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Dei microrganismi antichissimi sono stati ritrovati nel sale, forse ancora vivi

Dei microrganismi antichissimi sono stati ritrovati nel sale, forse ancora vivi

Delle forme di vita antichissime sono state ritrovate nel sale. Si tratta di resti di vita procariotica e algale, che un team di ricercatori della Vir

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Delle forme di vita antichissime sono state ritrovate nel sale. Si tratta di resti di vita procariotica e algale, che un team di ricercatori della Virginia ha ritrovato all’interno di antichi cristalli di salgemma. Gli organismi avrebbero 830 milioni di anni e potrebbero essere ancora vivi. Il salgemma o halite è un minerale composto da cloruro di sodio, da cui viene estratto il comune sale da cucina. Solitamente si trova in banchi estesi, formatisi nel processo di evaporazione di acqua salata di mari o laghi e, a differenza delle rocce sedimentarie, custodisce la vita in un modo più peculiare. Quando, infatti, si formano dei cristalli in un ambiente di acqua salata, al loro interno possono rimanere intrappolate piccole quantità di liquido fondamentale per ricavare informazioni sia sulla temperatura e le caratteristiche chimiche di acque antiche, sia sulla temperatura atmosferica risalente al momento in cui si è formato il minerale.

I ricercatori hanno prelevato un cristallo di salgemma da un deposito di halite della Browne Formation, nell’Australia centrale, un’area desertica risalente al Neoproterozoico (l’ultima delle tre ere geologiche in cui è suddiviso il Proterozoico che si estende da 1000 milioni di anni prima della nostra epoca a 542 milioni di anni fa) un tempo bagnata dal mare. Non è la prima volta che forme di vita, anche molto antiche e capaci di sopportare un’elevata salinità, siano state rinvenute nel fluido contenuto dai cristalli di salgemma. Tuttavia, fino ad oggi, i metodi utilizzati per le analisi e le ricerche non hanno mai consentito di stabilire con certezza se l’età degli organismi fosse la stessa delle rocce in cui si trovavano. Per effettuare le analisi, infatti, gli esperti hanno utilizzato metodi ottici non invasivi per non danneggiare il minerale e il suo contenuto. Nello specifico, hanno usato la petrografia a luce trasmessa e ultravioletta, prima a basso ingrandimento per identificare i cristalli di salgemma, poi con un ingrandimento fino a 2.000x per studiare le inclusioni di fluido al loro interno.

Il team ha individuato solidi organici e liquidi compatibili con cellule di organismi procarioti (organismi unicellulari molto semplici e privi di nucleo) e alghe. Alcuni dei campioni hanno mostrato colori coerenti con il decadimento organico, mentre altri la stessa fluorescenza degli organismi moderni, suggestiva di materiale organico inalterato: i microrganismi, quindi, potrebbero essere ancora vivi. Ma com’è successo? La risposta, secondo i ricercatori, risiederebbe proprio nel fluido all’interno dei cristalli. A quanto pare, infatti, al suo interno sarebbero presenti le condizioni per permettere a colonie di minuscoli organismi di sopravvivere per intere ere geologiche. Più precisamente, il liquido avrebbe funzionato da microhabitat e avrebbe apportato alcuni cambiamenti al loro metabolismo facendo sfruttare, per esempio, le cellule morte come fonte di nutrimento, o facendo entrare le forme di vita in una modalità di consumo minimale.

La scoperta è indubbiamente importante, poiché suggerisce che il salgemma potrebbe essere una risorsa fino ad oggi poco studiata per la scoperta degli antichi ambienti di acqua salata. Inoltre, se in effetti venisse confermato che gli organismi rivenuti fossero ancora vivi, si aprirebbero altre strade nella ricerca della vita antica, non solo sulla Terra, ma anche su altri pianeti, come Marte, su cui sono stati identificati grandi depositi di salgemma con una composizione della Browne Formation.

Fonte: Indipendente.online

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