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Porto di Catanzaro: storia lunga più di mezzo secolo

Dopo settant’anni di vicende alterne l’infrastruttura si avvia alla sistemazione definitiva. Ne ripercorriamo le fasi politiche, amministrative e normative fino agli ultimi aggiornamenti. Con un’intervista a Giovanni Laganà, dirigente delle Grandi opere al Comune dei tre Colli e, si spera, un Porto.

Porto di Catanzaro: storia lunga più di mezzo secolo

Nel ripercorrere la storia della città di Catanzaro possono scorgersi tratti determinanti che rappresentarono un processo fondamentale per il centro c

PREMUDA, 10 GIUGNO 1918, LA STORIA DELLA GIORNATA DELLA MARINA
Interesting archaeological discovery in Israel
Interessante scoperta archeologica in Israele

Nel ripercorrere la storia della città di Catanzaro possono scorgersi tratti determinanti che rappresentarono un processo fondamentale per il centro cittadino. Nell’evoluzione della città, che si era espansa per lo più verso il “nord” dello stesso centro urbano, la zona costiera molto costituì, tant’è che già nel lontano 1800 la sua “Marina” eccelleva con importanti dinamiche economiche/commerciali, grazie all’esistenza di un pontile in ferro sito nella parte di costa prospiciente la zona “Murano” del quartiere, permettendo lo scarico di merci da navi mercantili in arrivo. Tuttavia, per meglio conoscere le fasi inerenti a tale periodo, sarà necessario ricordare alcuni passi della storia dello stesso quartiere. Infatti l’economia del luogo era rappresentata da svariate imprese che, oltre ad incentivare considerevoli movimenti commerciali e cospicue risorse, costituirono forte stabilità per moltissime famiglie, sia del quartiere che dei paesi limitrofi. Numerosi gli insediamenti industriali di cui la “Marina” era dunque sede, fra questi l’ex Ledoga, la fabbrica per la concia delle pelli e prodotti farmaceutici, le industrie Olearie Saic e Gaslini, le Fornaci Mengani, il biscottificio Bis, la segheria Pulega, la fabbrica di bitumi Gorima ed altre ancora, in virtù di ciò molte erano le materie prime che, dunque, arrivavano “via mare”.

LA RADA – Nella particolare “rada” (insenatura che permette l’approdo di navi) l’esistenza del pontile in ferro (lungo 30 metri e largo 4) dava, pertanto, la possibilità di scaricare le merci dai velieri, nonché da grossi bastimenti e navi da carico che sostavano in quel tratto di costa, poiché la sua profondità lo consentiva. Le “varcazze”, grossi barconi così denominati, facevano la spola tra il pontile e le imbarcazioni ancorate al largo scaricando le merci che, una volta a terra, venivano portate a destinazione dai “carresi”, ovvero coloro che a mezzo carri trainati da buoi ne consentivano lo spostamento. Olio, grano, zucchero, legumi, zolfo, petrolio, queste alcune delle materie prime che venivano scaricate fino al totale svuotamento delle stive dei grandi bastimenti, consentendone la ripartenza in attesa di nuovi arrivi.
Le manovre di scarico delle merci venivano costantemente controllate dalla “Regia Dogana” e, a tal proposito, vista l’incessante commercializzazione, la presenza di “Autorità” e “Gerarchi” nella “Sede del Gruppo Rionale” era frequente, tant’è che venne fatta richiesta di una ristrutturazione del fabbricato doganale esistente, poiché avendo intonaci e mura esterne in pessimo stato, si mostrava come un caseggiato in completo abbandono e dunque non propriamente decoroso nella sua apparenza (dicembre 1942).

I “movimenti marini” erano ingenti, infatti lo scalo della “Marina” di Catanzaro rappresentò un centro nevralgico sia per le importazioni che per le esportazioni, tanto da dover incrementare il numero dei piroscafi che vi approdavano proprio in virtù del considerevole traffico commerciale. Si viene a conoscenza che in “rada” giungevano quattro piroscafi alla settimana e 70 velieri all’anno, determinando la necessità di numerosi depositi per le materie prime. Questa insenatura del tutto naturale permetteva nel periodo estivo facili approdi, diversamente nei mesi invernali, soprattutto quando le condizioni critiche del mare non lo consentivano. Fu nel 1951 che l’approdo delle navi di medio tonnellaggio venne sospeso, causando notevoli disagi economici a quelle famiglie che deponevano la loro sussistenza in quelle attività.

