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Perché la Brexit fa gongolare Vladimir Putin

La Russia guarda positivamente l'uscita dalla Ue di Londra, da sempre la più dura sulle sanzioni al Cremlino. E ora potrà aumentare la sua influenza sul continente e sfruttare i guai europei per la propaganda interna

Perché la Brexit fa gongolare Vladimir Putin

Vladimir Putin ha tutto da guadagnare dall'esito del referendum britannico, in vista delle elezioni politiche di settembre. La propaganda del Cremlino

Marco Carlomagno segretario generale della Flp ospite al Tg2 Italia Europa
L’Opinione di Paola Bergamo “tra Storia e Memoria il 9 febbraio 1849 – La Repubblica Romana-“
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Vladimir Putin ha tutto da guadagnare dall’esito del referendum britannico, in vista delle elezioni politiche di settembre. La propaganda del Cremlino avrà gioco facile nel contrapporre l’instabilità e le incertezze provocate dalla Brexit in Europa con l’immagine di una Russia solida e potente nelle mani sicure di un leader che continua ad avere l’80 per cento di approvazione nel Paese – secondo l’ultimo sondaggio dell’istituto indipendente di statistiche Levada.

“Chiedo ai candidati di sottolineare durante la campagna elettorale l’importanza della stabilità politica e governativa che abbiamo guadagnato insieme negli ultimi anni”, ha detto il presidente russo parlando questo lunedì al quindicesimo congresso di Russia Unita, il partito di governo. Nessun riferimento diretto alla Brexit, ma tra le righe il paragone era onnipresente. Russia Unita, di fronte a un’opposizione frammentata, priva di leader di spicco e inibita dal controllo statale sulla partecipazione alla vita politica, già puntava a far man bassa di seggi, in settembre. E oggi ha più argomenti per stigmatizzare le storture delle democrazie occidentale dall’opposizione più o meno idealizzate.

Le malignità, condite dall’umorismo surreale e auto-ironico dei russi, sono d’altra parte inevitabili: “Non è uno scherzo, la sterlina è il nuovo rublo”, ironizzava fingendosi incredulo un presentatore televisivo mentre la moneta del Regno Unito andava a picco subito dopo la vittoria del “leave”. Il rublo quest’anno ha recuperato oltre il 10 per cento, dopo un paio d’anni di caduta libera causata dal ribasso dei prezzi petroliferi. Ieri a noi, oggi a voi.

Durante la sua disastrosa campagna tutta in negativo per il “remain”, mentre raccontava dei guai che sarebbero piovuti sui suoi concittadini in caso di Brexit – senza mai alzare l’asticella per cercare un coinvolgimento ideale e per essere propositivo – David Cameron ha detto che il presidente russo sarebbe stato ben felice di un’eventuale uscita di Londra dall’Ue. Il suo ministro degli esteri Philip Hammond ha immediatamente ribadito il concetto dopo il voto referendario. Accuse rispedite al mittente dagli osservatori russi di maggior calibro, indipendenti o vicini al Cremlino che siano.

“Non è il Cremlino ad esser forte, é l’Europa che è debole”, ha detto a Echo Moskvy la scrittrice Julia Latynina, famosa per i suoi graffianti articoli sul giornale di opposizione Novaya Gazeta. “Non ha alcun senso considerare la vittoria del “leave” una vittoria di Putin”, dice all’Espresso il direttore di Russia in Global Affairs Fyodor Lukyanov, forse il maggior esperto russo di politica internazionale, indipendente ma spesso d’accordo con le posizioni del governo. “Il risultato del referendum inglese è il prodotto di una crisi interna dell’integrazione europea”, spiega. Ma il Cremlino ha aiutato finanziariamente i partiti anti-europei come il Fronte Nazionale della Le Pen, e per il capo dell’Ukip Nigel Farage come per il leghista Matteo Salvini, Vladimir Putin è un eroe. “Non credo che le simpatie dell’ultra-destra europea possano essere un fattore in grado di influenzare seriamente la politica europea”, ribatte Lukyanov. Ma certo “più sono le voci pro-Russia e meglio è, per il Cremlino”.

