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Cina e Brasile: produzione e consumi alimentari, sfide della sostenibilità

L’agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile lancia la sfida della complessità. Gli obbiettivi sottoscritti dai 193 Paesi delle Nazioni Unite non riguardano solo la sfera ambientale dello sviluppo ma anche quella sociale ed economica, tutte strettamente correlate. Tra le economie emergenti, Cina e Brasile hanno intrapreso un percorso verso una transizione green, ma le difficoltà non mancano.

Cina e Brasile: produzione e consumi alimentari, sfide della sostenibilità

Fonte: Geopolitica.info Il Brasile ha il più grande allevamento di bovini al mondo ed è insieme agli Stati Uniti uno dei maggiori esportatori di ca

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Fonte: Geopolitica.info

Il Brasile ha il più grande allevamento di bovini al mondo ed è insieme agli Stati Uniti uno dei maggiori esportatori di carne bovina. L’export è diretto per circa il 60% verso la Cina, seguita da Unione Europea e Arabia Saudita. In circa mezzo secolo il dragone cinese ha incrementato esponenzialmente i consumi carnei: secondo dati FAO, tra il 1960 e il 2012 il livello pro-capite è passato da 4 a 58 Kg l’anno e nell’ultimo decennio si è verificata un’ulteriore crescita del 50%. Sul piano del commercio estero il primo partner commerciale della Cina registra un dato positivo, ma deve fare i conti con altre variabili correlate. In primis la deforestazioneIl Brasile è il Paese con la più ampia superficie deforestata su scala globale: milioni di ettari di foresta amazzonica, il polmone verde del pianeta che ricopre il 59% del territorio brasiliano, sono stati distrutti negli anni per far posto agli allevamenti destinati all’export. Questo ha avuto un forte impatto sulle emissioni di CO2, causa del cambiamento climatico, e sulla perdita di biodiversità.

Il nuovo corso politico brasiliano ha avviato iniziative volte a tutelare maggiormente l’ecosistema forestale e i dati disponibili mostrano una riduzione del tasso di deforestazione in Amazzonia. Il quesito è implicito: come garantire il volume di export verso la Cina a fronte di un minor utilizzo di foresta per scopi produttivi? La domanda, semplice nella sua formulazione, richiede in realtà una risposta articolata. Non coinvolge infatti solo aspetti ambientali ed economici, ma anche politici, culturali e demografici. Sul piano politico, nell’aprile 2023 Cina e Brasile hanno siglato un accordo per contrastare la deforestazione illegale. Il patto prevedeva, tra l’altro, un’attività di monitoraggio satellitare per prevenire il disboscamento e impedire le attività di import-export di prodotti derivati da deforestazione. Un primo passo, che tuttavia non indicava alterative possibili. L’accordo, infatti, doveva includere in prima istanza il green investment fund, il fondo di investimento verde richiesto dal Brasile per finanziare lo sviluppo delle energie rinnovabili e sviluppare un modello produttivo basato su pratiche più sostenibili.

Sul fonte cinese, dunque, non sono mancate le ambiguità. E in prospettiva non si intravedono aperture alla trasparenza. Infatti, nonostante le dichiarazioni ufficiali in tema di salvaguardia ambientale, nel 2023 il leader cinese Xi Jinping ha autorizzato la costruzione di nuove centrali a carbone, una corsa iniziata nel 2022 che allontana sempre più la Cina dagli impegni internazionali per la riduzione dell’inquinamento da CO2. La situazione preoccupa gli osservatori internazionali, considerato che il gigante asiatico, responsabile del 30% dell’inquinamento globale, aveva dichiarato di voler raggiungere il picco delle emissioni nel 2030, per poi diminuirle fino a raggiungere la carbon neutrality nel 2060.

Se in materia ambientale gli accordi politici Cina-Brasile destano non poche perplessità, un aspetto che può incidere sulla sostenibilità e sulle strategie import-export dei due Paesi è l’evoluzione dei consumi alimentari in Cina. Un fattore al tempo stesso economico e socioculturale. In base alle previsioni di McKinsey & Company, infatti, entro il 2030 i consumatori delle fasce medio-alte guideranno la maggior parte della crescita cinese, grazie all’aumento del reddito disponibile. Già da alcuni anni stanno delineandosi nuovi trend di consumo alimentare, soprattutto tra i cosiddetti “green consumers”. I giovani cinesi mostrano maggiore attenzione a fattori come qualità, gusto e sicurezza dei cibi. Lo stesso governo cinese ha incoraggiato le persone a seguire diete più sostenibili, con meno carne e latticini e più equilibrate sotto il profilo nutrizionale. In generale, ciò che emerge è l’adesione a modelli e orientamenti in atto sulla scena globale come il benessere degli animali e l’origine locale dei prodotti alimentari. Alcuni mesi fa, a Shangai, è stato inaugurato il primo stabilimento pilota per la produzione di carne sintetica su larga scala. L’azienda biotecnologica si propone di esportarla a breve sui mercati internazionali, Europa compresa. Il suo motto è “eat meals not animals” (mangia carne, non animali).

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