SCUOLA MARITTIMA – All’epoca le diverse commercializzazioni marine, diedero vita alla “Scuola Professionale per la Maestranza Marina” che aveva la sua sede principale a Roma, tuttavia altre ne esistevano in diverse località d’Italia, una di queste era proprio Catanzaro che, con il suo approdo, raggiunse considerevoli livelli tanto da essere annoverata nell’elenco. La prima sede nel quartiere marinaro era situata in un edificio nella zona di “Casciolino”, successivamente venne spostata in “Via Amalfi”, in un antico stabile. Proprio qui si svolgevano i corsi delle lezioni “teorico/pratiche di terra”, impartite da un “Maestro” altamente preparato. Venivano dati insegnamenti di geografia marittima, sulle dinamiche dei venti, sulle costruzioni delle “nasse”, nozioni inerenti all’uso della pratica della barca e tanto altro che poteva riguardare l’arte della navigazione, finanche il “rattoppo” delle reti, tutto ciò molte volte supportato dalla presenza e dall’esperienza dei marinai più anziani. La “scuola marittima” svolse le sue programmazioni di studio per diversi anni, finché ne venne poi decretata la chiusura definitiva cedendo il posto alla “Scuola Media Vivaldi” che a sua volta, dopo alcuni anni, lasciò l’antico palazzo per trasferirsi nel nuovo edificio scolastico.

LA “GUTTA” – E’ doveroso riportare ciò che rappresentò per il quartiere marinaro la “Gutta” (nome dialettale che le venne dato come riferimento ad una botte), ovvero l’antica boa attualmente collocata in un piccolo giardino difronte il lungomare nei pressi della “Terrazza Matteo Saliceti”. La boa, realizzata in ferro con parabordi in legno, di forma circolare e ragguardevoli dimensioni (2 metri di altezza per 6 di larghezza), venne collocata alla fine del 1870 nella rada del quartiere, rappresentando un punto di ancoraggio per tutte quelle imbarcazioni che navigavano in quel tratto di mare, visti i continui sbarchi per il commercio marittimo. Il Governo dunque diede parere favorevole alla sua realizzazione, affinché facilitasse le ingenti manovre costiere. E’ noto, che in anni più recenti (anni ’70) a causa di una forte mareggiata la boa venne inghiottita dalle acque, per poi riapparire (1995) dopo anni di inabissamento e fu in quell’occasione che venne recuperata e definitivamente tolta dalle acque.

LA “VECCHIA LANTERNA”, I FARI – Anche la “Marina” di Catanzaro ebbe i suoi punti di segnalazione costiera. Contrariamente alle dinamiche temporali, si partirà dall’ultimo faro esistente nel quartiere in tempi relativamente recenti. In prossimità del litorale (nei pressi ex caserma) su area demaniale, insisteva dunque il faro, dove erano stati collocati tutti i quadri di manovra per lo svolgimento delle segnalazioni per le navi di passaggio. Il fabbricato, inoltre, ospitava la “Delegazione Marittima” che si occupava di tutte le funzioni inerenti.
Molti catanzaresi sicuramente ricorderanno la piccola costruzione contraddistinta dalla particolare colorazione a “scacchi” e, nella storia del quartiere marinaro, non potrà essere certamente dimenticata la violenta mareggiata che nel 1972 la distrusse quasi interamente.
Medesima sorte subì l’alloggio adiacente occupato dal semaforista e dalla sua famiglia, indelebile resterà la disperazione della stessa figlia che vide sparire nell’irruenza dei marosi la sua casa e tutto ciò che conteneva. Una triste pagina di storia che raccontò anche la sparizione del vicino “Miramare”, il famoso ristorante/bar situato anch’esso sul lungomare che venne distrutto dalla forza delle onde.
Tuttavia sarà necessario effettuare un breve passo a ritroso per delineare altri “punti di segnalazione” che nel tempo precedettero quello che fu “l’ultimo faro”.

Infatti il piccolo edificio colorato a “scacchi” (realizzato in due fasi, prima la parte bassa e successivamente il “primo piano” sul cui tetto era posto il faro), venne a sostituire quella che i “marinoti” chiamavano “’a lanterna”, ovvero una grande lampada ad acetilene che fungeva da faro e che trovava posto su di un basamento in cemento sul medesimo tratto di spiaggia. Ma ancora un altro faro era esistito nel quartiere marinaro, in questo caso si dovrà fare riferimento all’anno 1938, con la “Torre della vecchia lanterna” che era situata nelle adiacenze di “Via del Mare”. Questo caseggiato, somigliante ad una alta torre, oltre a svolgere le normali funzioni di “faro” era ugualmente adibito a deposito merci, visto il continuo arrivo di materie prime via mare. Purtroppo gli effetti della guerra si fecero sentire e non mancarono di colpire parti dell’abitato e con loro anche la “vecchia lanterna” che venne praticamente distrutta.

