A cura di Monica Origgi La finanza islamica non conosce crisi, infatti il suo volume d' affari si attesta sui 3,25 trilioni di dollari ed è in cont
A cura di Monica Origgi
La finanza islamica non conosce crisi, infatti il suo volume d’ affari si attesta sui 3,25 trilioni di dollari ed è in continua espansione. A confermare il dato è il Rapporto sulla stabilità dell’ industria dei servizi finanziari islamici. Domina nel mercato l’ attività bancaria, che appare altamente redditizia con disponibilità liquide tali da riuscire a fornire fondi a famiglie ed imprese senza alcuna difficoltà. Con un patrimonio attorno al 2,25 trilioni di dollari, è cresciuta rispetto al 2022 del 6,9, registrando un incremento dell’ 8,6 % nel volume dei depositi e del 10,5% dei finanziamenti. I ricavi delle banche islamiche sono cresciuti del 44% dal 2018.
Performance che stanno contribuendo ad accelerare la ripresa economica soprattutto nel Paesi del Gulf Cooperation Council (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar), dove l’ impatto dell’ inflazione, è talmente debole da non essere quasi percepito.
Banditi gli interessi
La finanza islamica non ha il problema della crescita degli interessi, perché non esistono. Semplicemente vengono considerati, come l’ usura e sono banditi. Il modo di usare gli strumenti finanziari, rispetto alla banche occidentali è completamente diverso. Innanzitutto, ogni servizio deve rispettare le leggi coraniche e chi accede al credito non deve restituire il prestito. Le banche condivideranno equamente utili e perdite, insieme alle attività dei clienti. Mentre, per quanto riguarda il mutuo, funziona più o meno come un leasing: diventerà proprietaria della casa, di cui ha finanziato l’ acquisto. Viceversa chi invece, vuole depositare denaro in una banca islamica parteciperà alla ripartizione dei suoi ricavi. Il profitto, non deriva dalla semplice messa a disposizione delle risorse, ma dal loro investimento concreto nel Mercato.