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Nasce la prima smart bay d’ Italia: tecnologia a servizio della sostenibilità

Nasce la prima smart bay d’ Italia: tecnologia a servizio della sostenibilità

L’impiego della tecnologia per l’ambiente trova un esempio concreto nella nascita della prima smart bay italiana, ovvero una “baia intelligente” nata

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L’impiego della tecnologia per l’ambiente trova un esempio concreto nella nascita della prima smart bay italiana, ovvero una “baia intelligente” nata la scorsa estate in Liguria, nella baia di Santa Teresa, in provincia di La Spezia. Sensori IoT, droni (in futuro), sistemi IT per il monitoraggio mediante la raccolta e la gestione dei dati: tutto questo costituisce la parte smart, ovvero quella finalizzata a interconnettere, monitorare, tutelare e valorizzare questo ambiente unico, caratterizzato in parte da un contesto naturalistico e dall’altra da quello fortemente antropico del porto.

Tecnologia per l’ambiente: il progetto Smart Bay

«Smart bay vuole essere una piattaforma di cooperazione che nasce dal confronto e dall’esigenza di creare nel territorio di La Spezia la volontà di collaborare insieme: a promuoverla è ENEA insieme a CNR, INGV, Comune di Lerici, Scuola di Mare Santa Teresa e Cooperativa Mitilicoltori Associati (specializzati in molluschi e mitili), oltre a Pmi che perseguono attività finalizzate al turismo sostenibile e l’acquacoltura», spiega Chiara Lombardi, coordinatrice del progetto, ecologa marina e ricercatrice presso il Centro Ricerche Ambiente Marino ENEA di La Spezia. L’accordo, stipulato a maggio, è stato immediatamente operativo ed è finalizzato anche a possibili cooperazioni nazionali e internazionali su più fronti. L’obiettivo è tutelare una baia ricca di ecosistemi marini e terrestri da conoscere e valorizzare, impiegandoli in futuro per replicare anche in altre aree strategie di gestione del territorio».

Un “servizio” naturale di Carbon blue sink

Nel progetto che combina l’impiego della tecnologia per l’ambiente è compreso anche quello proposto e promosso da AMA (Associazione Mediterranea Acquacoltori) per la contabilità nazionale del ‘carbon blue sink‘ in ambiente marino. Si tratta di un sistema di cattura e sequestro naturale di CO2 e di produzione di “carbonio blu”, ovvero il carbonio immagazzinato negli ecosistemi costieri e marini catturato dagli ecosistemi costieri. Tutto questo è possibile grazie alle proprietà stesse dei mitili, i cui gusci ricchi di carbonato di calcio, svolgono una naturale azione di regolazione della anidride carbonica in acqua, contribuendo a ridurre il fenomeno dell’acidificazione di mari e oceani.

Hi-tech a servizio dell’ambiente marino

All’avvio del progetto Smart Bay si sono aggiunte realtà legate al mondo hi-tech come W•SENSE, Pmi innovativa, nata come spin-off dell’Università Sapienza di Roma, e specializzata in sistemi di monitoraggio e comunicazione con soluzioni pionieristiche brevettate nell’Internet of Underwater Things (IoUT). Si occuperà di sviluppare sensori IoT che permettano di monitorare le condizioni dell’ambiente marino. «Sarà una tecnologia utile specialmente considerando che negli ultimi anni, complice il climate change, la mitilicoltura ha sofferto perdite ingenti», specifica Lombardi.

I device Internet of Things vanno ad arricchire la sensoristica presente grazie a ENEA, che ha già attivato un sistema di monitoraggio, gestione e validazione dei dati, che si avvale di sensori ad alto costo. «La presenza di soluzioni IoT permette innanzitutto di contare su strumenti a minor costo in grado di trasmettere dati in tempo reale (relativi a contenuto di ossigeno, salinità, corrente, temperatura) sotto forma di onde radio Wi-Fi senza la necessità di sistemi cablati, tradizionalmente impiegati in mare per gli osservatori», specifica la ricercatrice.

Il progetto promosso da AMA, in collaborazione con Smart Bay Santa Teresa per definire un carbon blue sink da includere nella contabilità nazionale della fissazione biologica del carbonio in ambiente marino s’inserisce negli obiettivi del più ampio progetto in atto in Smart Bay Santa Teresa. In linea con i targets dell’Agenda 2030, intende riqualificare la Baia di Santa Teresa in un’area costiera completamente sostenibile e carbon neutral.

L’avvio della transizione ecologica nella baia

A proposito di tecnologia per l’ambiente, in futuro si prevede anche l’impiego di droni. Serviranno per svolgere mappature della parte vegetale e marina nell’interfaccia aria-acqua, utili per conoscere il loro sviluppo e la loro importanza nell’ecosistema e il loro contributo in termini di assorbimento di CO2.

L’obiettivo è raccogliere dati e ottenere informazioni utili per creare poi i presupposti per avviare la transizione ecologica, anche attraverso incentivi utili a realizzare una baia carbon neutral. Significa, per esempio, sostituire imbarcazioni diesel con propulsori bio-fuel o addirittura elettriche. Ma la finalità è di tutelare l’ecosistema fragile, ma molto ricco. A questo proposito va segnalata la presenza nella baia del corallo: «in particolare, è diffusa una specie madreporaria il cui scopo è equivalente a quello presente nella barriera corallina e che ha anch’esso funzione di cattura e sequestro di anidride carbonica», specifica l’ecologa marina. Questa funzione viene svolta anche da un altro tipo di organismi: i briozoi, presenti sotto i pontili e che nella baia hanno creato un enorme reef. Sono molto utili per la rigenerazione di aree portuali, dove vivono e proliferano e importanti perché la loro presenza è basilare per altri micro-organismi, crostacei e altre forme viventi.

Per il futuro si intendono avviare le basi per lo sviluppo del progetto blue carbon sink: «sono previsti altri sei mesi per valutare il ruolo della mitilicoltura di La Spezia, cercando di comprendere il suo rapporto in termini di CCS, confrontando con l’andamento degli ultimi tre anni. Per quanto riguarda, invece, la validazione dei sensori, le tempistiche sono le stesse. Nel frattempo, si lavora allo sviluppo di progetti utili a implementare le tecnologie, contando sulla possibilità di ottenere finanziamenti mirati», conclude la ricercatrice ENEA.

Anche sull’ecosistema terrestre si lavora per creare modelli di vegetazione sempre più autoctona, ripristinando la macchia mediterranea rispetto a quella oggi presente per buona parte aliena.

Fonte: Wisesociety.it

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