HomeAgriculture, Automotive, Texiles, Fashion & Other

Terremoti stellari e asteroidi. Gaia svela il Dna della galassia

Nella terza pubblicazione della missione Esa quasi due miliardi di sorgenti compongono la mappa 3D della Via Lattea in evoluzione. Studiata la composizione di 2,5 milioni di astri e le orbite di 150 mila oggetti del nostro Sistema solare. Quasar e galassie. “Una miniera d’oro per gli scienziati”

Terremoti stellari e asteroidi. Gaia svela il Dna della galassia

L’osservatorio spaziale Gaia continua a ridisegnare e colorare la mappa della nostra galassia. L’Agenzia spaziale europea (Esa) ha pubblicato oggi

Un lancio di successo. Il Vega è di nuovo in orbita
Detriti spaziali: ecco come gli Stati Uniti corrono ai ripari
Spazio: la Cina si sta attrezzando per la difesa planetaria

L’osservatorio spaziale Gaia continua a ridisegnare e colorare la mappa della nostra galassia. L’Agenzia spaziale europea (Esa) ha pubblicato oggi una nuova release di dati: dal più grande catalogo mai compilato, che contiene quasi due miliardi di stelle, prende forma un mosaico di grande valore scientifico. La missione Esa, infatti, non ha solo osservato e tracciato le orbite di centinaia di milioni di puntini luminosi nel buio della notte, ma la sua vista si è dimostrata abbastanza acuta per ‘vedere’ i terremoti che scuotono la superficie stellare, per dare la caccia agli asteroidi del nostro Sistema solare, fino a spiare quasar e galassie lontane.

 

 

 

Risultati che saranno utili a gran parte della comunità scientifica che studia l’evoluzione del Cosmo, dal nostro quartiere fino alle distanze più remote: “È una miniera d’oro – sottolinea Antonella Vallerani, astrofisica Inaf dell’Osservatorio di Padova e vice coordinatrice del del Gaia Data Processing and Analysis Consortium – con questa terza data release ci attendiamo risultati scientifici strepitosi”. La missione vede una forte partecipazione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

 

La mappa 3D della Via Lattea

Lanciata nel 2013, la sonda dell’Esa ha il compito di fare il più grande censimento di stelle, scandagliando tutto il cielo in ogni direzione. In fondo al pozzo di Gaia ne sono finite oltre un miliardo e 800 milioni. Di ognuna ci ha restituito la posizione esatta ma, soprattutto, ha saputo descriverci come si muove nello spazio. Nelle precedenti pubblicazioni (l’ultima nel 2020) ci aveva già stupito mostrandoci come sarà il cielo visto dalla Terra tra milioni di anni, a causa proprio del moto delle stelle che cambierà forma alle costellazioni. Ora si è spinta oltre. “Penso che una delle più grandi novità sia quella della velocità radiale – spiega a Italian Tech Timo Prusti, dell’Esa, project manager della missione Gaia – cioè la velocità degli oggetti che vengono verso di noi o si allontanano. Ora sappiamo anche come le stelle si muovono nello spazio tridimensionale”.
La sonda si trova a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, un punto vantaggioso per le osservazioni, senza il disturbo dell’atmosfera. Gaia ha possiede due telescopi con i quali ha compiuto miliardi di osservazioni. Non è infatti sufficiente scattare una “foto”, ma bisogna ripetere le osservazioni nel tempo come fotogrammi di un filmato, per vedere come tutto si muove attorno a noi. La sonda gira su se stessa ogni sei ore, e scansiona tutto il cielo ogni

sei mesi. È in grado di catturare la luce di astri milioni di volte più deboli della più fioca stella visibile ad occhio nudo, ma può anche andare “all’essenza”.

 

 

Con i suoi due telescopi, Gaia ruota su se stessa ogni sei ore e osserva l’intero cielo ogni sei mesi

 

 

Il Dna delle stelle

La luce che arriva da una sorgente (anche dal Sole) porta con sé una specie di impronta digitale, nel suo spettro gli scienziati vedono righe di assorbimento lasciate dagli elementi che compongono la stella. Gaia ha così messo nero su bianco la composizione di due milioni e mezzo di stelle, come se fosse un codice genetico: “Questo ha un grande Impatto sullo studio della nostra galassia – sostiene Vallenari, che ha seguito il progetto per oltre trent’anni, fin dalla sua concezione – perché ci ha permesso di fare una ‘foto di famiglia’. Vedere quali sono le stelle più vecchie e quelle più giovani e la componente chimica: ci dice i gas da cui si sono formate, e quindi dove si sono formate. Se all’interno della Via Lattea o in galassie esterne che poi sono ‘cadute’ nella nostra. Da questo e dal loro movimento possiamo ricostruire il loro albero genealogico”.

