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I corpi di polizia a statuto civile nelle missioni internazionali

I corpi di polizia a statuto civile nelle missioni internazionali

Le operazioni di pace, nelle loro diverse articolazioni, hanno visto aggiungersi al personale militare numerosi appartenenti ai corpi di polizia. La c

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Le operazioni di pace, nelle loro diverse articolazioni, hanno visto aggiungersi al personale militare numerosi appartenenti ai corpi di polizia. La crescente importanza di questo personale nelle Peace Support Operations (PSO) ha fatto sì che oltre all’ONU anche altre organizzazioni internazionali quali NATO, OSCE, UE, ecc. utilizzino questo tipo di personale.

La polizia nell’ambito di operazioni di supporto alla pace svolge tre compiti:

– monitoraggio delle forze di polizia e osservazione della situazione locale;

– svolgimento di un ruolo attivo di polizia e di ordine pubblico;

– addestramento delle forze di polizia locali.

L’efficacia del ruolo svolto dalla polizia è da considerarsi nel quadro globale della missione di cui fanno parte e nel rispetto degli obiettivi dati dal committente. Generalmente le missioni di osservazione hanno al loro interno una prevalenza di appartenenti alla polizia civile, mentre quelle di mantenimento dell’ordine pubblico vedono un maggior numero di appartenenti a forze di gendarmeria, questo per mera consuetudine. Non di rado l’ONU, che ha un’impostazione culturale di tipo anglosassone, nelle missioni preferisce la polizia civile rispetto alle gendarmerie.

L’impiego della polizia in missione all’estero non è solo cosa dei giorni nostri ma risale a molto tempo fa. Tralasciando le esperienze coloniali, dove la polizia impiantava propri organici nei territori amministrati, la prima esperienza in epoca moderna si è avuta in occasione della missione delle Nazioni Unite in Medio Oriente nel 1948, durante la prima guerra Arabo-Israeliana, dove 50 agenti della neo costituita UNSSS (UN Safety and Security Service) vennero dispiegati in Palestina per assistere gli osservatori ONU nel controllo del traffico veicolare e commerciale, affinché alle parti non giungessero rifornimenti di armi ed equipaggiamenti. Gli stessi furono anche coinvolti in scontri armati e in seguito destinati alla vigilanza delle installazioni ONU.

Bisogna fare un salto di anni per trovare nel 1964 un contingente di polizia composto da circa 50 operatori (foto) nella missione ONU a Cipro (UNFICYP).

Dagli anni 80 in poi le missioni ONU hanno visto un sempre maggiore inserimento nel tessuto locale e per questo la costante presenza di personale di polizia. Proprio la crescente complessità delle missioni ha fatto sì che i vari compiti (osservazione, ordine pubblico e addestramento) di polizia si sovrapponessero uno all’altro, come è avvenuto in Cambogia, El Salvador, Haiti, Bosnia, Guatemala, Somali, Ruanda, ecc.

Se è vero che il nuovo concetto di peacekeeping nasce dall’esperienza della Somalia ovvero di UNOSOM II, possiamo affermare che il teatro operativo dell’ex Jugoslavia ha fatto scuola per le operazioni di polizia internazionale.

Nei Balcani vi è stato un massiccio impiego di personale di polizia all’interno delle diverse missioni ONU. Questo fu necessario perché le realtà statuali, che si vennero a creare dallo sfaldamento della Repubblica Jugoslava di Tito, istituirono al loro interno forze di polizia. Il controllo del territorio durante un conflitto di carattere etnico quale quello Jugoslavia impose lo schieramento di diversi operatori di polizia sotto la bandiera dell’ONU. Tuttavia il quadro militare e politico molto instabile rese l’operato di questi poliziotti inefficace, anche se la loro presenza evitò molte vessazioni ai danni delle diverse minoranze etniche. Al contrario in Macedonia grazie alla più stabile situazione locale, il contingente di polizia riuscì a svolgere un efficace monitoraggio sulle forze di Scopjie.

Gli accordi di Dayton diedero nuovo vigore alla “polizia ONU”. La UNMIBH (UN Mission Bosnia-Herzegovina) vide costituire la IPTF ovvero International Police Task Force con 2000 agenti schierati, che contemporaneamente alla IFOR avviarono un organico programma di sorveglianza ed addestramento delle forze di polizia locali, e con un forte impiego operativo di tutela durante tutti i momenti elettorali del paese.

In seguito la missione ONU ad Haiti ha visto la partecipazione di organici di polizia tra il novembre ’90 e il gennaio ’91, con il compito di controllare le forze di polizia locali durante le elezioni tenutesi in questo periodo. Ad Haiti su mandato dell’ONU nel settembre ’94 una forza multinazionale a guida americana prese il controllo dell’isola, riuscendo a istituendo un legittimo governo e rovesciando la precedente giunta militare.

