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Al via il più grande quantitative tightening della storia: Morgan Stanley 2 miliardi di dollari di stimoli in calo in 12 mesi

Da maggio 2022 a maggio 2023 il broker prevede che i bilanci delle banche centrali del G4 si ridurranno di 2 trilioni di dollari, quattro volte il più grande calo mai registrato in 12 mesi, dal 2018 al 2019. Meglio rimanere cauti nei confronti della duration e dei prodotti a spread investment grade. Meglio il petrolio dell'oro. Una Bce più aggressiva è un bene per l'euro e le azioni europee in generale, banche in primis

Al via il più grande quantitative tightening della storia: Morgan Stanley 2 miliardi di dollari di stimoli in calo in 12 mesi

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Se sei un fan del football americano, i playoff di quest’anno sono stati tra i migliori nella storia di questo sport. Le ultime sei gare sono state tutte decise spesso all’ultimo secondo. Un buon promemoria: bisogna rimanere fino alla fine. È quanto sottolinea Andrew Sheets, strategist di Morgan Stanley in una nota, osservando che tra l’ora di pranzo di mercoledì 24 gennaio e lo scorso mercoledì, 2 febbraio, è prevalsa una sensazione: “ce l’abbiamo fatta”. Sì, l’inflazione ha sorpreso al rialzo. Sì, i dati chiave erano deboli. Sì, le banche centrali stanno diventando più aggressive. Sì, i rendimenti sono in aumento. Tuttavia, grazie ai buoni utili e ai flussi dei fondi, le azioni globali sono scese solo del 3%.

“Molto bene. Si è tentati di pensare che questa sia la fine della storia. Ma è probabile che la realtà sia più complicata. Questo è solo l’inizio del gioco. Una quantità record di stimoli sta per essere ritirata dall’economia globale. Parte del ritiro avverrà attraverso la politica monetaria. Questo cambiamento ha due aspetti: invertire i tassi ufficiali più bassi della storia e invertire i più grandi acquisti di obbligazioni delle banche centrali della storia. Sai, cose semplici”, dice ironicamente Sheets.

Da maggio 2022 a maggio 2023, l’esperto di Morgan Stanley prevede che i bilanci delle banche centrali del G4 si ridurranno di 2 trilioni di dollari, quattro volte il più grande calo mai registrato in 12 mesi, dal 2018 al 2019. Se ciò non bastasse, le banche centrali devono progettare questo ritiro, mentre la disoccupazione è storicamente bassa e l’inflazione è storicamente alta. “Si sente spesso dire che le banche centrali forniscono ai mercati un backstop, o “put”, dato il loro desiderio di evitare condizioni finanziarie più restrittive. Ma le banche centrali ora devono bilanciare questa preoccupazione con i loro mandati”, continua lo strategist di Morgan Stanley.

Altri fattori suggeriscono molti colpi di scena e presto. “Il primo trimestre di quest’anno vede il rischio maggiore per le nostre stime di crescita, le letture più elevate per l’inflazione e la maggior concentrazione di rischio geopolitico”, ha indicato l’esperto di Morgan Stanley. “Il secondo trimestre potrebbe sembrare molto diverso, con i nostri economisti che prevedono un rimbalzo della crescita negli Stati Uniti e in Cina, insieme a un calo dell’inflazione. Poi nel secondo semestre ci sarà un calo record dei bilanci delle banche centrali”.

Per gli investitori cosa comporta tutto ciò? “Rimaniamo cauti nei confronti della duration e dei prodotti a spread investment grade, ritenendo che entrambi abbiano una sensibilità sproporzionata a questi cambiamenti di politica monetaria, con una maggior incertezza su dove si trovi il “fair value” senza la generosità della banca centrale”, ha spiegato Sheets per il quale altre aree del mercato sembrano più promettenti. “Mentre la Bce è stata sorprendentemente aggressiva questa settimana, questa è probabilmente una buona cosa per l’euro, le banche europee e persino le azioni europee in generale”, ha evidenziato.

Le azioni europee hanno fatto meglio quando l’euro è salito, forse perché tali contesti tendono a riflettere una forza economica e una “normalità” più relative. Anche le valutazioni contano; nonostante i tassi bassi e il Qe, le azioni in Europa e nel Regno Unito sono scambiate a valutazioni inferiori rispetto a cinque anni fa. Anche le azioni in Giappone, Brasile e Corea sono scambiate su valutazioni simili o inferiori rispetto a cinque anni fa, suggerendo un rischio minore quando il Qe si inverte.

La maggior parte delle valute si è deprezzata rispetto al dollaro, motivo per cui gli strategist valutari di Morgan Stanley hanno recentemente aggiornato il rating sulle valute emergenti a neutrale. E per quanto riguarda le materie prime, “pensiamo che i solidi fondamentali dell’energia possano aiutare a superare quest’inversione di liquidità. Continuiamo a preferire il petrolio rispetto all’oro”, ha aggiunto Sheets, concludendo: “gennaio è stato ricco di eventi. Anche febbraio lo è stato. Sebbene i problemi che il mercato deve affrontare quest’anno siano chiari, il loro impatto e la loro tempistica sono incerti e continueranno a manifestarsi nel corso dell’anno. Questo è l’inizio di un’inversione politica storica, non la fine. C’è ancora molto da giocare. Buona fortuna!”.

Fonte: Milanofinanza.it

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