IL PORTO RIFUGIO – Malgrado la “rada” consentisse un discreto movimento commerciale, cominciò ad avvertirsi la necessità di un vero e proprio porto. Questa idea aveva già trovato accoglimento nel lontano 1940 e, con la richiesta da parte della “Direzione Generale delle Opere Marittime” di individuare un luogo idoneo per un “porto rifugio” nel tratto fra “Capo Spartivento” e “Capo Colonna”, venne dunque inviata una relazione al Ministero dei Lavori Pubblici ove si indicava come zona morfologicamente idonea quella di “Casciolino”, nel quartiere marinaro di Catanzaro. Il 24 settembre del 1951 (con Dpr n. 1714) la parte di costa in “località Casciolino”, venne iscritta nella prima categoria per la costruzione di un “porto/rifugio” nell’interesse della navigazione generale. Solo alcuni anni dopo si diede il via alle opere e, (intanto l’intensa commercializzazione via mare era venuta meno) nel gennaio del 1955 (alcune fonti sottoscrivono 1953), iniziarono i lavori del molo foraneo. La realizzazione di un “porto/rifugio” venne molto sostenuta dalla categoria dei pescatori, all’epoca numerosi e bisognosi di una infrastruttura che consentisse di svolgere adeguatamente il loro lavoro. Di seguito altri lavori dovevano essere eseguiti, come il prolungamento del molo foraneo e le opere di banchinamento, in attesa che venissero erogati i relativi finanziamenti (era l’anno 1964). Tuttavia, le “vicissitudini” del porto di Catanzaro non trovarono mai una conclusione, subendo negli anni vari “disfacimenti” dovuti alle impetuosità del mare e susseguenti “rifacimenti” per porvi rimedio e, soprattutto, cercando di ultimare le opere che lo avrebbero reso totalmente “agibile”. Anche i lavori eseguiti in questi ultimi anni attendono il proseguo per il totale completamento. Ancor oggi, dunque, la parola “fine” sembrerebbe contornarsi di lunghe attese. (spunti storici da “Catanzaro Marina – Storia di un borgo antico” di Franco Riga e da “Il bosco delle immagini ritrovate” di Angelo Di Lieto)

 

Dall’alba al tramonto, dalla pesca alla vendita: duro ma pieno di fascino il mestiere dei pescatori catanzaresi

E’ da quando sono bambini che Ruggero e Pino si avventurano nelle acque del mar Ionio, prima con la barca del padre, poi con quella che insieme hanno deciso di acquistare per portare avanti il mestiere di famiglia. Un mestiere, quello del marinaio, tutt’altro che semplice, fatto di duro lavoro e sacrifici, portato avanti, sempre fianco a fianco con passione, amore e dedizione. Una professione non come tutte le altre, perché basta uscire poche miglia fuori dalle calme acque del porto di Catanzaro per capire che amare il mare non basta, bisogna essere coraggiosi e concentrati, pronti sempre a tutto.

I fratelli Mele sentono questo lavoro scorrere nelle vene tanto che, quando ne parlano, non nascondono le emozioni dettate dai ricordi d’infanzia e dalle avventure che hanno vissuto insieme. E per scoprire i segreti dei marinai, la passione che li accompagna nella quotidianità, le bellezze e le difficoltà di un mestiere di cui sono innamorati, Ruggero e Pino Mele ci hanno ospitato sulla loro Igea madre, una tra le più grandi paranze custodita all’interno del porto di Catanzaro, per documentare la loro giornata di lavoro.

Sul peschereccio dalle prime luci dell’alba al tramonto

Dalle primissime luci dell’alba fino a qualche ora prima del tramonto, la loro giornata lavorativa dura all’incirca 12 ore o poco più ed è sempre condizionata dal meteo: “Salpiamo dal porto intorno alle 5.00 per farvi rientro verso le 16.00 – ha spiegato Ruggero – uscire al mattino presto è certamente più piacevole durante la stagione estiva, con i primi freddi è già più complicato. Con il peschereccio ci allontaniamo 3/4 miglia dalla costa per praticare la pesca a strascico.” Si buttano le reti, poi si tirano su, ma nel frattempo in alto mare il tempo scorre tra qualche chiacchiera, un po’ di riposo e, perché no, anche qualche scherzo: “Il nostro è tra i mestieri più faticosi ma sulla barca riusciamo anche a divertirci – ha raccontato Pino – ci siamo dati dei soprannomi e spesso ci troviamo a scherzare tra di noi.”