 

 

Con i suoi due telescopi, Gaia ruota su se stessa ogni sei ore e osserva l’intero cielo ogni sei mesi

 

Sappiamo per esempio che molte delle stelle che assieme a noi ruotano attorno al centro della Via Lattea appartenevano a una galassia che in un tempo remoto è stata fagocitata dalla nostra. Le riconosciamo dalla composizione chimica ma anche dal fatto che si muovono in modo diverso: “È come guardare dall’alto del Duomo di Milano le persone in piazza e poi veder entrare un gruppo di Carabinieri a cavallo. Si notano perché si muovono in maniera differente” aggiunge Vallenari.

 

Stelle vecchie e stelle giovani

Subito dopo il Big bang c’erano idrogeno, elio e poco altro. Le prime stelle altro non avevano per accendersi e bruciare. È stato un lungo cammino, quello di queste fornaci nucleari ricombinatrici di materia, per formare elementi più pesanti. Ferro, calcio, magnesio e carbonio (i “metalli”), gli stessi di cui siamo fatti noi e molto di ciò che ci circonda qui sulla Terra, sono stati forgiati nel cuore delle stelle per essere poi espulsi, liberati nello spazio anche nelle gigantesche esplosioni di supernova.

Da questo nuovo materiale nascono nuove stelle ma anche i pianeti, come il nostro: “Possiamo guardare a queste generazioni di stelle vecchissime che avevano poco ferro e distinguerle da quelle più giovani, come il Sole, che ne hanno di più” osserva Prusti.

Grazie a Gaia, si è scoperto come sono distribuite: “Dobbiamo pensare alla nostra galassia come a un piatto, il disco, con al centro una pallina, che è il bulbo, dentro al quale c’è il buco nero. E tutto intorno una grande nuvola diffusa di stelle che è l’alone – riprende l’astrofisica Inaf – le stelle più giovani si trovano quasi tutte nel disco, perché lì ci sono i gas, e dove c’è tanto gas si formano le stelle, assieme a una parte di molto antiche, di

circa 10 miliardi di anni. La parte centrale è molto complicata, ci sono stelle antiche e regioni di formazione stellare. Nell’alone esterno invece ci sono solo stelle vecchie”.

 

Terremoti sulla superficie delle stelle

Secondo i ricercatori, uno dei risultati più sorprendenti riguarda quelli che sono stati definiti “terremoti stellari”. Vibrazioni simili a tsunami che scuotono la superficie. Una prova della finezza di dettaglio che Gaia riesce a raggiungere: “Un po’ come per la Terra, le onde sismiche permettono di vedere ciò che c’è nel sottosuolo. Noi abbiamo visto quelle dei terremoti all’interno delle stelle perché la loro luce cambia – evidenzia Vallenari – un fenomeno che si conosceva ma che abbiamo riscontrato anche in stelle da cui non ce lo aspettavamo. Questo ci fa riscrivere i modelli stellari”.

 

Le vibrazioni sulla superficie delle stelle, i “terremoti stellari”, sono simili a tsunami su vasta scala.

 

Asteroidi e quasar

Nel cesto di luce di Gaia è finito davvero di tutto. Ha “caratterizzato” per massa ed evoluzione 800 mila stelle binarie, che ruotano una attorno all’altra come in un girotondo. Ma ha anche passato al setaccio il Sistema solare, perché nel suo campo visivo entrano pure gli asteroidi. Ne ha riconosciuti circa 156 mila, disegnandone la traiettoria in maniera precisissima, e dalla loro luce ha potuto anche riconoscere il colore e di quali elementi sono composti. Così da aiutarci a conoscere meglio le origini del nostro Sistema solare: “Questo ci ha permesso di individuare famiglie di asteroidi, della stessa composizione, che quindi si sono formati insieme. Forse anche da un unico grande corpo celeste – riflette la docente – e con le orbite così precise, in futuro, potremo anche definirne meglio l’eventuale pericolosità.

Infine, Gaia ha raccolto informazioni su macro molecole disperse nei gas nel mezzo interstellare. Ne è emerso nello spazio vuoto attorno al nostro Sistema solare ci sono gas che contengono composti del carbonio. Spingendosi lontano, ha osservato milioni di galassie e quasar, nuclei di galassie attive e che sono gli oggetti più brillanti dell’Universo. “Il consorzio di data processing e analisi dei dati di Gaia coinvolge circa 450 persone – conclude Prusti. Negli anni passati, dalle precedenti pubblicazioni, sono stati realizzati circa 1.600 studi scientifici ogni anno, ci aspettiamo che tutto questo continui perché la vera sorpresa è stata la grande quantità di cose che Gaia ha visto. C’e davvero qualcosa per tutti”.

Commenti