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Le entertainment platform e il metaverso non bastano, riportiamo al centro l’esperienza

Nel rapporto tra brand e utente è sempre più centrale l’esperienza, in che modo la tecnologia può fare la differenza

Le entertainment platform e il metaverso non bastano, riportiamo al centro l’esperienza

Social media, branded content, realtà aumentata, metaverso, mezzi differenti che con modalità diverse sono centrali nella vita digitale di brand e ute

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Social mediabranded content, realtà aumentata, metaverso, mezzi differenti che con modalità diverse sono centrali nella vita digitale di brand e utenti. Simili per certi versi, ma profondamente diversi per tecnologia, interazione, obiettivo, ma accomunati da una parola, meglio, un concetto, quello di esperienza.

La stessa esperienza su cui si ragiona da tempo e che dovrebbe essere ormai cruciale nel rapporto tra brand e utente. L’experience come riferimento del journey e connettore in grado di dare forma e senso alla tanto perseguita omnicanalità, in un’ampia gamma di connessioni e declinazioni.

Un concetto, quello dell’esperienza, che però in molti casi fatica a trovare senso oltre le mode da marketer, faticando a trovare il giusto spazio nelle progettualità dei brand. Progettare sì, perché l’esperienza non è il fine, ma una via da far percorrere.

COMPRENDERE E MAPPARE LO SCENARIO

Come ogni percorso, serve un navigatore, o meglio, un aiuto per capire meglio le caratteristiche del percorso da intraprendere. Analizzare i touchpoint dell’azienda, ma ancor di più quelli dove gli utenti per noi interessanti sono presenti e, soprattutto, attivi. Una valutazione quindi che non si limita al dove, ma che va più in profondità, cercando di capire il come e il perché: al di là di avere un ampio utilizzo di Twitch, ad esempio, cosa fanno le persone su questo canale? Come interagiscono? Perché ci passano così tanto tempo?

Quesiti fondamentali per dare forma a una experience rilevante progettata sugli utenti stessi. Un passo, cruciale, anche per seguire il mantra della customizzazione e della personalizzazione, sempre più centrale nelle abitudini delle persone.

Elementi fortemente connessi ai behaviours degli utenti e che necessitano di un approccio sistematico alla consumer intelligence, approccio ancor più necessario alla luce delle tante limitazioni lato dati a cui stiamo assistendo e a cui dovremo, purtroppo, abituarci.

IL CONTENUTO, PARTE VITALE DELL’EXPERIENCE

Il contenuto è senza dubbio un punto di partenza in tutto questo, primo momento in cui c’è un contatto tra utente e brand, facendogli cominciare quel percorso che si tramuta poi in esperienza.

Ma a voler ben vedere possiamo arrivare, senza dubbio, a dire che i contenuti siano essi stessi esperienze, soprattutto quando realizzati con la volontà di essere coinvolgenti, immersivi, capaci di generare un impatto che vada oltre le metriche classiche come views e reach. Basti pensare all’evoluzione che ha visto protagonisti i contenuti negli ultimi anni, soprattutto lato branded content.

Un content però che non può guardare solo a ieri, ma che deve giocoforza integrare anche una componente a feedforward. Perché non può bastare solo il dato storico, ma serve anche quello contestuale, ovvero quello valutato nello stesso contesto in cui la persona decide, acquista o vive la propria fase del customer journey.

LA TECNOLOGIA DIVENTA INVISIBILE

La tecnologia mette oggi a disposizione di brand e marketer opportunità incredibili, mettendoci in condizione di progettare esperienze sempre migliori, più complete. Il metaverso è esempio eloquente.

Ma mai dimenticare che, al centro, c’è e deve continuare a esserci l’esperienza e che la tecnologia ha il mero ruolo di abilitatore. Se il focus si sposta sulla potenzialità tecnologica, sulla novità, non offriamo più un’esperienza, ma una vetrina della tecnologia stessa.

Per questo, lato metaverso, non è tanto rilevante esserci tanto per farlo, quanto cercare di comprendere come trasportarci le esigenze e le aspettative degli utenti, utilizzando il metaverso per sviluppare una experience di rilievo. Ottimi sono gli esempi di Nike o Carrefour e i «mondi» esperienziali che hanno creato in cui gli utenti possono vivere situazioni che li pongono in relazione con i brand, i loro prodotti, i valori.

La tecnologia per essere utile deve essere invisibile, percepirla come un medium che ci permette di vivere qualcosa che, senza, non avremmo potuto provare.

SIMULARE SÌ, PERDERE TRASPARENZA NO

È indubbio come le esperienze del presente, ma ancor di più del futuro, abbiano una forte componente di simulazione, andando a modificare il reale, facendolo sviluppare in direzioni differenti. Non a caso Cosimo Accoto parla di Filosofia della simulazione.

Sembra un controsenso, ma in questo percorso simulato risulta decisivo mantenere, almeno alle basi, verità e, soprattutto, trasparenza. Sarà aumentato l’ambiente e l’experience che proporremo, ma non può esserlo l’essenza del brand, i valori, il purpose.

Parliamo pur sempre di esperienze come catalizzatori di relazioni tra utenti e brand e non può esistere relazione vera senza una corretta dose di verità e trasparenza.

Fonte: Money.it

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