Il Porto

Le avventure, i salvataggi, la devozione a Santa Maria di Porto Salvo

Il tempo scorre lento ma le occasioni di meraviglia e di avventura per i marinai non sono certo poche: “E’ sempre un’emozione vedere squali e delfini di passaggio vicino alle nostre imbarcazioni – ha proseguito Pino così come coinvolgenti sono anche alcune avventure che ci sono capitate con il brutto tempo. Con mio fratello abbiamo soccorso e salvato una famiglia. E’ stato emozionante vederli in salvo – ha aggiunto – in noi era tanta la paura di non poterlo fare, ma da marinai devoti in momenti come questo sappiano di avere addosso lo sguardo di Santa Maria di Porto Salvo, noi invochiamo la sua intercessione e ci sentiamo protetti.”

L’umiltà, il rispetto e un grande insegnamento: “Non voltate mai le spalle al mare”

E se è vero che il miglior marinaio si riconosce nelle tempeste, possiamo dire che Pino e Ruggero lo sono realmente. Sono veri marinai perché rimangono umili difronte all’immensità azzurra del mare, la rispettano, ne conoscono i suoi segreti e i suoi pericoli e non hanno mai perso di vista uno tra i più importanti insegnamenti del padre:

“Non voltate mai le spalle al mare, non dite mai che siete gran capitani, perché il migliore dei marinai è andato a fondo.”

La vendita del pescato nel porto agli affezionati clienti

Come una bussola che orienta il cammino, gli insegnamenti appresi già in tenera età scandiscono la loro giornata lavorativa, che al momento di tirare le reti è ancora a metà: “Facciamo la pesca del gambero e tra con le nostre reti tiriamo su anche altri pesci di fondale come polpi, calamari e qualche merluzzo – ha spiegato Ruggero – riusciamo a pescarne 30/40 chili per ogni uscita in barca.” Al rientro nel porto ad attenderli sul molo ci sono gli affezionatissimi clienti, che fanno la fila con tanto di numerino per rispettare il proprio turno e acquistare il pesce fresco: “Il nostro pescato va in parte al mercato ittico e in parte alla gente del quartiere – ha proseguito Ruggero – da quando abbiamo questo porticciolo possiamo vendere anche a loro. Li accontentiamo dandogli pesce freschissimo, pescato da un paio d’ore al massimo e a prezzo di mercato. Ne acquistano circa un chilo a testa e sono contenti perché sanno che è pesce buono, di qualità.”

La solidarietà tra i colleghi: “Siamo in 50 circa, ci supportiamo a vicenda”

La giornata è lunga per i due fratelli marinai, così come per tutti i loro colleghi che salpano quotidianamente dal porto di Catanzaro e ai quali sono uniti da un rapporto di amicizia, di stima e affetto: “A praticare la pesca a strascico siamo circa 8 imbarcazioni, poi c’è chi pesca con il palangaro, chi con il tramaglio, siamo rimasti in 50 circa, prima i pescatori erano molti di più – ha sottolineato Ruggero – tra di noi c’è un bel rapporto, usciamo in mare sempre con due barche, a coppia, per supportarci in eventuali emergenze, se non ci aiutiamo tra di noi è finita. Oggi praticare il nostro mestiere è diventato difficile – ha spiegato – c’è tanta burocrazia, tante spese per le apparecchiature, tanti sacrifici da sostenere. I miei figli non hanno seguito le mie orme, i giovani pescatori non sono incentivati a proseguire l’attività.”

Sogno porto di Catanzaro: il legame con il mare è una fonte di speranza, il futuro può essere migliore

E’ tanto dura oggi la vita dei marinai, ma l’amore che li lega al mare è così tanto forte da consentirgli ancora di sperare che l’avvenire possa essere migliore. Il sogno del porto di Catanzaro? Per Ruggero è ancora lontano:

“Mio padre diceva: muoio senza vedere il porto completato, mi sa invece che morirò io e la situazione sarà sempre la stessa. Non voglio lamentarmi – ha proseguito – rispetto a prima con questo porticciolo stiamo bene, ma andrebbe reso più efficiente.”


L’auspicio? “Vedere il nostro porto completato, noi ci speriamo sempre – ha concluso Pino – con la pensione vorremmo solo avere un porto funzionante, acquistare una piccola imbarcazione e, perché no, usarla per uscire insieme ai nipotini e godere con loro della bellezza del nostro mare.”

Fonte: Catanzaro Informa

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