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Perché la cybersecurity è un problema culturale (e ci riguarda tutti)

Aumentare la consapevolezza e la competenza digitale nella cybersecurity è il primo step per evitare di essere l’anello debole di una pericolosa catena di attacchi informatici. Intervista a David Gubiani, Check Point Software Technology.

Perché la cybersecurity è un problema culturale (e ci riguarda tutti)

Lo sapevate? Il 70% delle problematiche informatiche relative a frodi, furti di dati e denaro, infezioni dei dispositivi sono dovute all’impreparazion

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Lo sapevate? Il 70% delle problematiche informatiche relative a frodi, furti di dati e denaro, infezioni dei dispositivi sono dovute all’impreparazione, alla distrazione o alla mancanza di interesse dell’utente.

“Quando acquistiamo un telefono nuovo, la prima cosa che compriamo per proteggerlo è una cover, che non serve a niente contro i cyber attacchi. Ci preoccupiamo che il telefono cada e si rompa, ma non alla necessità di avere anti-virus o altri sistemi di protezione”, ci spiega David Gubiani, Regional Director Security Engeneering Southern Europe di Check Point Software Technology Ltd, società leader globale di cyber security.

Ma chiunque abbia un computer, uno smartphone, un dispositivo IoT, un conto in banca, faccia acquisti online o pagamenti via app è una potenziale vittima di furto di dati personali o bancari o può ritrovarsi a essere un varco d’accesso per furti e truffe ai danni altrui. Per questo è essenziale oggi come non mai pensare alla sicurezza informatica e agire responsabilmente.

Cyber attacchi: non abbiamo la percezione dei pericoli

“Aumentare la consapevolezza e la competenza digitale nella sicurezza informatica è il primo step per evitare che l’individuo stesso sia l’anello debole della catena degli attacchi informatici”, afferma Gubiani. “Il 92% degli attacchi arriva via email, vettore principale per cercare di fregare l’utente finale. In questo periodo in Italia 25 attacchi a settimana rischiano di superare la barriera culturale degli utenti e andare a buon fine in ogni azienda”.

Sotto Natale è ancora più importante stare attenti, perché le campagne di phishing vengono fatte a fronte di eventi, quindi in questo caso possono essere legate ad acquisti online, spedizioni, tracking e offerte.

“Le banche – continua l’esperto – hanno fatto enormi passi avanti negli ultimi anni, ma il problema è che il phishing non può essere sempre bloccato da strumenti tecnici. È anche un fatto culturale”. Oggi, spiega Gubiani, la percezione che abbiamo dei pericoli informatici è sballata, e soffriamo anche della sindrome di invulnerabilità.

Nello smartphone la maggior parte delle persone ha home banking, dati, foto e documenti privati, ma non li protegge perché pensa che le sue informazioni personali non siano importanti. “Invece i nostri dati hanno un valore immenso, possono essere venduti, utilizzati dai malintenzionati per fare social engeneering, attacchi più mirati e personalizzati”, sottolinea Gubiani. “I miei dati rubati oggi potrebbero non servire a niente, ma nel momento in cui le campagne di phishing da generiche diventano mirate, bersagliano determinati utenti che possono essere più interessanti”.

L’importanza di fare formazione

Insomma, non abbiamo la percezione del rischio, che secondo il manager di Check Point si può creare solo facendo formazione, migliorando il nostro comportamento e implementando l’awareness, con corsi nelle scuole, nelle università e nelle aziende.

Al pari dell’educazione civica, l’educazione informatica dovrebbe essere insegnata in tutte le scuole, dice Gubiani. E non si tratta di spiegare come si programma in HTML o si costruisce un sito web, ma di rendere consapevoli dei pericoli, come evitarli, a cosa stare attenti”.

Check Point, ad esempio, fa formazione interna di altissimo livello per gli specialisti di cyber sicurezza tramite training ad hoc e piattaforme di apprendimento, oltre che dei corsi regolari proprio sul phishing.

La responsabilità di banche e aziende tech

Le banche aggiornano continuamente i servizi per proteggere i clienti da cyber minacce e rischio di truffe, ma stanno facendo abbastanza? Chiedo al mio interlocutore. Secondo lui sì: “Le banche sono ben attrezzate e stanno aumentando sempre più gli investimenti e gli sforzi in ambito informazione, con continui avvisi ai clienti e comunicazioni anti-frode”.

E l’Italia, ci dice, è anche messa meglio rispetto ad altri Paesi, come quelli anglosassoni, ad esempio, dove si può aprire un conto corrente non in presenza. Una comodità e una semplicità che da un lato piace, ma che dall’altro può esporre a dei rischi. Ecco che le banche e le società di servizi finanziari devono far coincidere la semplicità con la sicurezza.

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