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I prelievi in banca del professionista sono sempre esclusi dal reddito?

La Cassazione tributaria (ordinanza n. 20841/2020) chiarisce che la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014 è retroattiva

I prelievi in banca del professionista sono sempre esclusi dal reddito?

La Suprema Corte, con l’ordinanza 30 settembre 2020, n. 20841 (testo in calce), ha espresso il principio di diritto che - in virtù della sentenza dell

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La Suprema Corte, con l’ordinanza 30 settembre 2020, n. 20841 (testo in calce), ha espresso il principio di diritto che – in virtù della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, la quale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, numero n. 2, D.P.R. n. 600/73[1] – “gli accertamenti fiscali nei confronti dei lavoratori autonomi fondati” sulla prefata norma “devono essere rivisti, anche se relativi ad anni di imposti precedenti alla sentenza, purché non ancora definitivi”.

Per tale ragione, le operazioni bancarie in uscita (prelievi) dovranno essere escluse dal presunto maggior reddito oggetto di accertamento tributario, in quanto costituenti movimentazioni “effettuate dai conti correnti nella disponibilità del contribuente”.

Sul punto, la nota sentenza della Consulta così decideva: è “arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati a un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo, a sua volta, sia produttivo di un reddito”.

Nel contenzioso fiscale in parola, l’Amministrazione finanziaria notificava al contribuente, in qualità di “lavoratore autonomo”, un avviso di accertamento concernente l’anno di imposta 2003, al fine di recuperare maggiori imposte in tema di Irpef, Irap ed Iva, in conseguenza ad una verifica fiscale bancaria (art. 32, comma 1, cit.), in virtù della quale i verificatori avevano considerato (nel calcolo del maggior reddito imputato) anche i prelievi operati dallo stesso professionista sul conto corrente.

Proprio su tale questione, la citata sentenza della Consulta osservava che “la disposizione censurata, se applicata agli anni d’imposta in corso o anteriori alla novella legislativa, comporterebbe per i contribuenti professionisti un onere probatorio imprevedibile e impossibile da assolvere, in contrasto con l’art. 24 della Costituzione e con il principio di tutela dell’affidamento richiamato dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente)”.

Ebbene, dato che la norma dichiarata costituzionalmente illegittima “cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza” (art. 136 Costituzione), gli effetti della decisione “retroagiscono e si applicano anche ai rapporti giuridici non consolidati e non coperti da decisioni passate in giudicato” (Cassazione n. 6926/2003), come nel caso in parola, laddove la controversia processuale non poteva essere qualificata come esaurita.

In conclusione, in accoglimento del ricorso di cassazione presentato dal contribuente, dovrà essere rideterminato il reddito imponibile “con accertamento in fatto che escluda i prelievi bancari dal computo dell’imponibile” con rinvio per un nuovo giudizio alla competente Commissione Tributaria Regionale.

[1] Norma modificata dall’art. 1, comma 402, lett. a), n° 1 della Legge n. 311/2014 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-legge finanziaria 2005).

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 20841/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF

Fonte : www.altalex.com

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