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Crisi d’ impresa: modello Altman

Crisi d’ impresa: modello Altman

Il razionamento del credito alle imprese è un fenomeno che, con la crisi del 2008, ha preso sempre più piede nella società. In riferimento alle PMI it

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Il razionamento del credito alle imprese è un fenomeno che, con la crisi del 2008, ha preso sempre più piede nella società. In riferimento alle PMI italiane, molti studi dicono che esse sono state soggette a razionamento del credito, in particolar modo tra il 2007/2008 e il 2011/2012. Ancora, è stato dimostrato che le imprese che più hanno sofferto tale fenomeno, sono quelle che non hanno potuto offrire alcun “collaterale” e quindi particolarmente soggette al rischio di default.

Insolvenza e previsione: possibile connubio?

Nel corso del tempo, si è sempre cercato quel “quid” che riuscisse a fornire elementi sulla possibilità di prevedere la crisi d’impresa. Una delle prime analisi, fu quella svolta da Beaver nel 1966. Egli prese in considerazione sei gruppi di indicatori di bilancio, testandone l’efficacia, classificandoli così:

 

  •  Cash Flow Ratios;
  •  Net Income Ratios;
  • Debt to total asset Ratios;
  •  Liquid asset to total asset Ratios:
  •  Liquid asset to current debt Ratios;
  • Turnover Ratios.

Da Beaver ad Altman

 

Edward I. Altman, economista statunitense.

 

Il modello di Beaver, basato su un’analisi univariata degli indicatori, portò alla conclusione che tra i vari gruppi di indicatori ci fosse una forte differenza nella capacità di previsione e nella bontà di adattamento. La percentuale di imprese la cui insolvenza non fosse stata prevista correttamente, fu piuttosto alta soprattutto per gli indicatori del gruppo 4 ( prendendo come riferimento l’anno immediatamente precedente la crisi) e del gruppo 5 ( con riferimento a cinque anni prima della crisi di impresa). La precisione del modello, perciò, non era delle migliori. Nel 1968 Edward Altman introdusse il suo “Z-Score”.

Il modello di Altman per la crisi d’impresa

Edward I. Altman è un economista statunitense, universalmente considerato come il massimo esperto di rischio di credito. Il suo modello, rispetto a quello di Beaver, si basa su un’analisi multivariata degli indicatori di bilancio. Questi, vengono utilizzati per distinguere le imprese sane da quelle insolventi. La prima versione del modello di Altman, prende in considerazione 66 imprese di cui 33 sane e 33 fallite. Vengono considerati 22 indicatori di bilancio, di cui 5 effettivamente significativi. Nel suo modello base, Altman considera le imprese quotate. L’equazione a cui Altman giunge è:

Z= 1,2A+1,4B+3,3C+0,6D+0,999E

 

Gli indicatori del modello base

Come già detto, gli indicatori significativi nell’analisi di Altman sono cinque:

  • A= Capitale circolante netto/ Totale attivo
  • B= Utili non distribuiti/ Totale attivo
  • C= EBIT/ Totale attivo
  • D= Valore di mercato dell’equity/ Valore “Book” dei debiti totali
  • E= Vendite/ Totale attivo.

I risultati di tale modello portano Altman a definire che le imprese il cui Z-Score si attesti sopra un valore di 2,99 sono dichiarate sane. Per Z-Score minore di 1,81 si dichiara l’impresa fallita e, per valori intermedi, si ha la “zona di ignoranza”. Questo modello risulta essere piuttosto preciso se utilizzato prendendo gli indicatori dell’anno precedente rispetto alla crisi di impresa. Meno preciso, invece, se utilizzato su periodi più lunghi.

Evoluzione del modello

 

E se volessimo prevedere la crisi per un’impresa non quotata? Nasce così il modello Z’ di Altman. In questo modello, ciò che cambia è l’indicatore D. Esso diventa il rapporto tra il valore “Book” ( e non più di mercato) dell’equity e il valore “Book” dei debiti totali. Con esso, cambia l’equazione e di conseguenza i percentili di riferimento. Infatti, avremo che per Z’ minore di 1,23 l’azienda è dichiarata fallita o in crisi; per Z’ maggiore di 2,90 è sana. I valori intermedi definiscono, ancora una volta, la zona di ignoranza.

La terza versione dello Z-Score di Altman

Cosa succede se consideriamo un’impresa manifatturiera? O, in generale, una realtà in cui l’impatto della specifica attività di impresa sul bilancio è piuttosto rilevante? Ancora una volta, Altman espande il suo modello. Questa volta, però, gli indicatori significativi diventano 4. L’equazione diventa:

Z”=6,56A+3,26B+6,72C+1,05D

A cambiare, questa volta, sono due parametri. Il primo è C che viene calcolato come rapporto tra reddito operativo e totale attivo. Il secondo è D che diventa il rapporto tra il valore “Book” di equity e le passività totali. L’area di insolvenza dell’impressa è calcolata per Z” minore di 1,1.

 

PMI e mercati emergenti

Il modello di Altman propone anche un vero e proprio rating del debito delle imprese che vogliamo considerare. Per questo motivo, egli introduce l’EM-Score nel 2005. I parametri utilizzati per l’equazione di questo modello sono gli stessi del modello base, ad eccezione delle vendite nette. La distinzione, perciò, tra imprese sane e fallite dipende dl rating del debito delle imprese stesse: Altman propone un massimo di 8.15 nel livello di EM-score il quale corrisponde a un debito con rating AAA. In questo modo, a decrescere, si arriva a zero a cui corrisponde il default dell’impresa. Altman, studia anche le PMI negli Stati Uniti. Cosa succede se applichiamo il suo modello alle PMI italiane?

Altman e le PMI in Italia

Nel 2004 gli studi di Bottani, Cipriani e Serao portano l’applicazione del modello di Altman per le PMI a quelle italiane. Il modello si ottiene esaminando un campione di 66 imprese di cui 33 fallite già nel 2002. Tutti i dati si basano sui bilanci degli anni 1999 e 2000 ( per mantenere stime abbastanza precise, viste le considerazioni già fatte sul modello base di Altman). Prendendo in considerazione 5 indicatori, nati dalla combinazione di 13 indicatori di bilancio ( come immobilizzazioni materiali e immateriali, rimanenze finali, patrimonio netto ecc) si ottiene l’equazione del modello. Da questa deriva che per uno Z-Score minore di 4,846 l’impresa è in crisi; per Z maggiore di 8,105 è sana.

Considerazioni sull’applicazione del modello “italiano”

 

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