Lukyanov considera la crisi europea “molto profonda” e non è ottimista sulla capacità di reazione dei paesi fondatori dell’Ue. “Non escludo un collasso dell’Unione Europea in una prospettiva di medio termine”, sentenzia. “L’economia russa senza dubbio ne risentirebbe negativamente, ma a livello politico la decisione di ridurre la dipendenza dall’Ue è stata presa da tempo, e la crisi attuale non farà che accelerare un processo già in atto”. L’Unione Europea resta per ora il maggior partner commerciale di Mosca. Ma il futuro potrebbe essere diverso.

L’ombudsman per i diritti degli imprenditori Boris Titov, che pure non è esattamente un nazionalista, parla della prossima nascita di una nuova entità, dopo la fine dell’Ue: l’Eurasia. In pratica, un’unione fra Russia, almeno un po’ d’Europa e i maggiori paesi asiatici. “Tra dieci anni ci arriveremo”, ha detto a Mosca nel corso di un convegno sulla Russia nella politica internazionale. “La maggior conseguenza di lungo termine della Brexit è che toglierà l’Europa dalle mani degli anglo-sassoni. Questa non è l’indipendenza della Gran Bretagna dall’Europa, ma l’indipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti”. E ciò porterà gli europei a guardare verso est, sostiene Titov.

“Gli Usa non lasceranno certo sola l’Europa, in questo momento”, replica Fyodor Lukyanov. “Al contrario, hanno tutto l’interesse a mantenere la loro presenza per avere un controllo sugli sviluppi della situazione creatasi; Eurasia? Non adesso. Ma con gli anni un entità simile potrà emergere, perché il riavvicinamento russo-cinese continuerà”. L’Europa continentale per partecipare a questa Unione Eurasiatica dovrà però “avere la volontà e la capacità di fare una sua politica indipendente, cosa che al momento mi pare tutt’altro che ovvia”, aggiunge Lukyanov Nel breve termine, intanto, potremmo vedere un rafforzarsi dell’influenza americana e del ruolo della Nato: “Tornerà a essere la principale organizzazione continentale, e il peso degli Stati Uniti al suo interno aumenterà, perché Washington non permetterà molta libertà di azione ai suoi partner nella politica nei confronti della Russia”, prevede l’analista. “Ammesso che Donald Trump non vinca le elezioni…”

Un primo banco di prova di quanto e come potranno cambiare le relazioni tra Europa e Russia sarà quello delle sanzioni contro Mosca imposte dopo l’annessione della Crimea e l’intrusione negli affari interni dell’ Ucraina. “Senza la Gran Bretagna nell’Unione Europea, nessuno sarà più così zelante nel volerle mantenere”, secondo il sindaco di Mosca Sergei Sobyanin. Dipenderà dai tempi del processo di divorzio tra Londra e Bruxelles. Se ci volessero due anni, come chiede Cameron, a quel punto probabilmente le sanzioni non ci sarebbero più comunque, perché da tempo le cancellerie discutono del loro alleggerimento e tutto sembra già andare in questa direzione. A meno che succedano nuovi disastri in Ucraina. E dovrebbero essere disastri grossi, perché la comunità internazionale da un po’ di tempo a questa parte di quella crisi sembra essersi proprio dimenticata.

Certamente Vladimir Putin non è rattristato del fatto che il Regno Unito avrà meno influenza negli affari europei, Londra è sempre stata la capitale più dura nei confronti del Cremlino. Il voto dei sudditi di sua maestà è un punto di svolta epocale. E mette fine a un epoca che all’ex agente del Kgb a Dresda non poteva piacere. Putin era nella Germania Est nel novembre del 1989. Dopo aver bruciato dossier e documenti, pistola in pugno, tenne a freno la folla che circondava l’edificio dove erano acquartierati gli uomini della Lubianka. Impotente, dovette assistere al dissolvimento della “repubblica democratica” e poi del sistema di alleanze dell’Unione Sovietica con i “paesi fratelli”, che vollero l’occidente e la democrazia. Infine vide il dissolvimento della sua Urss, “la maggior tragedia del Ventesimo secolo”, dal suo punto di vista. Quella terminata con la Brexit è stata un’epoca in cui avevano trionfato l’idea e i valori dell’Europa Unita e delle democrazie occidentali, ed erano crollati tutti i punti di riferimento del giovane Putin. E perché mai il leader russo non dovrebbe essere contento della scelta degli inglesi?

Fonte: www.espresso.repubblica.it

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