C’era una volta il denaro contante. Poi sono arrivati gli assegni circolari, quelli bancari, le carte di credito, i bancomat, il bonifico, le cart
C’era una volta il denaro contante. Poi sono arrivati gli assegni circolari, quelli bancari, le carte di credito, i bancomat, il bonifico, le carte prepagate. E poi è iniziata la rivoluzione digitale, che ha investito tutte queste forme di pagamento o di trasferimento monetario.
E ancora una volta diremo beati gli ultimi. A rimetterci, infatti, saranno i primi: contante e assegni, bancari e circolari, sono sulla strada per lasciare il passo ai pagamenti digitali.
Cosa sono i pagamenti digitali
La trasformazione digitale del modo di pagare è in atto da anni, da quando l’e-commerce è entrato stabilmente nelle nostre vite, ma negli ultimi due anni ha registrato un’impennata, un cambio di passo decisivo, complice la pandemia.
Ma se stiamo diventando dei pagatori digitali il motivo non va ricercato in un virus, quanto in un cambiamento sistemico che ha nella digitalizzazione della vita quotidiana il perno.
Con pagamenti digitali nell’accezione più ortodossa possiamo considerare tutte le tipologie di pagamenti effettuati in modalità digitale. Quindi gli acquisti online, i pagamenti con wallet elettronici, disposizioni di trasferimento di denaro via internet, i pagamenti P2P e le transazioni effettuate in negozi fisici utilizzando la tecnologia NFC (Near Field Communication).
Generalmente tutti i pagamenti che avvengono mediante l’utilizzo di una carta sono digitali. Sia se avvengono in modalità contactless, ovvero mediante carta fisica di credito, di debito o prepagata dotata di modalità senza contatto, sia se hanno luogo come mobile POS, pagamenti effettuati tramite hardware e software in grado di trasformare uno smartphone in uno strumento per accettare e fare pagamenti con carta.
Ma sono i pagamenti con smartphone a fare la parte del leone nel campo dei pagamenti digitali: gli acquisti che avvengono con addebito su carta di pagamento o borsellino elettronico, ascrivibili alla definizione Mobile Remote Commerce; il pagamento di utenze con addebito su e-wallet o carta, definiti come Mobile Remote Payment; il pagamento di un acquisto o una consumazione mediante tecnologia NFC o QR code con addebito su carta, borsellino elettronico o conto corrente bancario, definito Mobile Proximity Payment.
I dati dei pagamenti digitali in Italia
Secondo l’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia i pagamenti digitali continuano a crescere in Italia: nel 2021 hanno raggiunto i 327 miliardi di euro, con una crescita complessiva nell’anno pari al +22% rispetto al 2020.
Proprio il mobile wallet, ovvero lo smartphone che va a sostituire il portafoglio fisico e i wearable, utilizzati in maniera più specifica per il pagamento contactless, sono i protagonisti della trasformazione, che rende l’esperienza di pagamento in alcune situazioni ancora più veloce e semplice per il consumatore.
E qui entra in gioco una data simbolo quella dello scorso 30 giugno.
La data simbolo del Pos: 30 giugno
Il Pos come sistema di pagamento negli esercizi pubblici era già in vigore dal 2014, in base all’articolo 15, comma 4, dl 179/2012.
Ma esattamente 8 anni dopo, dal 30 giugno 2022 sono entrate in vigore le multe per gli esercenti non accettano pagamenti elettronici. Le sanzioni erano inizialmente previste a partire dal 2023, ma sono state anticipate con e il PNRR.
I soggetti obbligati ad accettare il Pos non solo soltanto gli esercenti, quindi commercianti che vendono prodotti al pubblico, ma anche professionisti che offrono servizi.
L’obbligo riguarda la maggior parte delle categorie dei consumi fuori casa, dalla ristorazione al bar,
La multa prevista per chi non accetta pagamenti con Pos consiste, in realtà, nell’applicazione di una doppia sanzione: la prima è di 30 euro; la seconda è la maggiorazione del 4% del valore della transazione elettronica rifiutata.
Perché di questo si tratta: la digitalizzazione del pagamento, anche quello più piccolo, va intesa come parte di un processo di trasformazione del proprio lavoro e quindi messa a profitto.
