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Rest Art Rome: Primo punto vendita dei prodotti di filiera delle aziende del Sistema Valore Sicilia

Rest Art Rome: Primo punto vendita dei prodotti di filiera delle aziende del Sistema Valore Sicilia

Al ristorante Rest Art Rome, in via dei Cerchi 75, da martedì 17 maggio non si gusta solo la cucina tipica, “fusion” e vegetariana, con musica

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Al ristorante Rest Art Rome, in via dei Cerchi 75, da martedì 17 maggio non si gusta solo la cucina tipica, “fusion” e vegetariana, con musica dal vivo. E non è più nemmeno solo un “Welcome Center Esperienziale”, o Accademia per “corsi polisensoriali” e di cultura italiana (cucina, degustazione, laboratori d’arte). Perché a Rest Art Rome, puoi mangiare sano e siciliano, da quando è diventato il primo punto vendita dei prodotti agroalimentari del calatino, la prima vetrina della piattaforma Valore Sicilia.

Ed è in questo ristorante di fronte al Circo Massimo, che durante la Maratona di Roma e il mercato di Campagna amica, aveva ospitato la distribuzione di spremute ed arance rosse di Sicilia Igp offerte dai produttori del Gal Kalat Est, che si è tenuta a “battesimo” questa nuova esperienza. Un primo passo passo verso quello che si punta a far diventare un network dell’enogastronomia di filiera, che non interesserà solo la Sicilia e l’Italia.

Nell’incontro organizzato dal Gal Kalat Est e dal comune di Palagonia, davanti a un nutrito numero di giornalisti ed esperti del settore, si è parlato di valorizzazione dell’agroalimentare di qualità e degli strumenti messi in campo. Tra questi la “Rete Filiera Sicilia”, un contratto di rete realizzato per valorizzare i prodotti alimentari dell’Isola. Ma non solo, perché in questo mondo di frodi alimentari, hanno reso operativo un sistema di tracciabilità di filiera, fatto su base volontaria e garantito da “Csqa”, l’ente terzo accreditato, che effettua la certificazione dei prodotti e la conformità di quanto dichiarato nel documento tecnico di accompagno.

Una storia di successo dalle tante sfaccettature, raccontata dall’assessore alle Attività produttive di Palagonia Elena Sgarioto, dalla presidente del Gal Kalat e vice presidente di “Rete imprese filiera Sicilia”, Alessandra Foti, da Gabriella Buzzanca, Francesca Morelli e Alessio Sidoti, di Cogea Srl, la società che ha curato il progetto su “Il Passaporto del gusto”. Ma pure e principalmente, da un architetto prestato a tempo indeterminato all’imprenditoria, che risponde al nome di Michele Germanà, presidente dell’Agenzia per il Mediterraneo e vera forza trainante nel credere e motivare persone sulla base di idee e progetto oggi diventati realtà, ma da molti creduti impossibili da realizzare. A coordinare il dibattito, Giuseppe Grifeo, direttore responsabile del giornale on line Di-Roma (www-di-roma.com) e collaboratore de Il Tempo.

Alessandra Foti ha ricordato la nascita di Rete imprese valore Sicilia, parlando di «Un “primo figlio” che ha aperto le aziende a una nuova cultura della diversificazione, alla voglia di fare le cose assieme. Una realtà fatta da donne e uomini che hanno accettato la scommessa e permesso la trasformazione del tessuto imprenditoriale».

Se questo punto di arrivo era per molti una chimera, tra quei visionari che hanno creduto nel cambiamento con lo scambio delle esperienze e che aveva già tracciato un percorso di qualità per i prodotti alimentari e non solo, Michele Germanà, che con l’Agenzia per il Mediterraneo ha portato avanti un nuovo concetto di gestione dei fondi comunitari, aiutando i Gal (Gruppi di azione locale) a livello di progettazione e realizzazione di progetti, non solo in ambito nazionale, ma pure internazionale.

«Vengo volentieri a Roma per portare le nostre storie» e quando ne parla a Germanà s’illuminano gli occhi per la passione e si fa rosso in viso, quando ricorda i tanti ostacoli superati, «nonostante tanti nemici e sabotatori istituzionali».  Parla di programmazione dei fondi europei per il 2014-2020, che andranno a frutto con azioni di sistema mirate, ma «che nessuna impresa da sola può fare».

Nella sfera di cristallo che non è più tanto solo preveggenza, vede una rete in franchising internazionale, dove consumatori informati possano fare acquisti garantiti e, assieme allo scontrino del pagamento intestato all’azienda produttrice, anche il profilo del prodotto e la certificazione. Aziende e prodotti individuabili anche attraverso il QR Code e i relativi passaporti del gusto.

Quando parla di filiera corta, anche se la merce viene venduta a migliaia di chilometri, ti fa pensare. Ma poi ritorna alla mente quel viaggio nella Repubblica popolare cinese che a metà novembre 2015, portò una missione imprenditoriale siciliana guidata proprio da Michele Germanà, per incontrare la famiglia di Guo Sheng Zheng (detto Lorenzo), a.d. di Ta Italy, società che sta realizzando nella Free Trade Zone di Tianjin (oTientsin), una megalopoli di 13 milioni di abitanti, il primo polo d’eccellenza dei prodotti enogastronomici italiani della Cina.

Se quello fu un viaggio predittivo, lo sapremo presto, perché come dice Germanà «Qui i nostri prodotti certificati non saranno a chilometro zero, ma a chilometro 10 mila». Parla di una “filiera corta” che dal produttore arriva alla distribuzione con un solo passaggio, anche se i prodotti arriveranno in Cina. «Ci avevano preso per folli, ma ad oggi abbiamo più di 85 punti di vendita locali e recentemente abbiamo chiuso accordi con piattaforme logistiche e distributive a Parma, Brescia e sul lago di Garda», chiosa.

