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Svezia e Finlandia: nasce la Nato del 5G

Con Svezia e Finlandia pronte ad entrare nella Nato sotto l’ombrello di sicurezza dell’Alleanza possono finire le due uniche aziende occidentali in grado di tener testa a Huawei e le cinesi nella corsa al 5G. Una tecnologia chiave per Bruxelles che ora vuole mettere al sicuro i suoi network

Svezia e Finlandia: nasce la Nato del 5G

Una Nato del 5G, pronta a scendere in campo nella competizione tecnologica con la Cina. È l’effetto indiretto della guerra scatenata da Vladimir Putin

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Una Nato del 5G, pronta a scendere in campo nella competizione tecnologica con la Cina. È l’effetto indiretto della guerra scatenata da Vladimir Putin in Ucraina. L’ingresso di Svezia e Finlandia nell’alleanza dell’Atlantico del Nord, previsto per il prossimo autunno, cambierà volto alla Nato anche sul fronte tech. Stoccolma ed Helsinki possono portare in dote a Bruxelles asset fondamentali. A partire dagli eserciti, con una riserva senza uguali, un’aviazione e una marina militare eccellenti.

Sono però anche i due bastioni occidentali di un’altra contesa che si gioca in un campo diverso. Quella con la Cina per la supremazia della rete 5G, la tecnologia più sensibile per la sicurezza nazionale al centro di una dura competizione tra Washington e Pechino. Svezia e Finlandia sono infatti le patrie dei due più grandi fornitori occidentali di 5G, Ericsson e Nokia. Gli unici in grado di tenere testa alle cinesi Huawei e Zte, messe al bando da Stati Uniti e Regno Unito con l’accusa di spionaggio per il governo cinese.
Portare i due colossi europei sotto l’ombrello di sicurezza della Nato non è un dettaglio. Un anno fa, il summit della Nato a Bruxelles a giugno si concludeva con l’invito ad “accelerare la cooperazione tecnologica tra alleati, promuovere l’interoperabilità e incoraggiare lo sviluppo e l’adozione di soluzioni tecnologiche per rispondere alle nostre esigenze militari”.

Per la Nato blindare i network operativi usati per comunicare informazioni sensibili tra alleati è una priorità. C’è scritto nero su bianco nel rapporto del suo centro di eccellenza cyber (Ccdoe) pubblicato in autunno e co-finanziato dal Pentagono e dal governo estone. “La confidenzialità, l’integrità, la disponibilità dei dati e delle infrastrutture di telecomunicazioni è essenziale per permettere comunicazioni command and control (C2) sicure e affidabili”. Dove per affidabili si intende: non cinesi.

Da anni prosegue ininterrotta la campagna di pressione degli Stati Uniti per chiedere agli alleati europei di abbandonare la tecnologia 5G cinese. Non è andata benissimo: salvo Londra, con la decisione di Boris Johnson di mettere al bando Huawei&Co dalla rete entro il 2027, buona parte del Vecchio Continente ha nicchiato, Italia inclusa. Diverse le ragioni, c’entra poco la sicurezza: il 5G cinese costa meno e soprattutto viene installato sull’infrastruttura 4G che, in Europa, è già quasi tutta in mano ad aziende cinesi. Smontare e rimontare, come hanno fatto gli Stati Uniti con il “Rip and replace act” approvato dal Congresso, ha costi non sostenibili senza l’intervento statale.

Gli Stati Uniti però non desistono. Anzi, l’amministrazione Biden ha già dato prova di una sorprendente continuità con l’era Trump nel pressing per un 5G occidentale e sicuro. Tra i progetti in campo rimane la missione, inaugurata due anni fa, ribattezzata “Clean networks”: Washington vuole “ripulire” la rete di ambasciate e consolati europei dalla tecnologia cinese. Chi non si adegua rischia di restare fuori dal flusso delle comunicazioni.

Vale ancor di più per le strutture militari Nato. Più volte da Via Veneto hanno fatto notare i rischi di un’eccessiva vicinanza fra i vari hub di Huawei e Zte dislocati sullo Stivale e le basi militari americane e Nato. E la sicurezza delle comunicazioni è stata una delle ragioni dietro la levata di scudi della diplomazia Usa per la cessione di un terminal del porto di Taranto al gruppo Ferretti, controllato dai cinesi di Weichai.

In questo risiko Svezia e Finlandia sono due tasselli chiave. Non c’è azienda americana che possa competere come Ericsson e Nokia contro i colossi cinesi. La spinta a Washington per affidare la rete 5G alle due aziende europee è tale che un anno fa la Casa Bianca ha valutato un’entrata del governo americano come azionista, frettolosamente smentita dalle dirette interessate.

In questi mesi la Nato è tornata a parlare con insistenza di 5G. A marzo l’agenzia “tecnica” dell’Alleanza (NCIA, Nato communication and information agency) ha avvisato che Bruxelles vorrà avere voce in capitolo nella definizione degli standard 5G. Probabile che a giugno, tra le pieghe del nuovo concetto strategico dell’alleanza inaugurato al summit di Madrid, la rete di quinta generazione conquisti un capitolo a parte. Se l’ingresso di Svezia e Finlandia dovesse andare in porto – con tutti i “se” del caso, minacce russe incluse – la Nato si porterebbe in casa i due Paesi schierati in prima linea sulla frontiera della Guerra fredda tech con Pechino.

Fonte: Formiche.net

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