Open Banking: la svolta per la gestione dei pagamenti
Per capirlo facciamo un passo indietro, al 2016, anno della PSD2, la seconda direttiva sui servizi di pagamento recepita dagli Stati membri nei due anni seguenti.
La PSD2 ha cambiato il rapporto con i pagamenti e la gestione del denaro, i sistemi bancari si sono aperti, hanno cominciato a parlarsi, scambiarsi dati, hanno integrato il digitale, hanno adottato standard di autenticazione per autorizzare le operazioni bancarie e limitare il rischio di frodi e come risultato i clienti anno avuto offerte più personalizzate e costi inferiori.
Quale valuta? Anche la crypto
Ma qual è la valuta per i pagamenti digitali? Disambiguando (non stiamo infatti parlando del giorno di valuta per il trasferimento monetario: questo vale solamente per il bonifico) la risposta è semplice: qualsiasi, anche la criptovaluta.
Per spiegare partiamo da quella più nota, il bitcoin: non è solo un asset speculativo, ma anche uno strumento utilizzato per fare e ricevere pagamenti alternativi rispetto alla moneta con corso legale, la cosiddetta valuta fiat.
Bitcoin non è una moneta a corso legale riconosciuta da un governo nazionale o sovranazionale, ma può essere accettato come pagamento per estinguere un se il venditore. Per pagare in Bitcoin si tratta, dunque, di fare di un accordo tra le parti, su base volontaria.
La circolazione dei Bitcoin avviene attraverso i wallet, ossia i portafogli digitali, che consentono all’utente di gestire le proprie criptovalute, né più e né meno come accade con l’euro o i dollari.
Quindi, nulla osta a pagare in crypto, è solamente un tema di convenienza reciproca, fra venditore e acquirente. Convenienza che, a questo punto, si basa certo sul presupposto che entrambi ne facciano uso e poi che sempre entrambi amino la rapidità e la sicurezza della transazione garantita dalla blockchain.
Come riporta Coinmap, Bitcoin è già accettato da negozi, ristoranti, bar, hotel, b&b, luoghi di divertimento.
Ma non è l’unica criptovaluta e il pagamento con altre crypto può velocizzare ulteriormente le operazioni di pagamento.
Gli esercizi commerciali che decidono di accettare pagamenti in crypto hanno di fronte una grande opportunità per proporre una customer experience differente, innovativa, personalizzata, aperta.
Pagare a rate al tempo dell’inflazione: BNPL
Pagare in digitale, lo abbiamo detto all’inizio, fa rima con e-commerce.
Teniamo presente che secondo il nuovo rapporto «E-commerce in Italia» di Casaleggio e Associati, all’inizio di quest’anno la diffusione dell’online ha fatto superare i 45 milioni di utenti unici mensili, quindi tre cittadini su quattro.
Per Netcomm l’e-commerce oggi rappresenta il 20% del totale retail.
In Italia ci sono 33 milioni di acquirenti online, +9,6 milioni dal pre pandemia. E il 27% di chi compra nei negozi fisici compra anche online presso lo stesso venditore.
E secondo l’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia nel 2022 l’e-commerce B2C vale 45,9 miliardi di euro (+14% rispetto all’anno precedente), di cui 34 fatti dai prodotti e 11,9 dai servizi.
A crescere di più è il settore food e grocery e il tasso di penetrazione degli acquisti online è dell’11% e il 55% degli acquisti avviene tramite smartphone.
Percentuale alta, che risale alla prima metà dell’anno che che potrebbe essere aumentata dopo che la curva dell’inflazione ha registrato un’impennata.
Il rapporto fra BNPL e inflazione è sotto la lente e può osservato da un duplice punto di vista.
Sicuramente c’è il vantaggio per l’acquirente di un bene di consumo o un servizio, come una cena in un ristorante stellato o una vacanza in agriturismo, è quello di usufruire di un prezzo fissato prima degli aumenti.
Chi vende, di fatto, dilazionando il proprio introito in tre rate si assume l’onere di dilazionare di scontare l’inflazione, quindi punta le proprie carte sulla customer experience del cliente, sulla sua fidelizzazione. Fa, in sostanza, un investimento sulla propria futura capacità di business.
Per nulla trascurabile è anche la funzione sociale, di sostegno ai consumi: una spinta al Pil che in uno scenario economico che parla di recessione alle porte ha la sua valenza positiva.
Fonte: Money.it