Accanto ai contingenti militari vi era la International Police Monitors (IPM) con un organico di 800 agenti, a direzione americana e provenienti da 20 nazioni, che avviarono un programma di reclutamento e formazione di una nuova forza di polizia locale. Da notare che Canada, Italia e Germania si rifiutarono di partecipare alla IPM.

Le missioni ONU che si sono alternate in Salvador e Guatemala hanno visto la civil-pol svolgere un ruolo fondamentale nella formazione della locale polizia, secondo criteri etici e professionali per la tutela dei diritti umani, assorbendo anche personale proveniente dalla guerriglia.

La missione ONU in Ruanda tentò di costituire una polizia su base interetnica ma ciò fu impossibile per l’ostilità del governo di Kigali.

Anche la UE ha condotto in passato missioni internazionale sia a carattere militare che di polizia, un esempio per tutti la missione in Albania. Il governo di Tirana pur non facendo parte dell’Unione Europea nel ’97 chiese un sostegno alla ricostruzione della propria polizia. Si costituì così la Multinational Advisors Police Element (MAPE) composta da circa 100 unità provenienti da 15 nazioni. La missione che poté contare su un finanziamento della comunità europea fece sì che in Albania si riuscì a riaprire l’Accademia di polizia di Tirana, e in seguito le scuole di Durazzo, Scutari e Valona.

L’Italia ha sempre partecipato alle missioni di polizia fornendo principalmente personale dell’Arma dei Carabinieri, nel ’97 la Commissione affari esteri della Camera, ha chiesto espressamente che per future missioni i contingenti fossero anche formati da personale della Polizia di Stato e Guardia di Finanza, in sintonia con quanto fatto già da altre nazioni (Francia, Spagna e Portogallo), che hanno al loro interno polizie ad ordinamento militari e civili. Questa direttiva è molto spesso disattesa, per citare un caso ai molti sconosciuto l’ONU costituì nel ’91 UNGCI per essere impiegata in Iraq, l’Italia si dichiarò disposta a partecipare con l’invio di 50 agenti della Polizia di Stato, ma la proposta non ebbe seguito.

In Italia attualmente le forze di polizia a statuto civile e gerarchicamente costituite sono: la Polizia di Stato e la Polizia Penitenziaria, ma dobbiamo tener conto nella casistica delle missioni anche il disciolto Corpo Forestale dello Stato.

La Polizia di Stato è stata impiegata all’estero per la pria volta nella missione “Arcobaleno”, missione di iniziativa umanitaria, con l’obiettivo iniziale di assistenza diretta a circa 25.000 profughi kosovari in strutture organizzate. Particolarità di questa missione che emerge dagli atti del Senato, è che il governo pensò bene di non dare un mandato operativo, né delle regole d’ingaggio, o meglio ancora i poliziotti non avrebbero dovuto usare in nessun modo le armi in dotazione.

Ulteriore missione internazionali che vede la presenza di personale della PS sono e sono state: UNMIK, EULEX, EUPM, EUPOL PROXIMA, EU COPPS.

È giusto citare anche il contributo di sangue dato alle missioni dal personale della Polizia italiana ovvero l’agente scelto Marco Gavino (nella foto a sx) morto a seguito di un incidente aereo mentre tornava da una licenza in Italia il 12 novembre del 1999 e il sovrintendente Francesco Niutta (nella foto a dx) morto a seguito di un incidente stradale sulla via che lo avrebbe portato a Sarajevo, cadendo con il suo fuoristrada da un cavalcavia il 20 novembre del 2003.

La Bandiera della Polizia di Stato è stata insignita della medaglia di bronzo dell’ONU “Al servizio della pace” il 23 febbraio 2002, per gli egregi risultati ottenuti in missione.

Altri contingenti di polizia civile italiana sono stati quello della Polizia Penitenziaria impiegata in territorio Kosovaro dal 2000 al 2009 sia in UNMIK che in EULEX. L’obbiettivo del personale Penitenziario è stato quello di supportare l’attività di alcuni istituti penitenziari, contribuendo alla formazione del personale, alla gestione della sicurezza del carcere di Dubrava, Peja e Gnijlane, con l’invio di esperti in amministrazione, sanità penitenziaria e misure alternative alla detenzione, ma anche il coordinamento di alcuni servizi come quello delle traduzioni.

Il disciolto Corpo Forestale dello Stato è stato impiegato come corpo di polizia durante la missione Arcobaleno, attualmente in seguito all’accorpamento all’Arma dei Carabinieri, viene impiegata per i suoi compiti specifici in Kosovo e in altri teatri operativo dove l’arma è schierati.

Fonte: Difesaonline.it

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