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La Scandinavia è il paradiso delle startup

La Scandinavia è il paradiso delle startup

Sono 430 le scaleup (cioè le startup che ce l’hanno fatta) scandinave, capaci di raccogliere oltre 6 miliardi di dollari nel 2015 e di muovere lo 0,5%

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Sono 430 le scaleup (cioè le startup che ce l’hanno fatta) scandinave, capaci di raccogliere oltre 6 miliardi di dollari nel 2015 e di muovere lo 0,5% del PIL

1451300143_Copenhagen-600x335Magari non sarà ideale per l’agricoltura, ma quando si tratta di seminare idee e raccogliere capitali il terreno della Scandinavia è il più fertile d’Europa. A sostenerlo è la Startup Europe Partnership, piattaforma voluta dalla Commissione europea per sviluppare l’ecosistema startup del Vecchio Continente, che questa mattina (2 giugno) ha presentato il rapporto “Northern Lights: Ict scaleups in the Nordics”.

Una relazione che ha censito le scaleup, ovvero le startup che sono diventate “grandi” consolidando il loro modello di business e raggiungendo il traguardo del milione di euro di fatturato annuo, nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in cinque Paesi del nord Europa: Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda. Quello che emerge dallo studio condotto dal gruppo guidato dall’italiano Alberto Onetti è che il cuore dell’innovazione europea batte in Scandinavia.

Sono 430 le aziende innovative di queste dimensioni censite nel rapporto, più delle 413 contate tra Francia e Germania.

E addirittura il doppio rispetto alle 218 cresciute tra Italia, Spagna e Portogallo. “Questo significa”, si legge in una nota che ha accompagnato la pubblicazione del rapporto, “che nei Paesi del Nord si registrano in media 1,6 scaleup ogni 100mila abitanti, due volte e mezza quelle presenti nel Regno Unito”. O ancora “sei volte in più di quelle dell’Europa continentale, nove volte in più di quelle degli Stati del sud”. È la Svezia a guidare la classifica, con 149 realtà, seguita dalla Finlandia (126) e dalla Danimarca (96). Più indietro la Norvegia con 44 e l’Islanda con 15.

Non è però soltanto una questione di numero di aziende presenti. La forza delle scaleup scandinave sta anche nella loro capacità di attirare capitali. Nel solo 2015 sono riuscite a raccogliere qualcosa come 6,5 miliardi di dollari, l’84% dei quali sono arrivati da fondi di venture capital, specializzati nel finanziamento delle startup, mentre il resto è stato raccolto sul mercato azionario. Certo, in numeri assoluti si tratta di una somma decisamente bassa rispetto agli oltre 11 miliardi che hanno sostenuto le aziende inglesi o ai 9,7 che hanno finanziato quelle di Francia e Germania, mentre Italia, Portogallo e Spagna hanno dovuto accontentarsi di 2,4 miliardi. Il dato balza però all’occhio se lo si confronta con il prodotto interno lordo. La quota che i Paesi del nord hanno destinato a sostenere le scaleup è pari allo 0,5% del Pil: nel Regno Unito siamo allo 0,42%, tra Berlino e Parigi non si va oltre lo 0,15%, nel sud Europa ci si ferma addirittura allo 0,06%.

File photo dated 11/06/14 of the Spotify App an Apple iPad, as award-winning Ed Sheeran has supported the levels of payments made to artists by streaming service Spotify and pointed the finger at record labels for poor returns.

È il settore dei media quello che, con 1,1 miliardi di dollari raccolti, rappresenta il più grande collettore di capitali. Un risultato raggiunto in massima parte grazie a Spotify, la piattaforma svedese dedicata allo streaming musicale, capace di raccogliere da sola 1 miliardo di dollari. È invece il settore dei giochi digitali quello più florido: sono 40 le scaleup censite da Sep che hanno ottenuto complessivamente finanziamenti per 900 milioni. Tra queste svettano la svedese King.com, l’azienda che ha creato Candy Crush Saga, e la finlandese Supercell, alla quale si deve Clash of Clans. Ancora, sono 70 le scaleup che sviluppano software, come la danese Zendesk, ma in questo caso il capitale raccolto non supera i 600 milioni di dollari. Altre verticali interessanti sono quelle della finanza, con 25 aziende che hanno ottenuto finanziamenti per 700 milioni e la produzione di hardware, dove 36 realtà ne hanno raccolti 600.

Poi ci sono le exit, ovvero le realtà che sono state acquisite da aziende tradizionali. Un destino che negli ultimi cinque anni ha accomunato ben 205 scaleup, la maggior parte delle quali, ben 79, è nata in Svezia. In linea con quanto avviene nel resto d’Europa, il 40% di queste compravendite ha visto come acquirenti compagnie basate negli Stati Uniti. Il dato che sorprende è che la stessa percentuale ha riguardato acquisti effettuati da aziende scandinave, segno che le imprese del nord Europa hanno compreso il potenziale di innovazione delle startup e hanno deciso di farlo proprio. Aspetto ancora più interessante se si considera che il 60% delle 430 scaleup censite nel rapporto ha iniziato la propria attività dopo il 2010. Un ecosistema giovane, dunque, quello scandinavo, ma già capace di attirare l’attenzione dei mercati.

Fin qui i risultati. Ma quali sono le condizioni che li hanno resi possibili? “La risposta è il tempo”, spiega a Wired Onetti, “ci sono Paesi come la Finlandia, la Svezia e la Danimarca che hanno iniziato da anni a lavorare sull’innovazione con strumenti adatti e ora stanno raccogliendo i frutti di questo impegno”. In Gran Bretagna, Francia e Germania solo la metà delle scaleup è nata dopo il 2010, in Scandinavia si sale al 60%. “Nel sud Europa la percentuale è ancora più alta, questo significa che i numeri arriveranno, mentre nel nord hanno già iniziato a raccogliere quanto seminato”.

Oltre alla validità delle idee alla base delle aziende e alla capacità di strutturarle a livello industriale, “ci sono campioni come Spotify, capaci di raccogliere capitali consistenti. E poi c’è un sistema che lavora bene, anche a livello di politiche: se guardiamo a come è stato gestito il post Nokia, vediamo una realtà che, a fronte della caduta del gigante più rappresentativo, ha saputo girare questo crollo in termini positivi, gestendo gli spin off (le aziende nate da personale in uscita dal colosso finlandese della telefonia mobile, ndr) e implementando politiche di sostegno alla creazione di nuove aziende e all’integrazione con l’università”. Questi insomma gli ingredienti della ricetta che ha trasformato la Scandinavia nella Silicon Valley europea.

Fonte: wired.it

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