HomePolitica Italiana

Lo zar italiano di tutte le Russie

Solo un uomo capace di dare del “tu” al potere economico e politico in più lingue come Antonio Fallico poteva, con la sua presenza, mediare il contatto tra la Camera di commercio, gli ospiti di peso presenti, l’industria italiana e il Cremlino per portare Vladimir Putin in persona a fare gli onori di casa.

Lo zar italiano di tutte le Russie

Nei giorni della tempesta energetica, della crisi russo-ucraina e del delicato voto per il Quirinale, su cui i partiti italiani su tutto sembravano ne

Sviluppo e declino della globalizzazione
Stati Uniti e Russia: una lunga storia fatta di false flag
La geopolitica tedesca alla prova con la crisi ucraina

Nei giorni della tempesta energetica, della crisi russo-ucraina e del delicato voto per il Quirinale, su cui i partiti italiani su tutto sembravano nelle prime ore scontrarsi fuorché sull’identikit euroatlantico del futuro inquilino del Colle, a Mosca è andato in scena un evento in totale controtendenza rispetti ai venti di guerra (calda? Fredda? Permanente?) spiranti sulle gelide lande sarmatiche. Vladimir Putin ha infatti chiamato a rapporto in videoconferenza gli ad e i top manager delle principali aziende italiane, incentivando la loro spinta a mantenere costanti investimenti, progetti e occupazione nella Federazione Russa. La lista dei partecipanti, svelata dal Financial Times, ha compreso tutto il gotha dell’imprenditoria italiana: Francesco Starace, ad di Enel, ha rappresentato le partecipate pubbliche nonostante il ritiro dell’ultimo minuto del collega di Eni, Claudo Descalzi. Presente Andrea Orcel, ceo di UniCredit, mentre per Generali è intervenuto il presidente Gabriele Galateri. A cui si aggiungono Andrea Clavarino di Coeclerici, Francesco di Amato di Maire Technimont, Gianpiero Benedetti di Danieli, Guido Barilla, Luigi Scordamaglia di Cremonini. Ma il nome più importante, come ponte tra Italia e Russia, è sicuramente il meno mediatico e chiacchierato. Stiamo parlando di Antonio Fallico, presidente della filiale russa di Banca Intesa e uomo di grande esperienza internazionale e negli affari. Tanto ben inserito negli ambienti della terra degli Zar che, si dice nei corridoi del potere e della finanza, due soli italiani possono vantare entrature paragonabili alla corte di Vladimir Putin: Silvio Berlusconi e Romano Prodi.

Siciliano, nato a Bronte nel 1945, ex docente all’Università di Verona, ove ha insegnato Economia e Commercio dal 1970 al 1989, Fallico è da decenni ben inserito nel sistema economico e di potere della Federazione Russa. Nel dicembre 2003 è nominato Presidente di ZAO Banca Intesa (Mosca) del gruppo Intesa Sanpaolo, ruolo che ricopre tuttora. Nel 2004 è nominato consigliere del Segretario Generale della Communità Economica Euroasiastica, a cui aderiscono Russia, Bielorussia, Kazakhstan, Tagikistan, Kyrgystan e Uzbekistan. Dal 2004 al 2008 ricopre il ruolo di Presidente dell’Associazione GIM-Unimpresa a Mosca (da aprile 2013 – Confindustria Russia), a cui aderiscono oltre 150 imprenditori italiani che operano in Russia. Nell’aprile 2008 ha ricevuto da Putin un’importante onorificenza, l’Ordine dell’Amicizia e un mese dopo è nominato Console onorario a Verona. Cattolico vecchia maniera, grande amico del presidente onorario di Intesa, Giovanni Bazoli, “ecumenico” per costituzione, Fallico ha fatto proprio della diplomazia umana, condotta con strette di mano, incontri felpati, reti di conoscenze il fattore di strutturazione di un sistema personale di conoscenze che dall’Italia arriva al Cremlino. E si è dimostrato tanto forte da resistere alla buriana della crisi più grave dell’era post-sovietica tra Russia e Ucraina.

È la corte di Fallico, prima ancora che quella di Putin, quella del gotha aziendale italiano che sfida le logiche della “Guerra Fredda 2.0” mentre l’Italia aspetta il futuro assetto di governo, il nuovo inquilino del Quirinale, l’esito della partita energetica, le notizie dall’Ucraina. Già manifesto ai tempi dei vari, calorosi Forum Euroasiatici di Verona in cui si sono saldati i rapporti economici italo-russi con un parterre d’eccellenza di ospiti. Per fare alcuni nomi, nel 2019 vi parteciparono Igor Seichin, ad di Rosneft, Emma Marcegaglia, presidente di Eni, l’ex ad del Cane a sei zampe Paolo Scaroni, l’ad di Sace Alessandro Decio, tutti convenuti nella città del console onorario, del “pontiere” d’Intesa San Paolo. Presente con maggior forza tanto più si tiene lontano da riflettori e prime pagine di giornale, a testimonianza della predominanza delle relazioni internazionali di singole personalità sulla politica economica e financo, in questo Paese sempre più introverso, su quella estera.

“Una narrativa semplicistica vuole la nostra relazione con la Russia filtrata dalla bonaria accoglienza che il “varietà” e la cultura pop del nostro Paese hanno in una terra attenta alle evoluzioni culturali del Belpaese da Donzellini ad oggi. Governi come quello ucraino del resto nulla hanno fatto per smentire questa narrativa, indicando come minacce alla propria sicurezza nazionale pericolosi sovversivi come Al Bano, Totò Cotugno o Pupo, recentemente dichiarato persona non grata da Kiev per le sue esibizioni in Crimea. Ma non esiste nulla di più sbagliato di questa supposizione: il partito degli italiani di Russia e dei russi d’Italia è forte e strutturato, e nei giorni del richiamo alla fedeltà atlantica e al legame dell’Italia al suo naturale campo di gioco (perimetrato, del resto, dalla dottrina presidenziale di Sergio Mattarella) si è organizzato per una prova di forza non indifferente. Con la sponda dello stesso Putin”.

Commenti