Fonte: Wired.it

Non c’è metallo critico più critico del litio. Stimolata dalla transizione energetica, tra il 2023 e il 2050 la domanda annuale di litio per le batterie elettriche aumenterà di nove volte fino a sfiorare i sette milioni di tonnellate, dicono le previsioni del centro di ricerca BloombergNef. Le case automobilistiche e gli sviluppatori di impianti rinnovabili temono però che l’offerta non saprà stare al passo, e che la scarsità di materia prima renderà costosi e complicati gli approvvigionamenti. Sopra i calcoli economici, peraltro, si staglia la geopolitica: attraverso una strategia di acquisizione di miniere all’estero, la Cina è arrivata a controllare da sola quasi il 30 per cento delle forniture globali di litio; l’Unione europea e gli Stati Uniti vogliono fare la rivoluzione ecologica, ma non vogliono ritrovarsi dipendenti da una nazione autoritaria e potenzialmente ostile.

I vantaggi dell’estrazione diretta del litio

Il litio si estrae soprattutto da due tipologie di giacimenti: dalle rocce, in Australia; oppure dalle acque salate (anche dette salamoie) in Cile, Argentina e Bolivia. Le risorse numericamente più importanti sono quelle contenute nei salares sudamericani: non a caso si parla di “Triangolo del litio”, perché il 56 per cento dei depositi mondiali si concentrano lì.

L’estrazione del metallo avviene per evaporazione dagli stagni, che elimina tutti gli elementi presenti con l’eccezione del litio. Non è un processo particolarmente efficiente – il tasso medio di recupero è del 50 per cento –, dura a lungo, consuma tanto suolo e tanta acqua ed è spesso in contrasto con i climi di questi paesi: in Bolivia, per esempio, la stagione delle piogge dura diversi mesi, ostacolando i lavori.

Il contributo del petrolio e della geotermia

Le compagnie petrolifere, a partire dall’americana ExxonMobil, hanno già manifestato un certo interesse per la Dle. La decarbonizzazione impone loro quantomeno una diversificazione delle attività, ma faticano a riconvertirsi alla costruzione di parchi eolici e solari perché le società elettriche sono entrate nel mercato prima e meglio. L’estrazione del litio attraverso il pompaggio e il trattamento di liquidi, invece, si adatta bene alle loro aree di competenza. Anche perché la Dle si potrebbe applicare alle acque reflue dei campi petroliferi o alle acque salate nei progetti geotermici.

Secondo la società di consulenza Enverus, in una sezione del bacino Permiano degli Stati Uniti – è il più ricco campo petrolifero del pianeta, tra il Texas e il Nuovo Messico – le acque reflue associate alle trivellazioni di idrocarburi, e di solito re-iniettate sottoterra, potrebbero produrre 225.000 tonnellate di carbonato di litio all’anno. Nell’ovest del Canada, i giacimenti ormai esausti di greggio ospitano ancora depositi di litio in salamoia. In Europa, i principali tentativi di estrazione diretta del metallo – da siti geotermici, però – sono portati avanti da Vulcan Energy, un’azienda australiana, nella valle del Reno (tra Germania e Francia) e in Italia (vicino Roma, in collaborazione con Enel).

Una filiera europea e nordamericana del litio piacerebbe sia ai governi che alle case automobilistiche: i primi vogliono emanciparsi dalla Cina per non essere esposti a ricatti e ritorsioni; le seconde vogliono avere più controllo sui flussi di materia prima – e infatti Stellantis, proprietaria del marchio Fiat, è azionista di peso di Vulcan Energy – per evitare di finire coinvolte nelle tensioni internazionali.

Il problema di fondo è che le tecnologie di Dle sono complesse da sviluppare perché non sono standardizzabili. I sorbenti chimici che permettono di separare il litio dall’acqua salata cambiano a seconda delle caratteristiche delle formazioni geologiche in cui si trovano i depositi: un sorbente adatto a una salamoia può non andare bene per un’altra, insomma, perché le concentrazioni di magnesio o di potassio potrebbero variare. Un aiuto, tuttavia, può venire dalle grandi quantità di dati sui giacimenti petroliferi in possesso dell’industria oil & gas che semplificano la fase di studio dei sedimenti.