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Intelligence economica e Confindustria: l’affaire Stx-Fincantieri fece perdere all’Italia un miliardo d’euro

Intelligence economica e Confindustria: l’affaire Stx-Fincantieri fece perdere all’Italia un miliardo d’euro

Il programma di  Emanuele Orsini   (ora al vertice di Confindustria)   ha messo al centro  un progetto fondamentale  per il nostro tessuto economico

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Il programma di  Emanuele Orsini

  (ora al vertice di Confindustria)   ha messo al centro  un progetto fondamentale  per il nostro tessuto economico (di tutte le dimensioni): l’intelligence economica salva-aziende.

 

Servirà in primis serrare i ranghi e ridare serenità ad una Confindustria  troppo importante e strategica per il nostro Paese. La dorsale dei piccoli e medi imprenditori sarà fondamentale nella nuova Confindustria, che ha bisogno di far lavorare grandi e piccoli in parallelo. Orsini dovrà gestire la delicata nuova normativa europea inerente la manifattura (le nostre imprese piccole e medie non sono mai state al centro dei progetti europei…).

Oltre a questo va sottolineato come Francia, Germania, USA, Gran Bretagna, Giappone e Cina avvantaggiano i propri settori industriali e di manifattura. Per gestire il peso italiano a Bruxelles serve una vera e propria intelligence economica che protegga le nostre aziende e gli asset economici.

L’Italia è  la seconda manifattura d’Europa,  va evitato farci fagocitare da regolamenti decisi altrove.

Il nostro Paese possiede una dorsale strategica fatta di Pmi, non vanno  avvallare proposte (soprattutto da Nord Ue) che avvantaggiano la grande industria di Paesi che gestiscono i propri mercati con l’ausilio di fondi statali derivati da materie prime (Scandinavia) o tramite accordi bilaterali fuori dalle regole Ue (accordi gas Russia-Germania): tutto questo crea un palese sistema di dumping economico che rischia di togliere competitività alle nostre Pmi, che ad oggi non godono di tali protezioni.

Andrà sottolineato dalla nuova Confindustria(con posizioni mediatiche di rilievo) che stati come Germania o Francia aiutano le proprie imprese a debito (omettendolo, la Germania per quasi 900 miliardi dal 2013). Gli stessi in cima alle statistiche Ue per aiuti di stato. Casi come il fu Fincantieri-Stx.

Fincantieri, colosso italiano della cantieristica navale (con l’acquisizione di Stx sarebbe diventato primo polo mondiale superando i cinesi) e pilastro dell’economia del paese, si trovò in difficoltà quando il governo francese decise di nazionalizzare temporaneamente i propri cantieri navali, escludendo gli italiani nonostante avessero vinto un’asta per un importante contratto di costruzione navale. Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, reagì con frustrazione nel 2017, criticando apertamente la decisione che considerava un gesto scorretto e un grave danno alle relazioni commerciali e diplomatiche. Questo atto s’aggiunse ad altre azioni percepite come ostili dalla Francia, come l’esclusione dell’Italia da trattative in Libia, marcando un periodo di tensioni tra i due paesi. La mossa francese di nazionalizzare i cantieri di Stx rappresentò una chiara deviazione dalle norme europee sugli aiuti di stato e sulle aste pubbliche, aggravando il clima di incertezza e rivalità all’interno dell’Unione Europea. In risposta, Fincantieri fu costretta a rivedere le proprie strategie per mantenere la sua posizione di mercato e continuare la propria espansione senza il supporto dei cantieri francesi. La Commissione Europea non intervenne immediatamente, lasciando un senso di inquietudine riguardo al futuro della cooperazione economica e politica tra gli stati membri dell’UE. Questo atteggiamento di Parigi costò all’Italia più d’un miliardo d’euro (tabella di simulazione) e la mancata leadership a livello mondiale nella cantieristica navale di grosso tonnellaggio. Un danno che i nostri media non hanno sottolineato più di tanto, nessuno speciale, zero aperture dei Tg, eppure l’impatto per il mercato del lavoro interno fu pesante

Altro esempio: bisogna evitare d’imporre carburanti sintetici tedeschi quando abbiamo l’Eni che lì produce da più d’un anno, servono agevolazioni per la nostra azienda di Stato ed una “licenza UE” che definisca una rosa di carburanti da utilizzare, quelli a meno impatto verrebbe da dire, quindi il prodotto italiano è perfetto. Serve in questo caso una narrazione Paese ad hoc che parta dall’interesse nazionale.

In questi due casi l’intelligence economica deve agire su due binari paralleli: analisi e comunicazione. L’opinione pubblica deve essere messa in grado di comprendere l’importanza di certi asset per l’Italia e la “protezione” da parte dell’organismo deve partire proprio dalle analisi di mercato e politiche. Serve molto coraggio e sarà necessario produrre una serie d’analisi per sostenere la narrazione, anche mettendosi di traverso con le istituzioni Ue, se necessario. L’interesse comune non può essere in antitesi a quello italiano e delle nostre aziende e cittadini, per questo motivo un comparto d’intelligence dedicato a questi aspetti deve essere snello nella struttura e raccogliere personale altamente qualificato ma proveniente da più settori: in primis comunicazione ed economia (ma anche di visione e non solo tecnica). Enrico Mattei creò l’Eni per tutelare gli interessi energetici italiani, quindi fece una vera e propria operazione d’intelligence economica ed industriale. Serve questo tipo d’approccio, il modello lo abbiamo in casa.

La politica economica non può essere lasciata in mano all’ideologia o rischia di danneggiare il Paese, lo vediamo con le case (la politica verde ha ottimi principi ma è un salasso per i risparmiatori medi e piccoli).

Serve una svolta sistemica e bisogna iniziare anche a scrivere e veicolare che l’obiettivo sia questo: riportare l’Italia ad occupare il quarto posto (come ad inizio anni ‘90) a livello industriale nel mondo, lasciando questo settimo posto ormai datato anni 2000. Basta galleggiare, bisogna spingere.

 

Marco Pugliese

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