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Crisi ucraina: l’ Italia se n’è resti a casa

Crisi ucraina: l’ Italia se n’è resti a casa

Al netto dei “venti di guerra” che spirano da est, l’opinione pubblica italiana è totalmente concentrata sulle elezioni del prossimo Presidente della

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Al netto dei “venti di guerra” che spirano da est, l’opinione pubblica italiana è totalmente concentrata sulle elezioni del prossimo Presidente della Repubblica. Qualche parlamentare intervistato ricorda, in maniera sbrigativa, le possibili ripercussioni di un eventuale conflitto tra Ucraina e Federazione Russa.

La nostra classe politica dovrebbe preoccuparsi di come i nostri assetti militari siano del tutto impreparati ad affrontare un conflitto ad alta intensità, anche se si dovesse verificare per un brevissimo periodo di tempo. Soprattutto servirebbe attingere a fonti che forniscano informazioni attendibili sulle nostre Forze Armate. Alcuni punti di vista sulla Difesa vengono “presi a Vangelo” da certi schieramenti politici, nonostante le palesi inesattezze.

Secondo quanto riportato sul sito, lo scorso 25 gennaio, l’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane asserisce che “nell’infausta eventualità di un conflitto armato in Ucraina, l’Italia si ritroverebbe in prima linea con propri assetti militari, terrestri ma soprattutto aerei e navali, che partecipano a missioni NATO a presidio dei confini orientali dell’Alleanza atlantica a un costo complessivo attuale di circa 78 milioni di euro”. Considerazione quanto mai opinabile visto lo scenario operativo che si potrebbe verificare.

Il comunicato prosegue descrivendo gli assetti dell’Aeronautica Militare“l’Aeronautica Militare schiera una squadriglia di quattro caccia Typhoon (la Black Storm) e 140 uomini in una base aera rumena nei pressi di Costanza, a due passi dal confine ucraino: fino ad aprile svolgerà missioni quotidiane di pattugliamento sui turbolenti e affollati cieli del Mar Nero”.

EFA in volo

Quattro EFA-2000 con due missili Iris-T (a corto raggio) ciascuno ci sembra, francamente, robetta. Certo, in caso di necessità si potrebbe accedere agli arsenali della NATO, tuttavia parliamo di un numero di velivoli esiguo, senza considerare le poche ore di volo che, generalmente, i piloti da caccia italiani hanno nell’addestramento al combattimento aereo.

Anche la componente navale viene attenzionata dall’Osservatorio: “Il Mar Nero, insieme al Mediterraneo Orientale, è il teatro operativo anche della missione della forza navale permanente della NATO cui la Marina Militare partecipa attualmente con la fregata Fremm Carlo Margottini (foto apertura) e con il cacciamine Viareggio, per un totale di oltre 200 marinai e un costo (finanziamento 2021) di oltre 17 milioni di euro. Nel quadrante Mediterraneo orientale, dove Mosca al momento sta concentrando una flotta senza precedenti, incrocerà nelle prossime settimane anche la portaerei Cavour con F-35 imbarcati, partecipando a un’esercitazione NATO insieme alla portaerei americana Truman e alla francese Clemenceau”.

Il Margottini ha capacità antinave pressoché inesistenti e scarse capacità antisom. Ha inoltre limitate capacità di autodifesa da minacce missilistiche, in caso di conflitto avrebbe ben poche possibilità di rimanere a galla. Per quanto riguarda il Cavour, a questa testata, non risulta che gli F-35B imbarcati sull’ammiraglia della flotta italiana abbiano raggiunto, almeno, la initial operational capability (prevista per il 2024).

L’ultima parte sfiorerebbe il ridicolo, se non fosse un argomento terribilmente serio. L’Osservatorio chiosa sulla componente terrestre del nostro Esercito: “nelle foreste innevate della Lettonia, altro potenziale fronte caldo in caso di confronto militare con la Russia, nell’ambito della missione NATO Baltic Guardian l’Esercito Italiano schiera infine più di 200 alpini della brigata Taurinense con decine di carri armati ruotati Centauro e cingolati da neve. Fanno parte di un Battle Group di oltre 1.200 soldati a comando Canadese con base a nord di Riga. La missione ha ricevuto oltre 27 milioni di finanziamento nel 2021”.

Le blindo Centauro definite “carri armati ruotati”? Tralasciando la non comprensione, da parte dell’Osservatorio, della differenza tra un MBT e una blindo (nonché dei numeri dei mezzi schierati) è bene evidenziare il fatto che la Centauro, in un ambiente operativo saturo di sistemi anticarro (e non solo), avrebbe zero possibilità di essere impiegata. Inoltre, causa le rigide temperature della regione, quasi nessun mezzo sarebbe in grado di mettersi moto, in caso di attivazione urgente. Ricordiamo che la blindo B-1 Centauro venne progettata negli anni ’80 dello scorso secolo come caccia-carri (in sostituzione dei vetusti M-47) ed è cominciata ad affluire ai reparti dal 1992. Per trent’anni non è mai stata aggiornata, sia nell’armamento che nella protezione.

Sulla situazione della componente pesante (brigate Ariete e Garibaldi) tacciamo per carità di patria.

Dopo decenni di completo disinteresse (e di scelte iniziali quanto mai folli), i carri C-1 Ariete ancora operativi sarebbero poco più di trenta. Parliamo comunque di MBT assolutamente inadeguati ad affrontare uno scenario operativo come quello ucraino; per quanto riguarda i Dardo, invece, la situazione numerica è leggermente migliore ma si tratta di mezzi altrettanto inadeguati.

L’unico mezzo all’altezza sarebbe il semovente tedesco PZH-2000 da 155/52 mm (68 esemplari), un sistema moderno in grado di erogare un notevole volume di fuoco a luna gittata (con il nuovo munizionamento Vulcano il braccio operativo supera i 70 km).

Occorrerebbe che la Politica affrontasse il problema! Un polo terrestre pesante tra OTO-Melara e Rheinmetall Italia, al fine di convogliare le rispettive competenze nella realizzazione di mezzi moderni (MBT, IFV), in grado di poter operare in ambienti poco permissivi, potrebbe essere una soluzione?

In conclusione, la disamina dell’Osservatorio sulle Spese Militari Italiane è servita più che altro a mettere in risalto la totale inadeguatezza dell’apparato militare nazionale in un contesto di alta intensità (anche se fosse stato medio la situazione non sarebbe migliorata). Quindi, qualora la situazione nel Donbass dovesse precipitare, sarebbe il caso di allinearsi alla politica dei croati, ovvero – in caso di guerra tra Russia e Ucraina – Zagabria ritirerà le proprie truppe dalla regione.

Fonte: Difesaonline.it

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