Ora, sembra che i nodi siano arrivati al pettine con una Cina che, in special modo sotto la presidenza di Xi Jinping, si è molto rinforzata e ha ampliato gli aspetti autoritari e coercitivi in patria e all’estero. Tra gli quelli principali vi sono la repressione degli Uiguri. nello Xinjiang, oppressione dei diritti civili e politici ad Honk Kong, la rapida espansione dell’arsenale nucleare e la non condanna delle azioni della Russia di Putin nei confronti dell’Ucraina.
Nel tentativo di elaborare una strategia di politica estera adatta a una Cina più assertiva e più potente, Washington non sempre è riuscita a mettere in campo azioni efficaci e coerenti. Quasi sempre è prevalso l’istinto di contrastare ogni iniziativa, progetto e provocazione cinese, vanificando gli sforzi per rivitalizzare un sistema internazionale inclusivo che protegga gli interessi e i valori degli Usa e dell’Occidente.
La Cina è da tempo diventata la maggiore preoccupazione del Dipartimento di Stato americano e anche un evento straordinario come l’invasione dell’Ucraina non ha modificato l’attenzione degli USA ripone verso Pechino. A Washington l’invasione russa rientra nel più ampio spettro degli equilibri geopolitici, poiché come principale effetto potrebbe avere la convergenza totale di interessi di Mosca e Pechino. I leader, sia da un lato che dall’altro, non si espongono e rifiutano l’ipotesi che sia in atto una nuova Guerra Fredda ma, nei fatti, la realtà è totalmente opposta. Gli USA continuano a cercare di mantenere il predominio nel sistema internazionale e sono coscienti che la Cina rappresenta il maggior pericolo in tal senso.
Pechino, dal canto suo, vede la leadership americana nel suo punto più basso nella storia recente e vuole approfittarne a tutti i costi considerandosi ormai una potenza matura sotto tutti i punti di vista.
Una delle questioni che sta tenendo con il fiato sospeso le cancellerie di tutto il mondo è inoltre la reazione cinese alla visita a Taiwan di Nancy Pelosi, speaker del Congresso americano. Un atto che la Cina ha ritenuto come un affronto alla sua sovranità territoriale per il principio perseguito dall’amministrazione cinese di un’Unica Cina di cui, va da sé, l’isola di Taiwan è parte integrante.
Le tensioni non accennano a placarsi in queste ore poiché Washington e Taipei hanno annunciato il via in autunno a nuovi accordi commerciali tesi ad attrarre ulteriori investimenti a Taiwan e a far entrare l’isola nelle organizzazioni commerciali come il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP) guidato dal Giappone.
La Cina, ovviamente, si oppone con forza a tali ipotesi e ha già fatto sapere di essere pronta ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere la sua sovranità territoriale.
Sempre in queste ore, Taiwan ha schierato gli F-16V, i jet più moderni a disposizione dell’isola, e ha svolto un ciclo di esercitazioni difensive nell’eventualità di un attacco cinese.
Giunti complessivamente a questo punto delle relazioni, la via maestra che dovrebbe essere perseguita dagli Stati Uniti per cercare di contrastare l’avanzata cinese è quella di lasciarsi alle spalle la nostalgica idea di predominio esclusivo del sistema internazionale.
E fare in modo che la Cina ne sia inclusa anche per combattere le battaglie comuni, come quella dell’ambiente che siamo chiamati a soddisfare sempre più urgentemente. Ciò non significa rinunciare a misure che scoraggino l’aggressività cinese o il rafforzamento delle alleanze difensive che gli USA hanno in essere con altri Stati.
Ma questi sforzi dovranno essere abbinati a trattative con Pechino su termini plausibili per una convivenza pacifica. La logica della competizione a somma zero deve essere superata per arrivare ad una competizione a somma positiva per il bene del sistema internazionale stesso. Altrimenti si andrà ad alimentare una spirale negativa che porta inevitabilmente allo scontro.
È una sfida complicata poiché l’amministrazione cinese non sembra voler cedere su nessun punto, ma attraverso il soft power degli USA e dei suoi alleati si potrebbe – in una visione di lungo periodo – ‘manipolare’ la politica interna e estera della Cina portandola sempre più vicina ai valori occidentali di libertà personale e democrazia.

Fonte: Notiziegeopolitiche.net