Fonte: Wired.it

Mentre l’intelligenza artificiale sta trasformando settori produttivi in tutto il mondo, è il suo impatto sulla ricerca scientifica che potrebbe avere le ripercussioni più durature sul futuro dell’umanità. Per cominciare, teniamo bene a mente due premesse. Per prima cosa, non stiamo parlando soltanto della capacità dell’Ai di analizzare grandi quantità di dati: si tratta di un profondo cambio di paradigma, perché mentre i precedenti algoritmi utilizzavano le teorie note per analizzare i dati, la modellazione generativa al contrario si basa sui dati per formulare nuove ipotesi.

E poi l’impatto dell’Ai non si limita soltanto alle cosiddette “scienze dure”, ma sta avanzando anche nelle scienze sociali e umanistiche, con i ricercatori che ogni giorno trovano nuovi modi per studiare la linguistica, la politica, la psicologia e altro ancora. Fatte le dovute premesse, vediamo allora i tre modi in cui l’intelligenza artificiale sta cambiando la ricerca scientifica.

Una ricerca intensiva

Per intensità della ricerca intendiamo il rapporto tra quantità di dati analizzati e il tempo necessario a farlo. La capacità di elaborare grandi quantità di dati anche non correlati tra loro consente oggi all’Ai di venire utilizzata per esaminare l’evoluzione delle galassie, calcolare le funzioni d’onda quantistiche, scoprire nuovi composti chimici e molto altro. Si tratta di ricerche che potrebbero aiutare a fare enormi passi avanti nell’analisi di tutti questi fenomeni complessi.

Per esempio, all’Heidelberg Institute for Theoretical Studies, il fisico Kai Polsterer e il suo team stanno utilizzando un algoritmo di apprendimento automatico per estrarre informazioni sul red shift dai set di dati delle galassie, un compito precedentemente estremamente laborioso e che ora viene svolto in una frazione del tempo prima necessario. Se ci spostiamo di settore, a Stanford alcuni ricercatori stanno utilizzando l’Ai per mappare la povertà in Africa, trovare alternative più sicure alle batterie ricaricabili convenzionali e forse persino per capire le nostre stesse menti.

In campi come la fisica, la biologia e l’astronomia, l’Ai viene utilizzata per identificare modelli nei dati che sarebbero troppo complessi per essere analizzati dagli umani. Questo non solo accelera il processo di ricerca, ma può anche portare a scoperte che altrimenti potrebbero passare inosservate. Strumenti come PaperQA ed Elicit utilizzano modelli di linguaggio di grandi dimensioni per scansionare database di paper scientifici e produrre riassunti accurati della letteratura esistente.

più ripetitivi, identificando pattern e facendo ipotesi e previsioni sui risultati attesi. Per esempio AlphaFold, una intelligenza artificiale sviluppata da Deepmind, ha risolto uno dei più grandi problemi della biologia: la previsione della struttura delle proteine. In soli 18 mesi, AlphaFold ha previsto la struttura di quasi tutte le proteine finora catalogate dalla scienza. I tempi in cui si sono ottenuti questi risultati sono sorprendenti, se si considera che DeepMind ha annunciato per la prima volta di aver sviluppato un metodo per prevedere con precisione la struttura delle proteine piegate alla fine del 2020, e alla metà del 2021 aveva rivelato di aver mappato il 98,5% delle proteine utilizzate all’interno del corpo umano. Oggi, l’azienda ha annunciato che sta pubblicando le strutture di più di 200 milioni di proteine, quasi tutte quelle catalogate in UniProt, il deposito di ricerca sulle proteine riconosciuto globalmente.

Questo lavoro ha già portato a progressi nel combattere la malaria, la resistenza agli antibiotici e i rifiuti di plastica, e potrebbe accelerare la scoperta di nuovi farmaci. Tuttavia, ci sono delle limitazioni. Gli algoritmi possono fare solo ciò per cui sono stati addestrati e l’interpretazione finale dei risultati richiede ancora la supervisione di un essere umano. Inoltre, è fondamentale che le reti neurali forniscono non solo risultati delle loro analisi, ma anche le informazioni necessarie per poter essere compresi e validati dagli esseri umani.
Scoprire ciò che la Natura ancora non ci ha mostrato

Infine, l’Ai può anche identificare pattern a oggi a noi ignoti. Per esempio, quando le regole del gioco del Go sono state programmate in un’Ai, il computer ha inventato strategie mai viste in migliaia di anni di gioco umano. Allo stesso modo l’Ai può essere utilizzata per proporre nuovi esperimenti che potrebbero non essere mai venuti in mente ai suoi omologhi umani.

Pensiamo per esempio alla progettazione e alla creazione di proteine sintetiche. L’intelligenza artificiale può ricostruire ciò che la natura ha costruito, ma può anche immaginare nuovi composti e materiali. Lo stesso vale per la ricerca antibiotica, un campo fondamentale considerando che
oggi la resistenza antibiotica è una delle principali emergenze planetarie. Gli antibiotici sono farmaci utilizzati per prevenire e trattare le infezioni batteriche. Sono stati scoperti per la prima volta nel 1928 con la penicillina, dando inizio a una nuova era nella medicina. Tuttavia, nel tempo, i batteri hanno sviluppato meccanismi di difesa per neutralizzare l’effetto degli antibiotici, fenomeno noto appunto come resistenza antibiotica. Come spiega bene Rino Rappuoli nel suo libro Vaccini, virus e batteri, questo è un processo naturale e inevitabile – accelerato però dall’uso eccessivo e inappropriato di questi farmaci – e diventa un problema nella misura in cui non siamo in grado di sostituire con dei nuovi antibiotici quelli diventati inefficaci.