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Globalizzazione e opportunità o decrescita

Globalizzazione e opportunità o decrescita

Prima conoscere per deliberare poi, come diceva Einaudi. Certo ai suoi tempi non c’era tanta incertezza come oggi su come va il mondo e le previsi

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Prima conoscere per deliberare poi, come diceva Einaudi. Certo ai suoi tempi non c’era tanta incertezza come oggi su come va il mondo e le previsioni avevano una affidabilità maggiore. Dunque come andiamo oggi? A furia di criticarla, la crescita se n’è andata, ma a giudicare dalle strade del centro di Milano, non mi sembra che siamo molto più felici di un tempo.

I famosi BRICS di qualche hanno fa si sono fermati tranne l’India, e con loro si sono fermate le esportazioni dei Paesi ricchi, dove invece stanno arrivando molti soldi in fuga dai Paesi poveri, che però investono in bund tedeschi o bond giapponesi a rendimento negativo, fidando negli stereotipi di affidabilità di quei popoli, al di là di qualunque considerazione economica.

Petrolio e materie prime sono in svendita ( vi ricordate gli studi del Club di Roma sulla fine del petrolio nel 1972?), perché i mercati scontano appunto che non vi sono e non vi saranno aumenti di consumo dovuti allo sviluppo. Le Borse nel solo Gennaio 2016 hanno perso il 25%, ma invano la Borsa Italiana aspetta lo speculatore che compri tutta l’Italia a pochi euro. Sono andato a rileggermi i miei articoli di dieci anni fa, tanto li leggo solo io, dove il sillogismo era:

-globalizzazione galoppante e piena di opportunità;

-Euro ed Europa freno al nostro potenziale di crescita un po’ piratesca in giro per il mondo, con tante svalutazioni per competere;

-risorse umane italiane ancora ricche di iniziativa, imprenditorialità capacità di sfruttare le opportunità, arretrate culturalmente sulle nuove tecnologie anche rispetto ai Paesi emergenti.

Adesso cosa si può dire? Che i difetti nostrani su cui tanto predicavo invano per stimolare discussioni ed energie, possono essere estesi a tutta l’Europa, sempre meno competitiva dopo aver ridotto la nostra di competitività. Che in Italia il potenziale umano in questi dieci anni si è molto logorato per lo stato arretrato di scuole e università, per la nostra mentalità anti meritocratica e furbetta, che provoca nella società una selezione alla rovescia di talenti e competenze e per la corruzione onnipresente. Che Italia ed Europa sono Paesi di vecchi e per vecchi, incerti, timorosi, alla ricerca di sicurezze perdute, senza visioni di lungo periodo, senza classi dirigenti preparate e ricche di leadership.

Ecco quindi che il petrolio lo paghiamo quasi quanto noi alla ERG 50 anni or sono, che le tecnologie sono in pieno sviluppo, che le cose da fare nel mondo sono infinite, che i soldi ci sono più qui che in Africa, ma non succede niente, restiamo inchiodati ai nostri 0,1% di aumento PIL, dopo 20 anni di inchiodamento allo 0,5-1,0%, e quindi diventiamo poveri, andiamo giù nelle classifiche internazionali, la cultura e la scienza non ci interessano, proliferano i maghi e i movimenti anti vaccinazioni, muoiono 11% in più di italiani come nel 1918 o nel 1943,insomma decresciamo, ma non così allegri come i nostri politici di giornata ci vogliono rappresentare in TV.

Al prossimo giro di recessione mondiale, data per scontata dai mercati in apertura del 2016, cosa faremo oltre al famoso turismo di fregature mordi e fuggi, e ai parrucchieri dei cinesi, se verranno?

Liquidata la grande impresa nazionale, tranne qualche carrozzone statale, senza strategie e mezzi le piccole imprese subfornitrici della Germania prima dell’Est e della Cina, che sfornano imperterrite prodotti vecchi solo per il mercato interno, non competitivi nel mondo tranne il food, senza moderni sistemi distributivi e commerciali con nemmeno il 30% della popolazione su Internet, non possiamo che continuare decrescita e declino civile, sperando solo in investimenti esteri, leggasi cinesi, in quel terzo del Paese che non è dominato dalla criminalità, a meno che tutto il Sud non produca APP per Apple a 100 $ l’una……

Ma il mugugno genovese mi tradisce sempre, mentre invece tutta la stampa parla di magnifiche sorti e progressive del regime, e anche in questo siamo sempre gli stessi. Spero almeno che qualcuno nella decrescita sia felice.

prof. Massimo Merlino – Presidente Banca CIS

 

fonte Tribunapoliticaweb

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