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L’Arte della fuga

L’Arte della fuga

Per gentile concessione del Nuovogiornalenazionale.it  Non era stato mai chiaro in genere cosa potesse o dovesse farsi, come agire… Tanto più in qu

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Per gentile concessione del Nuovogiornalenazionale.it 

Non era stato mai chiaro in genere cosa potesse o dovesse farsi, come agire… Tanto più in quello che veniva chiamato il giorno del riposo, lo shabbat! Peraltro, da qualche tempo e al di fuori del tempio frequentato dagli uomini, si aggiravano alcuni sacerdoti portatori di un nuovo credo religioso chiamato transumanismo. La loro fede, immersa come tutte e come tutti gli uomini nel continuum, suggeriva che il tempo si sarebbe fermato e l’uomo nuovo, postumano, sarebbe diventato quello stesso tempio, eterno, in cui tutti gli altri sacerdoti, essi stessi, avevano finora assai lungamente discusso. Perché questo fanno i sacerdoti: discutono secondo ciò che essi chiamano spirito.

In un passato, che sembrava ora lontano, questi sacerdoti – chiamati poi filosofi dalle popolazioni della penisola greca – discutevano e così profetavano, talvolta fingendo anche d’interpretare il volo degli uccelli o inscenando altre pratiche magiche. E tuttavia, questi oracoli, così chiamati invece da un saggio di nome Plutarco, questi “veri” oracoli altro non facevano e non hanno sempre fatto che discutere.

Dicevano andrai ritornerai non morirai in guerra… E se l’orante fosse tornato, avrebbero avuto ragione. Allo stesso modo che se l’orante non fosse tornato. Perché il torto o la ragione, entrambi, appartengono a loro in esclusiva, e cioè – è saggio ripeterlo: ai sacerdoti, ai maghi, ai filosofi e agli oracoli. Plutarco tuttavia annunciava che il tempo degli oracoli fosse finito. Ma anche lui si sbagliava…

Il tempo della previsione infatti non finisce mai. Salvo che i transumanisti riescano in qualche modo ad azzerarlo. Secondo codesti nuovi sacerdoti non dovrebbe più esistere alcun riposo, ma un’azione energetica inevitabilmente continua, essendo il continuum l’unica fede autentica che accomuna tutti gli uomini. Un’azione energetica non più dettata dagli uomini, ma dalla memoria delle macchine, cosa che in futuro si vedrà se accade…

In definitiva, nel tempo attuale, è saggio pensare che il “sogno” rimane sempre lo stesso, comune a Dio e all’Uomo, così come appartenuto sin dall’inizio – o principio della storia – alla Figlia, di cui è detto nel mito dei Catlo’ltq della Columbia Britannica, che “era pigra e se ne stava sempre a dormire”. Se non fosse stato per quel suo padre, che “si adirò e le disse: ‘Non startene sempre a dormire; prendi invece il tuo arco e la tua freccia e colpisci l’ombelico dell’oceano, così che noi si ottenga il fuoco’”.

E dunque il fuoco fu e penetrò nel tempio degli uomini durante quello che era celebrato e santificato come il giorno del riposo, lo shabbat. L’evento colse e prese tutti di sorpresa, perfino coloro che – sacerdoti, maghi, filosofi e oracoli – in qualche modo avevano preveduto che potesse in un futuro accadere. Lo sgomento, più che la sorpresa, riguardava però le conseguenze di quell’accadimento per cui il fuoco sembrava avesse squarciato il velo del tempio. Sarebbe stato il caso – disse un certo Epicuro – o l’impulso – ribadì il saggio Plutarco – o la volontà – aggiunse il novizio di nome Giuda – di fare qualcosa?

Plutarco – che tutti avevano imparato ad ascoltare, a eccezione del novizio Giuda – disse che ognuno avrebbe dovuto comportarsi come meglio ritenesse per se stesso. Ma, nello stupore generale, Giuda prendendo la parola osò dire che, nonostante fosse il giorno sacro del riposo, tutti avrebbero dovuto darsi da fare per porre rimedio all’evento e garantirsi la propria salvezza.

In un angolo del tempio sedeva un fanciullo, intento a leggere un rotolo di pergamena. Il suo nome era Giorgio, come il nome di quel santo a cui i cristiani hanno affidato poi il compito di tagliare la testa a serpenti, draghi e altre bestie luride e immonde. Egli si alzò dal suo seggio e disse: gli uni e gli altri, perché esitate? Se la questione riguarda cosa non occorra affatto fare nel giorno del riposo, mi sembra anche puerile farvi notare che la vita o la morte di noi tutti agisce comunque e a noi non resta altro che fuggire continuamente.

Giuda ebbe immediatamente un sussulto emotivo, credendo che il fanciullo gli avesse dato ragione nel cercare un rimedio alla situazione cogente, fosse stato anche il tentativo, che il fanciullo diceva, della fuga. Ma, Giuda il traditore si sbagliava. Egli non solo non comprendeva la tradizione del saggio Plutarco ma neanche il detto del portentoso fanciullo.

Questo “Fanciullo Miracoloso” aveva voluto dire ben altro. A dispetto – per i cristiani – del suo nome santo, egli aveva inteso dire che esiste un unico rimedio possibile a coloro e ancor prima e in genere a tutte le situazioni, quale che sia, che, istante per istante, eternamente, continuamente, ti impediscono di riposare. Egli aveva inteso dire che, contrariamente a quanto comunemente si diceva e si ribadisce: non esiste, a memoria degli uomini, un solo istante di riposo. In quello stesso istante, che il Fanciullo Miracoloso diceva questo, Giuda intervenne di nuovo e, come un qualsiasi tagliatore di testa, interrompendo di nuovo, disse: e allora, è come dico io!

No, ribadì con pazienza, il Fanciullo: sbagli anche tu, come e anche più di tutti quanti gli altri! Perché non avete ancora compreso il senso e il significato della “vera” fuga. E rivolto agli astanti: sono anch’io un ebreo come voi. Anche a me è già capitato di vivere l’esperienza dell’esilio. Ho vissuto in una località che molti hanno chiamato “Il Mondo Nuovo”, al solito, che molti chiamano America, in un paese di nome Boston. Lì ho studiato e ho capito che gli uomini, scettici o stoici che si dimostrino, sono – in verità per la loro stessa “condizione”, come suggerisce un’altra connazionale di nome Hannah Arendt – eternamente in fuga.

Se tu Giuda vuoi davvero comprendere cosa ho inteso dire, se voi tutti volete davvero comprendere cosa ho inteso dirvi, e allora vi suggerisco di leggere questo libro che io stesso continuo a leggere dall’inizio e rileggerò, così credo, fino alla fine.

L’incipit è questo: Questo lavoro intende essere semplicemente un saggio: una prima perlustrazione di un regno quasi mai esplorato e registrato sulle carte. Da qualunque parte vi si penetri, si rimane prigionieri della stessa sconcertante complessità circolare, come all’interno di un labirinto: esso non possiede, infatti, un ordine deduttivo in senso astratto, ma assomiglia piuttosto a un organismo tenacemente racchiuso in sé, o meglio ancora, a una monumentale “Arte della fuga”.

E fu in quell’esatto istante che il “venerando e terribile” Parmenide, alzatosi dal suo seggio, disse: Allora di via resta soltanto una parola, che “è”.

A cura di Angelo Giubileo

Fonte: https://www.nuovogiornalenazionale.com/index.php/italia/cultura/6131-l-arte-della-fuga.html

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