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La stretta monetaria anticipata rende attraente il debito emergente in valuta locale

Le banche centrali dei Paesi in via di sviluppo stanno combattendo l'elevata inflazione dal 2021, provocando un aumento accelerato dei rendimenti. Per i gestori di JP Morgan A.M., ciò crea ottime opportunità d'ingresso per gli investitori

La stretta monetaria anticipata rende attraente il debito emergente in valuta locale

Nella grande e violenta ondata di vendite sui mercati obbligazionari il debito delle economie emergenti denominato in valuta locale potrebbe rappresen

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Nella grande e violenta ondata di vendite sui mercati obbligazionari il debito delle economie emergenti denominato in valuta locale potrebbe rappresentare un ottimo punto di ingresso per gli investitori. Questo perché le banche centrali dei Paesi in via di sviluppo hanno giocato d’anticipo rispetto alle omologhe del blocco avanzato nella normalizzazione e nell’inasprimento della politica monetaria, rafforzando così la loro credibilità. A dirlo è il team globale di JP Morgan Asset Management responsabile del reddito fisso, delle valute e delle commodity.

Anche se il quadro fondamentale rimane contrastato e soggetto alle dinamiche internazionali, soprattutto lato Cina e Stati Uniti, i mercati emergenti potrebbero finalmente vedere la luce in fondo al tunnel della crisi innescata dalla pandemia. Le loro banche centrali sono state infatti le prime a combattere l’inattesa impennata dell’inflazione e oggi solo il 5% degli istituti sta tagliando i tassi. Ne è un esempio lampante l’istituto brasiliano che ha incrementato il suo tasso d’interesse di riferimento complessivamente di 300 punti base tra dicembre e febbraio.

“Nei Paesi che hanno seguito percorsi simili di inasprimento delle politiche monetarie, si cominciano a scorgere i primi segnali secondo cui l’inflazione potrebbe aver toccato il punto di svolta. Se, come prevediamo, l’inflazione comincerà a rallentare nel primo semestre dell’anno, i titoli in valuta locale dei mercati emergenti dovrebbero iniziare a risultare più interessanti per gli investitori”, hanno dichiarato i gestori di Jp Morgan.

Inoltre, le valute dei mercati emergenti “continuano a essere convenienti e sottoinvestite rispetto ai dati storici. Il maggiore margine di protezione integrato oggi nei rendimenti dei mercati emergenti ha consentito alle valute emergenti di sovraperformare da inizio anno, mentre nello stesso periodo le valute del G10 si sono deprezzate”.

Nel corso del 2021 gli interventi proattivi delle banche centrali dei Paesi in via di sviluppo hanno spinto al rialzo i rendimenti in tutti i segmenti delle obbligazioni emergenti in valuta locale. “Tale contesto ha portato a una notevole creazione di valore, con un aumento significativo dei rendimenti dei titoli di Stato delle suddette economie in valuta locale, sia in termini assoluti che rispetto ai tassi core. Ad esempio, i rendimenti brasiliani sono saliti dal 6,9% di dicembre 2020 all’11,1% (al 31 gennaio 2022)”.

In secondo luogo, “i rendimenti reali ex-ante dei mercati emergenti (che scontano attese di inflazione moderata) sono prossimi ai massimi storici. Ci sembra, inoltre, che i titoli emergenti in valuta locale stiano raggiungendo valutazioni convenienti rispetto ai titoli di Stato in valuta forte, mentre l’interessante profilo rendimento/duration del mercato emergente in valuta locale (rendimento 6,1% contro una duration di 5,2 anni) offre notevoli opportunità di valore e reddito nel contesto del reddito fisso globale”.

Oltre all’ottima situazione in termini di valutazione, gli esperti di JP Morgan A.M. sostengono che anche il quadro tecnico gioca a favore del debito emergente. “Il secondo semestre del 2021 ha registrato deflussi costanti dai fondi emergenti in valuta locale, risentendo dei commenti incessantemente negativi dei media che hanno scoraggiato gli investitori. Questi deflussi hanno fatto seguito al contesto di sottoscrizioni generalmente fiacco degli ultimi anni che, rispetto al passato, ha ridotto notevolmente la presenza di obbligazioni emergenti in valuta locale nei portafogli degli investitori esteri.

Se si prende una media semplice di tutti i Paesi emergenti, si vede che la proprietà estera è all’incirca del 19%, cioè notevolmente inferiore al picco del 25% circa raggiunto nella fase successiva al “taper tantrum” (dati aggiornati a dicembre 2021)”, hanno spiegato i gestori. Tuttavia, “nelle ultime settimane abbiamo visto un rallentamento dei deflussi e qualche timido segnale di flussi positivi”. Pertanto, “in attesa che l’inflazione cambi rotta nell’ultimo scorcio del primo semestre del 2022, i portafogli globali potrebbero iniziare a investire nelle obbligazioni emergenti in valuta locale spuntando prezzi convenienti”.

Certo, la società statunitense ha ricordato la permanenza di rischi idiosincratici in diverse regioni. Si pensi alla crisi immobiliare cinese e alle tensioni geopolitiche tra Russia e Ucraina. Tuttavia, “riteniamo che questi rischi siano contenuti e che difficilmente possano propagarsi al mercato del debito emergente”.

Fonte: Milano finanza.it

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