Italia Vs Germania: l’industria tricolore tiene (per ora), in arrivo la svolta giapponese. L'Italia si trova di fronte a un sussulto imprevisto
L’Italia si trova di fronte a un sussulto imprevisto nella sua produzione industriale, un raggio di luce che squarcia il cupo velo di questi tempi molto liquidi a livello economico (la recessione del Giappone era prevista, per quanto tecnica è la crepa d’un modello che ha Toyota come motore inceppato)
Tuttavia, su scala annuale, il quadro è meno roseo. A dicembre, la produzione industriale italiana è scivolata del 2,1%, segnando l’undicesimo periodo consecutivo di declino, ma con una flessione meno marcata rispetto ai mesi precedenti. Nel complesso del 2023, la produzione è diminuita del 2,5%, un netto contraccolpo rispetto all’incremento dello 0,4% del 2022. I trimestri si sono succeduti con cali ciclici, eccezion fatta per un timido risveglio nel terzo trimestre. La Germania nel mentre vive uno stato di stagnazione da un periodo ormai considerevole, ma questo non è un fenomeno isolato. Anche le economie europee di seconda fascia, più dinamiche (ma spesso con andamenti ad onde, come non ricordare la bolla irlandese…) come la Spagna, frenano e non danno segni di ripresa.
A dicembre 2023, la produzione industriale in Spagna ha registrato un calo dello 0,2% rispetto all’anno precedente, segnando una frenata dopo l’incremento dello 0,9% riveduto al rialzo nel mese precedente, come anticipato dagli analisti.
Particolarmente preoccupante è il declino nei settori dei beni di consumo, con una contrazione dell’3,6% rispetto al -1,4% di novembre, soprattutto nei beni durevoli (-6% rispetto al 3,4%) e non durevoli (-2,1% rispetto al -1,5%). Un dramma per un Paese che punta tutto su servizi e turismo (atteggiamento economico di seconda e terza fascia, che qualcuno vorrebbe imporre in Italia).
Tuttavia, si registrano piccoli segnali di vitalità in settori come l’energia (+1,9% rispetto al +2,1%), i beni strumentali (+0,2% rispetto al +5,7%) e i beni intermedi (+0,1% rispetto al -1,6%). Su base mensile, la produzione industriale ha subito una contrazione dello 0,3% a dicembre, dopo l’incremento dell’1,1% rivisto al rialzo nel mese precedente. Nel complesso del 2023, la produzione industriale ha subito un ribasso dell’0,8%, un dato allarmante per una potenza medio-piccola e non ai livelli degli standard G-7. Ma è Berlino a destare maggiore preoccupazione.
La Germania, da decenni simbolo di potenza economica europea, si trova oggi ad affrontare una sfida titanica mentre il suo pilastro industriale vacilla. Le cifre non mentono e la situazione è tutt’altro che rosea.
A novembre 2023, la produzione industriale tedesca ha subito un’ulteriore contrazione dell’0,7% rispetto al mese precedente, intensificando il declino già evidenziato dal -0,3% registrato a ottobre.
Sono sei i mesi consecutivi di declino industriale che vanno a concludere il settimo trimestre senza alcun segno di ripresa. I settori chiave, come i beni strumentali, i beni intermedi e i beni di consumo, hanno subito contrazioni significative, delineando un quadro fosco.
Anche al di fuori dell’ambito industriale, i segnali non sono confortanti. Sebbene la produzione di energia (Berlino ha nazionalizzato le aziende energetiche, fuori bilancio come abbiamo raccontato più volte SPY GERMANIA/ 770 mld di aiuti illegali, c’è qualcuno che sanzionerà Berlino? (ilsussidiario.net) ) abbia registrato un modesto aumento del 3,9%, il confronto trimestrale evidenzia una diminuzione dell’1,9% nel periodo settembre-novembre 2023 rispetto al triennio precedente.
Guardando alla fotografia annuale, il quadro è ancor più desolante, con un crollo del 4,8% rispetto all’anno precedente, il peggiore degli ultimi tre anni. Anche considerando il periodo turbolento causato dalla pandemia da Covid-19, non si era mai assistito a un declino così prolungato e inesorabile della produzione industriale.
