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Dalle leggi dure sull’aborto alla pillola abortiva per posta

Lo stile paranoide della politica americana

Dalle leggi dure sull’aborto alla pillola abortiva per posta

Negli Stati Uniti è polemica in materia di aborto e a dividere è il procedimento “Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization”, attualmente pendente

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Negli Stati Uniti è polemica in materia di aborto e a dividere è il procedimento “Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization”, attualmente pendente dinanzi alla Corte Suprema. Il caso in esame muove da una legge approvata dal Parlamento del Mississippi, che vieterebbe l’interruzione di gravidanza dopo le prime 15 settimane, anche nelle ipotesi di efferate violenze. La legge è appesa alle battaglie legali, ma apre sicuramente a scenari nuovi per la società americana, visto che nel 2021 sono piovute norme locali antiabortiste in diversi Stati.

Negli Usa l’aborto è legale a livello federale dal 1973, grazie alla memorabile sentenza “Roe vs Wade” che legittima l’interruzione di gravidanza, ma non è prevista una legge di portata sovrastatale che ne disciplini l’applicazione in ciascuno stato. Per questo la pronuncia, attesa per giugno, fa già discutere, perché potrebbe cassare in tutto o in parte la Roe vs Wade, unitamente alla Planned Parenthood v. Caesy. I fronti contrapposti pro choice e pro life hanno infiammato i cortei di Washington, al grido di “My body, my choice”, i manifestanti pro-aborto, mentre di “Hey hey hey, ho ho ho, Roe v. Wade has got to go”, quelli pro-vita.

Certo è che l’ultima parola sarà pronunciata dai 9 giudici della Corte Suprema, la cui composizione è a maggioranza conservatrice, in parte nominata da Donald Trump, come nel caso di Amy Coney Barrett. Le ipotesi praticabili potrebbero portare a una soluzione moderata ma comunque restrittiva, per cui si sosterrebbe la legittimità costituzionale della legge del Mississippi, non andando apertamente ad intaccare l’impianto della Roe vs Wade, oppure ad una drastica, per cui si cancellerebbe la Roe vs Wade e si capisce bene che in entrambi i casi si andrebbe verso una “post Roe”, quindi a scuotere e a comprimere il diritto delle donne ad autodeterminarsi in una scelta così personale quanto complessa, tenuto conto che l’interruzione volontaria di gravidanza è considerata un diritto nel Paese a stelle e strisce, quanto meno nel primo trimestre o comunque con possibilità di diritti più limitati nei periodi successivi.

Negli Stati Uniti si sta tuttavia assistendo all’emanazione di norme sempre più rigide e il fatto che la Corte Suprema abbia accettato di pronunciarsi nel merito di questa vicenda, non è considerato un elemento favorevole, anche perché fino ad oggi non vi sono stati giudici disposti ad avviare iter su casi simili. Circa 18 Stati a guida repubblicana hanno manifestato il proprio sostegno alla legislazione voluta dal Mississippi, forti anche delle parole degli avvocati di parte attrice, secondo cui la Costituzione americana non fa alcuna menzione alla salvaguardia di questo diritto. Fatto sta che dai sondaggi di Gallupp, Pew Research Centre, eccetera, emerge tra gli americani, anche di fede cattolica, una spinta pro-choice.

Secondo il Guttmacher Institute poi l’interruzione di gravidanza aprirebbe la via ad un’infinità di aborti illegali e a pagarne le spese più dure potrebbero essere ancora una volta le donne più fragili e appartenenti alle minoranze etniche, quelle che ricorrono maggiormente a questo tipo di intervento, ad altre invece toccherebbe sobbarcarsi i costi psicologici ed economici dei viaggi verso luoghi in cui l’aborto rimarrebbe legale e quindi sulle coste Est e Ovest.

È verosimile che altri Stati conservatori nel sud e nel centro potrebbero adottare misure limitanti l’aborto, tanto da generare un vero e proprio squarcio e consegnando agli americani un Paese ulteriormente diviso tra rossi e blu, tra conservatori e non.

Emblematico il “caso Texas”, in cui la divisione ideologica della Corte Suprema ha lasciato in vigore la dura legge texana “Texas Heartbeat Law”, che proibisce l’aborto dopo le prime sei settimane, tanto da spingere Sonia Sotomayor, giudice del Bronx in quota Obama, a usare toni decisi verso la Corte che “permette allo Stato di estendere la privazione dei diritti costituzionali dei suoi cittadini attraverso manipolazioni procedurali”.

In questo contesto, sembra quasi un paradosso la decisione della Food and Drug Administration, l’agenzia federale, di consentire che la pillola abortiva arrivi direttamente a casa per posta, a seguito di un consulto medico in video chat e senza bisogno di recarsi in prima persona dal medico o in ospedale. L’aborto farmacologico è possibile negli USA dal 2000 e il suo ricorso ha pesato il 40% degli interventi nel corso della pandemia. La possibilità di assumere il farmaco con queste modalità, anche se ancora da definire, consentirebbe però di superare il rigore legislativo di molti Stati, come Texas o Alabama, Missouri, Kentucky, Georgia, Ohio, Louisiana, o le misure di Stati in cui è previsto l’ergastolo dei medici abortisti o è perfino vietata la telemedicina.

Certo è che l’America sembra fare passi indietro di cinquant’anni, avendo sullo sfondo la moral suasion dei manifesti delle Dichiarazioni Universali e delle organizzazioni internazionali. La lunga marcia dei diritti non si è mai arrestata, ma è sicuramente da percorrere sulla base della giusta misura politica e sociale e non su quella paranoide, per dirla con Hofstadter, della liberalizzazione indiscriminata o della cieca chiusura.

Fonte: Huffpost

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