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L’economia blu. La sfida del sistema portuale secondo Patroni Griffi

Grazie anche al Pnrr, i nostri porti si stanno modernizzando e stanno cercando una sempre maggiore integrazione con l’ambiente urbano.

L’economia blu. La sfida del sistema portuale secondo Patroni Griffi

Grazie anche al Pnrr, i nostri porti si stanno modernizzando e stanno cercando una sempre maggiore integrazione con l’ambiente urbano. Conversazio

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Grazie anche al Pnrr, i nostri porti si stanno modernizzando e stanno cercando una sempre maggiore integrazione con l’ambiente urbano. Conversazione con Ugo Patroni Griffi, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale

La valorizzazione dell’infrastruttura portuale italiana rappresenta da sempre un tema al centro dell’agenda politica per garantire la proiezione internazionale dell’Italia e portare valore sul territorio attraverso il cospicuo indotto. Anche grazie al Pnrr i nostri porti stanno accettando questa sfida ammodernandosi e cercando una sempre maggiore integrazione con l’ambiente urbano. Ne abbiamo parlato con Ugo Patroni Griffi, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale.

 

Da anni si parla di rimettere l’Italia al centro del Mediterraneo e i porti svolgono una funzione strategica non indifferente. Quale è la strada che stiamo intraprendendo con il Pnrr?

La strada del Pnrr è la consapevolezza che non si è investito adeguatamente nella logistica, nei nodi infrastrutturali principali del Paese e nella portualità. Le ragioni sono molte, la prima è che la burocrazia ha ostacolato tutte le grandi opere, che si sono incagliate in una miriade di autorizzazioni e sono entrate nell’imbuto nel cosiddetto “periodo di attraversamento” e non ne sono più uscite. Il periodo medio di autorizzazioni in Italia è di 14 anni, nel Meridione diventano addirittura 21 anni. Nel Meridione la situazione è quindi peggiore, infatti gli elementi antagonisti che ostacolano la realizzazione delle grandi opere sono più presenti qui e ciò ha amplificato il divario.

I porti italiani sono spesso integrati all’interno di aree urbane che ne limitano notevolmente la possibilità di estenderne la superficie. È un limite, oppure è possibile una “pacifica convivenza” tra le città e le aspirazioni delle aree portuali?

È sicuramente un limite. Chiaramente l’antropizzazione dei porti crea un conflitto fra le istanze dei cittadini delle Città porto e il mondo dell’economia. Anche le attività, come la crocieristica, hanno delle esternalità significative: i fumi delle navi, i rumori. Il porto, d’altronde, è da considerare un cantiere che ha bisogno di spazi, e che talvolta non riesce a recuperare. Noi abbiamo la possibilità oggi di far crescere i porti al di fuori dell’ambito portuale, ovvero nel retroporto. Possiamo collegare porto e retroporto con altri nodi infrastrutturali; c’è un sistema economico che non ho fatica a definire come “satellitare”, in cui un nodo interagisce con altri nodi, sopperendo alle peculiarità del sistema Italia e all’antropizzazione a cui ho fatto riferimento.  Se riuscissimo a far credere ai finanziatori nell’Italia, potremmo intercettare finanziamenti per poter sviluppare una nuova portualità, al di fuori del contesto urbano. Un trend da monitorare potrebbero essere i porti isola o alti fondali, che necessitano però di risorse ingenti o un’altra soluzione potrebbe essere delocalizzare il porto in un’area vergine, come accade a Barcellona.

 

L’intermodalità rappresenta una colonna portante per favorire lo spostamento delle merci da sud a nord, tra ultimo miglio e la rete ferroviaria esiste un gap infrastrutturale che penalizza in concreto la rete portuale? Quanto è urgente il completamento della TEN-T?

L’intermodalità è importante ma non è solamente lo scambio mare-ferro, ma anche l’intermodalità mare-gomma è fondamentale, specialmente in determinati contesti in cui la merce viaggia molto su gomma, e penso ai corridoi trasversali che collegano il Tirreno con l’Adriatico e poi procedono verso i Balcani, quello che era il corridoio paneuropeo che è uscito dal programma legislativo ma si sta sviluppando naturalmente. Quando frequentiamo le fiere internazionali vediamo gli operatori italiani che promuovono il “land bridge”, un ponte fra il Tirreno e l’Adriatico. Già oggi nel mio sistema arrivano moltissimi rotabili dall’autostrada Egnazia che giungono fino a Istanbul e all’Europa dell’Est. Molte rotabili arrivano da noi e poi si imbarcano per il Tirreno. Poi c’è un’altra intermodalità che è l’autostrada del mare. Esistono esempi virtuosi di autostrade del mare, tanto è vero che la frequenza delle linee aumenta. Si sottraggono in questo modo mezzi alla strada, si aiutano le industrie locali e si sostiene il made in Italy.

 

Transizione energetica e cyber sono due temi attuali. Come si stanno affrontando? Esiste un problema di cyberattacchi alla rete portuale?

Qualunque infrastruttura telematica può essere soggetta a un attacco. Noi cerchiamo di difenderci. Finora, quando ci sono stati attacchi sui siti degli enti pubblici, il nostro sistema ha resistito. Ciò non significa che sia inattaccabile ma che è abbastanza resistente. Bisogna continuare a investire su innovazione ed energia. Il Governo sta facendo la sua parte; finalmente l’idea di una piattaforma logistica nazionale è ritornata in auge, con Ivano Russo a capo di Ram si stanno facendo dei progressi significativi. Noi siamo i protagonisti di questo processo, perché collaboriamo con i nostri tecnici affinché si abbia la capacità di crescere, inglobando anche altre reti. Questo è un dato importante che indica la competitività del Paese.

Fonte: formiche.net

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