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Teleriscaldamento: per combattere la crisi climatica, investire nell’ energia termica

Spadoni (Airu): «In Italia gli ostacoli al pieno sviluppo del teleriscaldamento sono principalmente di natura regolatoria, economica ed autorizzativa»

Teleriscaldamento: per combattere la crisi climatica, investire nell’ energia termica

I fabbisogni di riscaldamento e condizionamento degli edifici rappresentano circa il 50% dei consumi finali di energia in Italia, ma il 70% di quest’e

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I fabbisogni di riscaldamento e condizionamento degli edifici rappresentano circa il 50% dei consumi finali di energia in Italia, ma il 70% di quest’energia viene prodotta da fonti fossili, gas in particolare: per lottare contro la crisi climatica in corso e al contempo liberarci dal giogo delle importazioni occorre dunque occuparsi con urgenza dell’energia termica, oltre che di quella elettrica cui generalmente guardiamo parlando di fonti rinnovabili.

In quest’ambito anche il teleriscaldamento può rivestire un ruolo di primo piano, come emerso oggi nel corso del convegno Teleriscaldamento, il calore che unisce, organizzato stamani dall’Airu – l’Associazione italiana riscaldamento urbano – per il 40esimo anniversario dalla propria fondazione.

Uno studio realizzato nel 2020 per Airu dai Politecnici di Milano e di Torino aveva già evidenziato, per l’Italia, un potenziale di sviluppo del teleriscaldamento efficiente di quarta generazione – ad oggi sono attivi soprattutto sistemi di terza generazione, meno efficienti nel convogliare l’energia termica di scarto e rinnovabile disponibile sul territorio – pari a 38 TWh (circa 4 volte il livello attuale), ovvero il 12% del fabbisogno civile: le principali fonti di energia sono il calore di scarto industriale e l’energia geotermica, recuperabile anche con pompe di calore.

Partendo da questo primo tassello, oggi Aiur ha presentato una nuova ricerca realizzata da Elemens, intitolata “Il teleriscaldamento: efficienza e rinnovabili a servizio della decarbonizzazione”.

Un’analisi che dimostra come lo sviluppo dell’intero potenziale migliorerebbe l’indipendenza energetica italiana grazie ad una riduzione di 2,12 miliardi di Sm3 di gas naturale importato, equivalenti a circa il 10% del gas importato dalla Russia. Al contempo, sarebbe poi possibile ottenere una riduzione annua delle emissioni di CO2 pari a 5,7 milioni di tonnellate e una riduzione notevole del particolato nei maggiori centri urbani.

«In Italia gli ostacoli al pieno sviluppo del teleriscaldamento sono principalmente di natura regolatoria, economica ed autorizzativa – spiega il presidente di Airu, Lorenzo Spadoni – le normative del settore non hanno ancora accompagnato l’innovazione tecnologica che lo ha investito, mentre non esistono meccanismi incentivanti per gli operatori e per i consumatori definiti appositamente per il teleriscaldamento, capaci di favorirne lo sviluppo».

Senza un supporto di natura economica, meno del 30% del potenziale individuato ricerca sarebbe effettivamente realizzabile: una soluzione potrebbe arrivare dall’attesa attuazione delle norme recenti sui Certificati Bianchi, anche se soluzioni alternative basate sull’erogazione di contributi in conto esercizio e/o capitale potrebbero rappresentare un supporto più efficace.

«Il teleriscaldamento – conclude il direttore generale di Utilitalia, Giordano Colarullo – è a tutti gli effetti uno dei vettori fondamentali per la transizione verde. Oggi più che mai, è necessario comprenderne l’importanza e la crescita potenziale che deriva anche dal recupero del calore di scarto e dalle rinnovabili, e supportarne la centralità nel percorso verso la decarbonizzazione intrapreso dal nostro Paese».

Fonte: Greenreport.it

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