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Con l’economia circolare si risparmia l’equivalente dell’import di gas russo

Ma il rapporto annuale del Circular Economy Network denuncia i ritardi. In Italia la ripresa è partita male: aumenta il consumo di risorse

Con l’economia circolare si risparmia l’equivalente dell’import di gas russo

Si scrive energia, ma si legge materia. Per ridurre la nostra dipendenza da fornitori inaffidabili è importante ridurre il consumo di energia legato a

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Si scrive energia, ma si legge materia. Per ridurre la nostra dipendenza da fornitori inaffidabili è importante ridurre il consumo di energia legato alla lavorazione dei prodotti. Questa considerazione suona ovvia e perciò siamo tentati di metterla da parte come se il processo d’innovazione fosse scontato, automatico. E questo è un errore, uno di quelli che sommandosi ci hanno portato alla situazione attuale: il conflitto in Ucraina ci costringe a reinventare in pochi mesi, ad alti costi, la politica energetica che avremmo potuto impostare con calma, guadagnandoci.

La denuncia viene dalla Conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata dal Circular Economy Network (Cen), promosso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e da un gruppo di imprese e associazioni di imprese. La Commissione europea, ricorda il Cen, ha presentato pochi giorni fa un pacchetto di proposte per promuovere modelli di business circolari. Se venissero attuate, assicurano gli esperti europei, entro il 2030 si potrebbe ottenere un risparmio di energia che corrisponde approssimativamente a 150 miliardi di metri cubi di gas naturale, quasi equivalente all’importazione di gas russo della UE.

Il perché è spiegato nel Rapporto sull’economia circolare presentato oggi dal Cen e dall’Enea: in Italia i rifiuti di imballaggio riciclati hanno consentito di evitare il consumo di circa 4,6 milioni di tonnellate di materie prime vergini. Ma, chiarisce lo studio, l’economia circolare non si può ridurre semplicemente alla corretta gestione dei rifiuti. Il primo obiettivo è ridurli, i rifiuti, che invece in Europa viaggiano al livello di 2,3 miliardi di tonnellate l’anno.

Come? Le vie sono molte. L’Enea ricorda l’importanza della simbiosi industriale, cioè di una migliore sinergia tra le imprese in modo da trasformare il più possibile gli scarti di lavorazione di un’azienda in materia utile per il ciclo produttivo di un’altra azienda. E poi bisogna invertire la tendenza ad accorciare il ciclo di vita di tutto quello che compriamo. Avere elettrodomestici, cellulari e pc che durano di più e che sono riparabili significa far risparmiare a tutti noi un mucchio di soldi e al Paese un mucchio di energia.

Un’esigenza che la guerra in Ucraina rende non più rinviabile. “Le nostre economie sono fragili perché per aspetti strategici dipendono da materie prime localizzate in larga parte in un ristretto gruppo di Paesi: è un nodo che rischia non solo di soffocare la ripresa, ma di destabilizzare l’intera economia con una spirale inflattiva”, sottolinea Edo Ronchi, presidente del Cen. “Ed è qui che l’economia circolare può fare la differenza trovando all’interno del Paese le risorse che è sempre più costoso importare. L’obiettivo che l’Italia si deve porre è raggiungere il disaccoppiamento tra crescita e consumo di risorse”.

Disaccoppiamento che per ora non c’è stato. Eppure l’Italia, pur non centrando l’obiettivo di una ripartenza capace di far crescere il benessere e al tempo stesso diminuire il consumo di risorse e di energia, ha fatto meglio dei diretti concorrenti. In Europa nel 2020, a parità di potere d’acquisto, per ogni chilo di risorse consumate sono stati generati 2,1 euro di Pil: l’Italia è arrivata a 3,5 euro di Pil, il 60% in più rispetto alla media Ue.

E così nella classifica delle 5 principali economie europee stilata dal Cen (Italia, Francia, Germania, Polonia, Spagna) il nostro Paese finisce al primo posto assieme alla Francia con 19 punti. Seguono Spagna (16 punti), Polonia (12), Germania (11). La graduatoria tiene conto di sette indicatori: il tasso di riciclo complessivo dei rifiuti; il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo; la produttività delle risorse; il rapporto fra produzione dei rifiuti e consumo di materiali; la quota di energia da fonti rinnovabili; la riparabilità dei beni; il consumo di suolo.

L’Italia ha prestazioni scarse per consumo di suolo (la Polonia è al 3,6% di territorio impermeabilizzato, la Spagna al 3,7%, la Francia al 5,6%, l’Italia al 7,1%, la Germania al 7,6%), per riparabilità dei beni (in questo settore abbiamo perso quasi un’azienda su cinque rispetto al 2010), per eco innovazione (dal punto di vista degli investimenti, siamo al tredicesimo posto nella UE).

Ma per gli altri indicatori sbaragliamo la concorrenza. Nel 2020, ultimo anno disponibile di dati, nell’Unione europea il tasso di utilizzo circolare di materia è stato pari al 12,8%. In Italia il valore ha raggiunto il 21,6%, secondo solamente a quello della Francia (22,2%) e di quasi dieci punti percentuali superiore a quello della Germania (13,4%).

Inoltre nell’Unione europea per ogni mille euro di Pil generati vengono prodotti circa 700 chili di rifiuti speciali. L’Italia è a 380 chili, la Germania a 400, la Spagna a 490, la Francia a 770 chili, la Polonia a 1.120 chili.

Facciamo meglio di molti altri. Ma non abbastanza per tirarci fuori dai guai che ci stanno piovendo addosso.

Fonte: Huffpost.it

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