostrare che Pechino — accusata di essere il punto di partenza della pandemia — è in grado di controllare la propria sicurezza sanitaria e di tornare (anche attraverso questo controllo) a proiettarsi negli affari globali.
Le prospettive economiche sono disordinate. I cambiamenti del mercato così rapidi riflettono questo periodo incerto. L’allineamento preoccupante tra Russia e Cina, sebbene proceda come tante reciproche sfiduce, ampia lo spettro di questa incertezza. In queste settimane le materie prime legate alla Cina sono precipitate così come l’indice tecnologico cinese, effetto dei nuovi lockdown ma anche di certe percezioni che riguardano i comportamenti di Pechino negli affari globali. Le guerre commerciali con dazi e controdazi, la risposta severa occidentale con le sanzioni alla Russia, ma anche quelle in essere sull’Iran, dimostrano ulteriormente come gli scontri di carattere politico (internazionale) ricadano sul mondo economico produttivo.
Contemporaneamente, quasi a conferma del livello di caoticizzazione, è successo che rendimenti dei titoli del Tesoro sono saliti ai livelli più alti dal 2019, ossia sono andati contro al modello classico dei tempi di crisi, quando normalmente si investe in asset sicuri come quei titoli, guidandone i loro rendimenti verso il basso. E questo racconta che gli investitori ancora non hanno ancora perso completamente fiducia, oppure cercano di cavalcare l’ondata speculativa.
Fonte: Formiche.net