Fonte: Le Formiche.net Negli ultimi due giorni, chi scrive ha ricevuto almeno sei volte – da contatti differenti, italiani e non, appartenenti al mon
Fonte: Le Formiche.net
Negli ultimi due giorni, chi scrive ha ricevuto almeno sei volte – da contatti differenti, italiani e non, appartenenti al mondo del business, dell’accademia, delle istituzioni – il link a un articolo del Wall Street Journal intitolato “The best of frenemies: Saudi Prince clashes with Uae President”. Per chi segue il Medio Oriente, e non solo, quello firmato da Summer Said, Dion Nissembaum, Stephen Kalin e Saleh al-Batati è indubbiamente il pezzo da leggere in questo momento. Raccoglie diversi informazioni importanti e ruota attorno a uno scoop. L’erede al trono saudita, il factotum del regno Mohammed bin Salman, a dicembre scorso, ha riunito i giornalisti locali a Riad per un raro briefing in via ufficiosa in cui ha lanciato un messaggio sorprendente: gli Emirati Arabi Uniti, alleati da decenni con l’Arabia Saudita, ci hanno “pugnalato alle spalle”. Bin Salman giura di fare vedere “cosa sono capace di fare” a Mohammed bin Zayed, presidente degli Uae (noto come MBZ).
Competizione tra leader
Cosa divide MBS e MBZ
Tutti per altro dossier in cui i due Paesi hanno interessi non esattamente convergenti. Basta pensare che gli emiratini avevano abbandonato i sauditi nella guerra contro gli Houthi; Abu Dhabi non è d’accordo con la politica di tagli alle produzioni (per rialzare i prezzi) decisa da Riad all’Opec; gli Emirati hanno da tempo lanciato un processo di normalizzazione con Iran e Siria (su cui l’Arabia Saudita ha dovuto rincorrere); il Paese di MBZ, attraverso gli Accordi di Abramo ha costruito rapporti con Gerusalemme, mentre il regno protettore islamico fatica a trovare spazi per farlo (pur in parte volendo). Per quanto rivelato dall’articolo del Wall Street Journal, Riad avrebbe inviato ad Abu Dhabi un elenco di richieste. Se la piccola nazione del Golfo – che il Pentagono definiva anni fa “la piccola Sparta” – non si fosse allineata, MBS ha avvertito di essere pronto ad adottare misure punitive come fatto contro il Qatar nel 2017 (quando Riad guidò il blocco di Paesi che isolò Doha per più di tre anni).
Tentativi di ri-ordine?
L’amministrazione Biden ha provato a mediare un incontro lo scorso 7 maggio tra MBS e il fratello minore del presidente emiratino, lo sceicco Tahnoun bin Zayed, un tempo considerato un confidente del principe ereditario saudita. Tahnoun era stato escluso, facendo almeno sei viaggi nel Regno senza riuscire a ottenere un incontro con bin Salman, fino a quando non aveva ottenuto l’aiuto di Washington. Ma ciò nonostante, pare che il saudita abbia detto ai suoi consiglieri che non avrebbero dovuto cambiare alcuna politica nei confronti degli Emirati Arabi Uniti: “Non mi fido più di loro”. Gli effetti di quanto accade sono in parte visibili nella competizione osservata anche in questi giorni, quando nel Golfo sono passati il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, e il primo ministro giapponese, Fumio Kishida. Arabia Saudita ed Emirati hanno fatto a gara per nuovi accordi di cooperazione con Tokyo e di assistenza interessata con Ankara.
Se è vero che da tempo vanno avanti queste frizioni, è altrettanto vero che finora non avevano avuto spazi così espliciti. E allora diventa interessante seguire le mosse successive per comprendere le ragioni che hanno portato i sauditi a esporsi adesso, in un’apparente fase di stabilità e distensione.