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Il prototipo di una fotocamera che “vede” attraverso i muri

Realizzata dai ricercatori della Northwestern University, negli Stati Uniti, la fotocamera sfrutta una tecnica olografica e promette di avere applicazioni infinite, dal supporto alla guida alla medicina

Il prototipo di una fotocamera che “vede” attraverso i muri

Una fotocamera per guardare attraverso le pareti, oppure per osservare, in maniera non invasiva, l’interno del corpo umano: sembra fantascienz

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Una fotocamera per guardare attraverso le pareti, oppure per osservare, in maniera non invasiva, l’interno del corpo umano: sembra fantascienza, ma non lo è. I ricercatori della scuola di ingegneria della Northwestern University, negli Stati Uniti, hanno inventato una nuova fotocamera ad alta risoluzione in grado di visualizzare ciò che normalmente non può essere visto né da occhi umani, né dalle normali fotocamere. Il prototipo promette di riuscire a riprendere gli oggetti dietro barriere opache come muri e attraverso mezzi di diffusione, come la nebbia fitta o i tessuti umani. I risultati ottenuti dagli scienziati, secondo cui le applicazioni sono pressoché infinite, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

Vedere attraverso i muri

Chi si è ritrovato a guidare nel bel mezzo di un banco di nebbia, oppure si è sottoposto a un fastidioso esame diagnostico piuttosto invasivo deve aver pensato almeno una volta a quanto bello sarebbe avere strumenti in grado di vedere al di là di un ostacolo, che sia esso una fitta coltre di nebbia, un muro o il proprio corpo. Ed effettivamente si tratta di un campo di ricerca nuovo ma molto promettente, chiamato “imaging non in linea di vista”, che da diversi anni cerca di trovare tecniche per recuperare immagini di oggetti oscurati alla vista diretta.

Le applicazioni sarebbero numerose, della navigazione autonoma, all’esplorazione planetaria, all’ispezione industriale e nei sistemi di allerta precoce per i primi soccorritori durante le emergenze. Generalmente, però, questi metodi possiedono una bassa risoluzione, rilevano campi molto ridotti e necessitano di acquisizioni lunghe e costose. Le cose potrebbero cambiare con la tecnica sviluppata dai ricercatori dell’università statunitense, chiamata olografia sintetica della lunghezza d’onda, che è in grado di acquisire rapidamente immagini a tutto campo di ampie aree con un’altissima risoluzione.

La tecnica funziona diffondendo indirettamente la luce sugli oggetti nascosti. In particolare, questo tipo di olografia prevede che la luce – visibile o a infrarossi – venga emessa dalla cosiddetta unità sensore presente nella fotocamera e che poi rimbalzi sulla barriera opaca o sul mezzo di diffusione. A questo punto la luce colpsce l’oggetto o gli oggetti da visualizzare e infine torne indietro, dove viene captata dal rivelatore all’interno dell’unità sensore.

A quel punto un algoritmo ricostruisce il segnale della luce diffusa in base a quanto tempo ha impiegato a raggiungere l’oggetto e poi a tornare indietro: si tratta, in sostanza, di un’immagine rielaborata virtualmente sui dati derivanti dalla diffusione della luce stessa. I ricercatori hanno fatto in modo che l’elevata risoluzione della fotocamera fosse anche temporale, per cui la tecnica ha il potenziale di rivelare anche oggetti in movimento, come le automobili che viaggiano sulla strada dopo un tornante oppure un cuore che batte attraverso il petto. L’elevata risoluzione spaziale, invece, consentirebbe di visualizzare oggetti al di sotto del millimetro, come i capillari di vasi sanguigni.
È stata solo “scalfita la superficie”

La nostra tecnologia innescherà una nuova ondata di imaging“, ha affermato Florian Willomitzer, primo autore dello studio. Lo scienziato è convinto che questo sia solo l’inizio e che la tecnica verrà applicata a numerosi campi: “I nostri attuali prototipi di sensori utilizzano luce visibile o infrarossa, ma il principio è universale e potrebbe essere esteso ad altre lunghezze d’onda. Per esempio, lo stesso metodo potrebbe essere applicato alle onde radio per l’esplorazione dello spazio o per l’imaging acustico subacqueo. Potrà essere applicato a molte aree, e noi abbiamo solo scalfito la superficie”.

A pensarci, le possibili applicazioni sono davvero molte: da sistemi di guida intelligenti in grado di individuare ostacoli in una strada con curve, oppure in condizioni avverse come notte, pioggia fitta o nebbia, fino a sostituire le strumentazioni che vengono utilizzate per la diagnostica medica. Perché infatti fare un’endoscopia quando basterebbe una foto a evidenziare la struttura delle anse intestinali? Per il momento la fotocamera è ancora un prototipo, ma gli autori dellostudio sono fiduciosi. “C’è ancora molta strada da fare prima di vedere questo tipo di imager costruiti nelle auto o approvati per applicazioni mediche – conclude Willomitzer . Forse 10 anni o anche di più, ma arriverà“.

Fonte: Wired

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