Lo scrivente non ha un buon carattere. Sarà l'età, la cultura, le esperienze, ma di fondo trattasi di quei pochi ideali ancora rimasti che ricordano s
Lo scrivente non ha un buon carattere. Sarà l’età, la cultura, le esperienze, ma di fondo trattasi di quei pochi ideali ancora rimasti che ricordano sempre di essere nati in una Caserma di Carabinieri. Chi scrive ha sempre sostenuto che la norma fondante questo Paese (?!?) non è l’art.1 della Costituzione bensì i principi di “calcio, corna e ferie”. A tal uomo e conferma si legge in prima pagina del Corriere che un “padre”, termine per il soggetto interessato” abusato “e lo scrive una persona che non è stata un buon marito ma certamente si “onora ” di essere ancora oggi un “buon padre“, non è o sarà presente alla seduta di laurea della figlia perché deve andare a vedere la finale di un campionato di calcio. Ci si trattiene a scrivere frasi volutamente offensive come “pover uomo” o “analfabeta sociale ” visto che una laurea ammesso il soggetto sappia come si scrive è una cosa seria. E si scrive anche ai novelli “geni della lampada” che ogni tanto si fanno vivi, non essendo noti i loro contributi a questo social, dove scrivono che linkedin è diventato come FB. L’ essere “padre” oltre ad essere un ruolo sociale riveste doveri civili che la “Legge” (termine nobile che si attribuiva al diritto prima delle nefandezze giudiziarie degli ultimi 30 anni) impone. Tra questi il dovere di assistenza non intesa solo in termini materiali ma anche in termini affettivi e morali e qui potrebbero essere di ausilio i vari avvocati esperti in materia. La domanda quindi è cosa poteva essere di più importante per un padre se non la laurea della figlia?
Nessuno può proporsi come modello, come esperto, giudice o consigliere. Tutti hanno diritto alle loro scelte. Ma” essere” padre è cosa diversa da “fare” il padre” e la vergogna sociale degli abbandoni familiari nel senso ampio del termine sono una evidenza #società.
A cura di Savino di Scanno
