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Energia mareomotrice: cos’è, come funziona e quali impianti esistono

L’energia mareomotrice sfrutta le maree per produrre energia. Si tratta di una fonte energetica alternativa e rinnovabile ma ancora in fase di sviluppo

Energia mareomotrice: cos’è, come funziona e quali impianti esistono

L'energia mareomotrice è una forma di energia rinnovabile e alternativa che sfrutta il periodico innalzamento e abbassamento delle acque causato dalle

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L’energia mareomotrice è una forma di energia rinnovabile e alternativa che sfrutta il periodico innalzamento e abbassamento delle acque causato dalle maree. Questa tecnologia, nonostante sia ancora in fase embrionale, è presente nella nostra società fin dall’antichità: in passato i mulini ad acqua sfruttavano questo principio per azionare le macine.
Concettualmente è un “ibrido” tra l’energia eolica e quella idroelettrica, con il vantaggio però di basare il proprio funzionamento sulle maree, cioè fenomeni prevedibili e periodici, permettendo di stimare in anticipo esattamente quanta energia si riuscirà a produrre.

Ma come sono costruiti gli impianti per la produzione di energia mareomotrice? E perché sono così poco diffusi?

Come viene prodotta l’energia mareomotrice?

L’energia mareomotrice, come suggerisce anche il nome, sfrutta le maree. Per chi non lo ricordasse, le maree sono periodici innalzamenti e abbassamenti del livello del mare causati principalmente dalle interazioni gravitazionali tra Terra, Luna e (secondariamanete) Sole. Di solito durante questi fenomeni si vengono anche a formare delle correnti, dette appunto correnti di marea, che vengono sfruttate per la produzione di energia.

Ma quali tipologie di impianti mareomotrici esistono?

Centrali mareomotrici

Le centrali mareomotrici funzionano grazie ai cosiddetti “sistemi a barriera“, cioè delle strutture piuttosto simili alle dighe. Come funzionano?
Durante l’alta marea si riempie un bacino (naturale o artificiale); durante la bassa marea, invece, l’acqua in uscita viene convogliata verso delle turbine, il cui movimento genera elettricità. Alcuni sistemi a barriera in realtà presentano turbine in entrambe le direzioni, capaci quindi di produrre elettricità sia durante l’alta che la bassa marea.

Schema di funzionamento di un generatore mareomotrice

Tra le più grandi barriere ricordiamo quella si Sihwa Lake in Corea del Sud (254 MW di capacità) e quella di La Rance in Francia (240 MW).

Questa tecnologia è molto costosa e comporta un rilevante impatto ambientale, specialmente per quanto riguarda la flora e la fauna presenti nel bacino. Strutture di questo tipo contribuiscono anche ad alterare il corso delle correnti marine e ad aumentare la torbidità del bacino, cioè la quantità di particelle sospese all’interno dell’acqua.

Turbina di un impianto mareomotrice nel porto di Halifax – Canada

Per ridurre l’impatto ambientale è anche possibile costruire delle lagune, cioè delle aree in prossimità della costa che vengono recintate a questo scopo. In questi casi l’impatto è ridotto perché il bacino ha una grandezza minore, ma allo stesso tempo anche l’output energetico ne risentirà negativamente.

Foto aerea dello sbarramento di La Rance, Francia.

Idrogeneratori

  • l’acqua delle correnti di marea può tranquillamente raggiungere i 3 m/s:
  • l’acqua è molto più densa dell’aria.

Per questi motivi le turbine mareomotrici sono costruite per essere molto più resistenti rispetto a quelle eoliche e, di conseguenza, sono più costose. D’altra parte però, a parità di grandezza, permettono di generare più energia rispetto ad una pala eolica. Rispetto alle centrali mareomotrici, gli idrogeneratori hanno un costo e un impatto ambientale minore e non richiedono escursioni mareali così grandi, rendendole più versatili.

In realtà di turbine ne esistono di diverse tipologie. Quelle viste finora sono le turbine ad asse orizzontale (cioè quelle che hanno la classica forma da “pala eolica”), ma ne esistono anche ad asse verticale (con pale che ruotano a mo’ di centrifuga), oppure capaci di generare energia tramite l’oscillazione di alcune tavole. La ricerca in questo settore è continua e sicuramente in futuro se ne aggiungeranno di nuove tipologie, capaci di rispondere alle necessità di ciascun luogo.

Ma quanta energia riescono a produrre? Mediamente possiamo prendere come riferimento un valore di 3 kW di potenza per un metro quadrato di superficie e una velocità di 3 m/s.

L’energia mareomotrice nel mondo

Al momento il Paese leader nell’industria mareomotrice è il Regno Unito: qui vengono condotte la maggior parte delle ricerche in questo campo e, attualmente, è il Paese con il maggior numero di progetti attivi – circa la metà di tutta l’energia mareomotrice prodotta in Europa è inglese. Al momento il MeyGen, in Scozia, è l’impianto maremotrice più grande del mondo. Ha una potenza di 252 MW che però, al termine della sua costruzione, potrà raggiungere i 398 MW.

Nel resto del mondo la tecnologia sta ancora muovendo i primi passi. Come abbiamo anticipato, due grandi generatori sono presenti in Francia e Corea del Sud, ma la necessità di avere grandi escursioni mareali è sicuramente una grande limitazioni per molti Stati. Ad ogni modo, secondo le stime dell’Unione Europea, a livello mondiale questo settore potrebbe raggiungere un valore pari circa a 90 miliardi di euro entro il 2050.

Impianti mareomotrici in Italia

Anche in Italia, nel nostro piccolo, abbiamo qualche esempio di impianto mareomotrice: uno di questi è la turbina Kobold a Messina. Ancorata sul fondale dello Stretto, è costituita da tre pale per un diametro complessivo di 6 metri. La turbina è in grado di generare annualmente 21 mila kWh di energia elettrica. Un secondo esempio è quello del Porto di Civitavecchia che ha predisposto due dispositivi chiamati rispettivamente REWEC3 e WAVESAX, capaci di produrre energia a partire dal moto ondoso.

Fonte: Geopop.it

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