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TTIP: con Trump presidente, il Trattato di libero scambio commerciale USA-UE è morto per sempre?

TTIP: con Trump presidente, il Trattato di libero scambio commerciale USA-UE è morto per sempre?

Se da qualche mese il TTIP era considerato moribondo, oggi, dopo l'elezioni di Donald Trump alla Casa Bianca, possiamo considerarlo morto e sepolt

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Se da qualche mese il TTIP era considerato moribondo, oggi, dopo l’elezioni di Donald Trump alla Casa Bianca, possiamo considerarlo morto e sepolto. La distanza abissale di USA e UE su molti temi importanti quali gli arbitrati internazionali, la qualità dei prodotti alimentari, la sicurezza legata a salute e ambiente aveva già posto un pesante interrogativo sulla possibilità di portare a termine i negoziati e trovare un accordo commerciale, ma l’arrivo del nuovo inquilino alla presidenza degli Stati Uniti dissipa ogni dubbio.

Per Trump le parole d’ordine sono “America first” e “protezionismo commerciale”. In campagna elettorale, il neo presidente ha promesso la rinegoziazione dei trattati in vigore e l’interruzione delle trattative su nuovi accordi commerciali internazionali. E considerando che il TTIP era già stato decretato morto quest’estate dopo l’ennesimo round di negoziati finito nel nulla, non è difficile intuire come andrà a finire. Il movimento sempre più crescente di oppositori al TTIP avrà accolto l’elezioni di Donald Trump come una notizia positiva e l’elemento che porta una volta per tutte i negoziati per il TTIP su un binario morto.

TTIP: a che punto eravamo?

I negoziati sul TTIP, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti), sono iniziati nel 2013 per volontà della presidenza di Barack Obama e della Commissione europea. L’obiettivo del trattato era di eliminare ogni ostacolo, ogni barriera normativa o burocratica agli scambi commerciali tra l’UE e gli USA per favorire investimenti e commercio reciproco con conseguenze positive dal punto di vista economico ed occupazionale.

Ma round dopo round di negoziati finiti con un niente di fatto, una cosa è stata chiara a tutti: per arrivare alla firma dell’accordo una delle due parti (USA o UE) avrebbe dovuto abbassare la testa ed accettare le pretese dell’altra. La firma del TTIP è stata presentata come una cosa positiva per la vita di milioni di persone in USA e nell’UE, ma le posizioni sulle due sponde dell’Atlantico su questioni delicate come la salute legata ai prodotti alimentari, l’ambiente, gli appalti pubblici e le dispute internazionali, sono risultate inconciliabili. 

Così con un improvviso scatto di orgoglio, quest’estate l’UE ha deciso di non “assoggettarsi” alle richieste USA, mettendo in stand by i negoziati. A farsi avanti per primo è stato il ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel dichiarando in un’intervista alla rete tedesca ZDF che “i negoziati con gli Stati Uniti sono effettivamente falliti perché come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane” sottolineando come ormai “non ci sarà più alcun passo avanti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente”.

Dopo la presa di posizione di Gabriel sostenuta anche da altri Paesi scettici nei confronti del TTIP, la autorità USA e UE hanno invece, ribadito l’importanza del trattato e la volontà di proseguire nei negoziati, senza però, di fatto, fare alcun passo avanti. L’arrivo delle elezioni americane poi, nelle ultime settimane ha costretto le parti ad accantonare i negoziati in attesa di conoscere il nome del nuovo inquilino della Casa Bianca, il successore di Barack Obama, grande promotore del TTIP.

USA: la posizione di Trump sul commercio

Tra i due candidati alla Casa Bianca, il vincitore, Donald Trump, è certamente quello con la posizione più netta sul tema degli accordi commerciali. Se Hillary Clinton aveva mostrato “dubbi” sul TTIP, Trump ha fatto del protezionismo commerciale uno dei cavalli di battaglia della sua campagna elettorale. America first, tutto il resto è noia.

Il nuovo presidente degli Stati Uniti, in carica da gennaio 2017, potrebbe subito chiedere di rinegoziare il Trattato di libero scambio nordamericano (NAFTA) con Messico e Canada per strappare ai Paesi vicini condizioni più vantaggiose per gli Stati Uniti e le sue aziende. Inoltre, nella ricetta economica del Tycoon c’è anche il definitivo ritiro degli USA dal TPP, l’accordo di Partenariato Trans-Pacifico che coinvolge i Paesi dell’area pacifica e asiatica: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti, Vietnam.

Tra i “nemici” di Donald Trump, una posizione di primaria importanza è occupata dalla Cina: il neo presidente ha promesso di chiudere le frontiere del commercio USA ai prodotti cinesi minacciando anche di imporre una tariffa del 45% sui prodotti made in China per favorire la produzione interna.

Contrario ai trattati commerciali già in essere, determinato a rinegoziare i rapporti con i Paesi vicini, Trump è anche convinto della necessità di interrompere i negoziati per nuovi accordi commerciali iniziati sotto la presidenza Obama, tra questi il TTIP con l’UE.

TTIP: con Trump l’accordo è tramontato per sempre?

La sorte del TTIP era già appesa ad un filo che round dopo round sembrava sempre più sottile, tanto che alcuni Paesi europei avevano già decreto la morte del trattato. Con il Tycoon alla Casa Bianca, gli oppositori al TTIP hanno qualcosa da festeggiare. 

L’ultimo round si è svolto a New York ed è finito con l’ennesimo niente di fatto, poi in vista delle elezioni USA si è fermato tutto. Con Trump presidente i tempi per riattivare il negoziato potrebbero slittare ulteriormente oppure il Tycoon potrebbe annunciare subito il ritiro degli USA dai negoziati ponendo così un pietra tombale sul TTIP senza nemmeno sedersi una volta al tavolo delle trattative.

In caso contrario, l’ipotesi di raggiungere un accordo è comunque quanto mai remota. Il neo presidente sembra essere davvero poco disponibile ad accettare compromessi al ribasso per gli interessi USA: Trump vorrà libero accesso per i prodotti USA al mercato UE senza alcuna restrizione su sicurezza e salute; la tutela del mercato degli appalti negli Stati Uniti con la conferma del principio che privilegia l’affidamento dei lavori alle aziende statunitensi, sbattendo la porta in faccia alle imprese europee e l’ampia possibilità per le multinazionali USA di rivolgersi ad un corte sovranazionale per tutelare i propri interessi nei confronti dei Paesi che ne limitano o danneggiano il business. Tutti punti su cui l’Europa non può e non deve cedere.

“Trump ha fatto delle dichiarazioni contro il libero commercio che abbiamo sentito tutti, ma ci sono molti interessi sul TTIP e non vanno sottovalutati”, ha commentato ieri il vicepresidente della Commissione europea, Jyrki Katainen. Secondo il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda l’elezione di Trump “è un ulteriore elemento di incertezza che andrà affrontato con pragmatismo, ma la relazione con gli Stati Uniti rimane una relazione importantissima e bisognerà lavorare insieme”.

Insomma, le istituzioni europee non vogliono ancora ammetterlo, ma l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti porta il TTIP su un binario morto. Le posizione inconciliabili tra USA e UE, l’opposizione di alcuni Paesi europei, e i movimenti contrari al Trattato avevano già inferto un duro colpo al TTIP, ma il Tycoon sembra pronto a sferrare quello decisivo per chiudere la partita. 

it.ibtimes.com

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