Lo strumento principale per la valorizzazione e commercializzazione dell’offerta territoriale è il portale di Valore Sicilia, un collettore dei punti vendita in rete, partito con un progetto pilota che ha riguardato produttori e prodotti del territorio del calatino. L’obiettivo è però di allargare l’esperienza ad altre aree regionali e mediterranee, disposte a condividerne obiettivi e strumenti.

Ma con Ruralità mediterranea viene diversificata e oltre all’enogastronomia si sta organizzando anche quella turistica, che per ora interessa Sicilia e Campania. Sarà così il cliente/consumatore, da computer, attraverso, ad organizzare le tappe del viaggio, dove e cosa mangiare o bere e vedere. Selezionando  , determinate opzioni di scelta, si creerà itinerari mirati alle sue esigenze, con la certezza della qualità dell’offerta.

Su un punto non transige questo vulcanico presidente dell’Agenzia per il Mediterraneo: «Prima di ogni cosa, le aziende devono avere le idee chiare ed essere convinte del passo che fanno. Noi gli abbiamo dato gli strumenti, le regole ed abbiamo fatto investimenti in comunicazione per pubblicizzarle. Stiamo anche creando le infrastrutture logistiche per la vendita dei prodotti, date in concessione alle reti d’imprese. Adesso il futuro è nelle loro mani».

Ma il suo sguardo travalica l’orizzonte. «Vedo i passaporti del gusto applicati in tutt’Italia – chiosa Michele Germanà -, perché anche in Cina o in Germania, se ti chiami “Parmigiano reggiano”, devi essere visto come l’Italia in rete».

Di “Passaporti del gusto” ha parlato Alessio Sidoti di Cogea Srl, società che col Progetto Ramses ha dato il via a questa sperimentazione che oggi è diventata una realtà con 75 aziende coinvolte e oltre 150 prodotti messi a sistema e certificati. Quelle certificazione di cui hanno trattato Francesca Morelli e Gabriella Buzzanca, parlando dei “Laboratori sensoriali”, Hanno spiegato, anche attraverso una prova con assaggio organolettico, come si fanno le “profilazioni” dei prodotti, cosa sono i marcatori sensoriali, cosa contiene la scheda tecnica del prodotto, quali sono le caratteristiche sensoriali che lo rendono unico e identificabile ovunque.

Quella che sta davanti a noi non è la Sicilia delle cronache nere e dei luoghi comuni, ma quella che dice al mondo che cambiare si può. Nonostante i pesanti ritardi strutturali, la frammentazione della struttura produttiva, il divario sui costi del trasporto su gomma e dell’energia elettrica rispetto all’Europa, le tante resistenze e inerzie burocratiche e, non ultimo, un mercato falsato gestito in gran parte dalla grande distribuzione organizzata e lasciato in mano a un sistema che specula a danno di produttori e consumatori.

Questa è la Sicilia che vuole cambiare, si sta sempre più organizzando. Un cambiamento prima di tutto nella mentalità e non solo nei produttori, ma anche nei consumatori, sempre più attenti a quel che si mangia e da dove viene.
È in questa Sicilia, che ricorda le cooperative dei braccianti agricoli di fine XIX secolo, della ribellione contro il latifondo che stanno operando discretamente molte persone, per dare visibilità e la giusta remunerazione a chi lavora queste terre col sudore della fronte e creare un futuro a quei figli che sempre più spesso sono costretti a emigrare per andare a “cercare fortuna” in Francia, Germania o gran Bretagna, nonostante competenze e professionalità. Una diaspora che anche con la creazione di realtà come queste, si deve e si può fermare.

Michele Germanà, presidente dell’Agenzia per il Mediterraneo, ha ricordato le problematiche affrontate e superate a costo di sacrifici, per dare corpo a una “visione”: mettere assieme tutti i produttori di qualità (per ora campani e siciliani), per fare massa critica e andare sui mercati nazionali e internazionali, rompendo certi “equilibri” politico/imprenditoriali, che per troppo tempo avevano penalizzato le produzioni d’eccellenza dell’Isola e in particolar modo di questa parte della Sicilia, favorita da terreni ricchi di nutrienti arrivati, come in queste ore, con la cenere dall’Etna trasportata dal vento.

Ma con “Rete Filiera Sicilia”, non si guarda solo sviluppo rurale tra agroalimentare e turismo

  • Alta frammentazione dell’offerta territoriale;
  • Bassa predisposizione allo sviluppo di forme collaborative;
  • mancanza di una governance comune nell’affrontare le complicate regole di un mercato esigente;
  • necessità di interventi di formazione e riqualificazione della classe imprenditoriale del territorio di riferimento.

Una regione che, nonostante qualche resistenza nemmeno occulta da parte dell’apparato burocratico, cerca spazio tra quel mondo produttivo onesto e di qualità, che usa i fondi europei per dare un futuro a quei giovani che hanno deciso di resistere alle chimere del lavoro all’estero, per mettersi in gioco a casa loro. Tra le iniziative prossime dirette in tal senso, anche l’utilizzo degli scarti dell’agricoltura delle filiere dell’Etna, per produrre biogas, trasformando un costo in una opportunità.

trasformare tutti gli scarti prodotti in agricoltura in energia utilizzata negli stessi processi produttivi, «senza che il costo di quel processo lo paghino tutti con le indubbie ripercussioni sull’ambiente», come ha ricordato giorni fa durante “CamBIOvita Expo”,  che si è tenuto a Etnafiere al centro fieristico di Etnapolis, Carmelo Danzì, ‎imprenditore agricolo e presidente del Consorzio per la Valorizzazione e tutela Ficodindia Dop Etna.

Fonte: newsfood.com

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