Fonte: Formiche.net Yacimientos de litio bolivianos (Ylb), impresa pubblica attiva nel settore estrattivo creata nel 2017, ha firmato un accordo co
Fonte: Formiche.net
Yacimientos de litio bolivianos (Ylb), impresa pubblica attiva nel settore estrattivo creata nel 2017, ha firmato un accordo con Uranium One, sussidiaria del colosso russo nel settore nucleare, Rosatom, per la produzione di carbonato di litio dai giacimenti situati nella regione a sud-ovest del paese sudamericano, nella regione di Pastos Grandes.
“L’accordo si prospetta come la base di una cooperazione a lungo termine tra Bolivia e Russia” ha dichiarato il ceo della compagnia russa, Kirill Komarov, sottolineando l’iniziativa come il primo progetto oltreoceano finanziato da Rosatoma nell’industria del litio. L’implementazione del progetto consentirà di creare un ciclo di estrazione e lavorazione del litio completamente integrato in Bolivia. Le tecnologie russe, si legge nella nota rilasciata a margine, che verranno impiegate sono altamente efficienti ed economicamente e ambientalmente sostenibili.
Uno scenario che si fa molto rischioso considerando gli avvertimenti dei produttori di litio a livello globale, con carenze di litio (sia il materiale grezzo, ma anche e soprattutto l’idrossido di litio, in qualità e purezza utile ai battery makers) che potrebbero raggiungere le 500.000 tonnellate di deficit tra domanda e offerta, rallentando così la corsa all’elettrificazione del parco auto. I grandi marchi globali si stanno così muovendo per assicurarsi le forniture necessarie, nonostante la rincorsa sia appena iniziata rispetto ai competitor cinesi.
Ed è proprio grazie all’expertise accumulata in circa un decennio di investimenti ed esplorazioni all’estero che la controparte cinese ha posto le basi per un vantaggio competitivo nella corsa globale all’oro bianco, che oggi si fa più serrata per la forte penetrazione dei veicoli elettrici a batteria e degli accumulatori. Nel caso di Rosatom, l’inserimento di un colosso dell’energia nucleare in questa partita ci dice due cose: da una parte, e in via ipotetica, non stupisce considerando il core business dell’azienda, dal momento che il litio è un elemento strategico perché utilizzato (seppur in quantità minime rispetto al suo attuale consumo globale) in alcune tipologie di reattori nucleari. Un indizio in questa direzione potrebbe essere l’annuncio, lo scorso gennaio, di Rosatom per la spedizione e l’installazione di un reattore in Bolivia presso il Center for Research and Development in Nuclear Technology (Cidtn) a La Paz. Secondo quanto riportato da una fonte locale, il Cidtn farebbe parte di una serie di accordi che il governo boliviano e il Cremlino avrebbero firmato a Mosca nel 2019 in materia di energia, sicurezza e sfruttamento del litio.
Vi è poi, e non di secondo piano, l’aspetto geopolitico. La visita, lo scorso aprile, di Laura Richardson, comandante in capo dell’US Army Southern Command, in un tour dell’America Latina ha di fatti segnalato la preoccupazione americana della crescente influenza cinese, e ora russa, nel cortine di casa: un fatto ancor più destabilizzante considerando la rilevanza di Cile, Argentina e appunto Bolivia negli equilibri commerciali globali per l’industria del litio, e non solo. Nella conferenza stampa a termine di un bilaterale tra Rogelio Mayta, ministro degli Esteri boliviano, e il sottosegretario agli Esteri americano con delega all’Emisfero Occidentale, Mark Wells, convocato con urgenza dopo le dichiarazioni della Richardson che aveva dichiarato “pericoloso” che le riserve sudamericane finissero sotto il controllo di Cina e Russia, il governo della Bolivia aveva intimato agli Usa di “rispettare il diritto sovrano e democratico a decidere sull’uso delle sue risorse naturali”.