È chiaro che la crisi economica tedesca è una realtà palpabile, ma il governo sembra incapace di reagire adeguatamente. Bloccato tra le strettoie dell’austerità e le richieste della retorica ambientalista, sembra non trovare una via d’uscita dalla spirale discendente dell’industria nazionale.
L’Italia invece non arranca. Nel gennaio del 2024 invece la produzione industriale italiana ha registrato una crescita dell’1,1%, ribaltando il precedente calo dell’1,3% di novembre e sorpassando le prudenti previsioni di mercato che la stimavano in aumento dello 0,9%. Sono cifre importanti che però mettono il nostro Paese dinanzi ad un dilemma: come dare una svolta?
Analizziamo il balzo in avanti, guidato principalmente dai settori dei beni di consumo (+3% rispetto al -1,6% precedente), dei beni strumentali (+1,6% rispetto allo stagnante 0%) e dei beni intermedi (+0,8% rispetto al -1,8% precedente). Anche il calo nei beni energetici è stato meno pronunciato (-2% rispetto al -4,1% precedente). La partnership con il Giappone potrebbe far volare la nostra industria.
Elevare le relazioni a rango di partenariato strategico le relazioni con il Giappone significa gettare le basi per un legame più stretto e profondo tra due nazioni, che va al di là delle consuete relazioni diplomatiche e commerciali. È un passo significativo che simboleggia un impegno reciproco verso obiettivi comuni e una collaborazione più stretta su questioni di importanza strategica.
Roma e Tokyo, entrambe potenze economiche e politiche nel contesto globale come membri del G7 e del G20, hanno recentemente esaminato diversi dossier cruciali che stanno plasmando il futuro delle relazioni internazionali. Dal legame tra Euro atlantico ed Indo Pacifico, all’aggressione russa in Ucraina, fino alla crescente minaccia cinese nel Pacifico, i leader politici hanno confrontato le sfide congiunte e le opportunità di cooperazione.
In questo contesto, la partnership tra Italia e Giappone si rafforza ulteriormente, abbracciando settori chiave come quello industriale, tecnologico e culturale. Con uno scambio commerciale che ammonta a 12 miliardi di euro all’anno, la partnership bilaterale si consolida, aprendo nuove frontiere di collaborazione. Il settore industriale italiano dell’auto, ad esempio, può trovare una via di fuga in Oriente, proprio in Giappone. Toyota (da sempre ambasciatrice del soft power industriale nipponico) sarebbe interessata ad una forte partnership con aziende italiane, a questo punto Stellatis potrebbe anche “spacchettarsi” e mantenere italiano l’asse con Usa e Giappone, grazie all’intermediazione dello Stato italiano, di fatto scaricando la parte francese. In questo modo l’Italia tornerebbe a produrre più d’un milione di veicoli in loco e sfrutterebbe la forza di Toyota in Asia (viceversa i giapponesi avrebbero da rivendersi il design italiano oltre alle flotte di camion Iveco). Paesi agli antipodi hanno interessi divergenti e non in competizione ma se collaborano possono emergere nei rispettivi continenti.
Rilevante il settore della difesa, dove è stato avviato un ambizioso programma di sviluppo di un veicolo di sesta generazione, in collaborazione con il Regno Unito e sempre il Giappone, e il cui successo ha spinto le tre nazioni a elevare le loro relazioni al livello di un partenariato strategico. Questo passo avrà ampie ripercussioni, aprendo nuove opportunità di cooperazione e consolidando ulteriormente i legami tra Italia, Giappone UK.
Con il Giappone che detiene attualmente la presidenza del G7 e con un vertice in programma a Hiroshima dal 19 al 21 maggio, si prospettano ulteriori sviluppi nella cooperazione tra le due nazioni, in settori che vanno dall’economia al commercio, fino alla sicurezza. La partnership strategica non solo promette di rafforzare i legami esistenti, ma anche di aprire nuove vie per la collaborazione, tra cui la diplomazia, gli investimenti, le infrastrutture ferroviarie e persino il settore cinematografico, come testimoniato dalla recente firma di un accordo di coproduzione cinematografica.