Fonte: Formiche.net Una trattativa tra il governo di Pechino e quello de l’Avana per lo stabilimento di una base d’addestramento congiunta in terri
Fonte: Formiche.net
Una trattativa tra il governo di Pechino e quello de l’Avana per lo stabilimento di una base d’addestramento congiunta in territorio cubano sarebbe già arrivata alle fasi avanzate della discussione. A rivelarlo è un’inchiesta del Wall Street Journal, sulla base di dichiarazioni rilasciate in forma anonima da un rappresentante di alto rango dell’amministrazione presidenziale.
Amministrazione che sembra stia cercando di scoraggiare entrambe le parti coinvolte (e in particolare quella Cubana, su cui Washington dispone certamente un maggior ascendente) dal firmare un simile accordo, considerato come dannoso per gli interessi degli Stati Uniti, e possibile vettore di conseguenze indesiderate anche per Cuba e la Repubblica Popolare.
“É un aspetto che monitoreremo molto, molto da vicino, e siamo stati molto chiari al riguardo,” è stata la risposta del segretario di stato alle domande dei reporter sulle presunte collaborazioni sino-cubane “e proteggeremo la nostra patria, proteggeremo i nostri interessi.”
Il tema della collaborazione tra l’isola caraibica e la Repubblica Popolare non è nuovo alle cronache di queste settimane. Pochi giorni prima della pubblicazione dell’inchiesta sulla costruzione di una base militare congiunta, lo stesso Wall Street Journal aveva già lanciato un allarme tutt’altro che trascurabile, relativo all’esistenza di una struttura di spionaggio cinese locata sul territorio dell’isola caraibica. Allarme confermato dalla stessa amministrazione statunitense tramite un suo rappresentante, che ha rivelato come per molti anni la Repubblica Popolare abbia portato avanti operazioni di spionaggio nei confronti degli Stati Uniti da un’installazione sita proprio a Cuba, installazione che è stata ulteriormente potenziata nel 2019.
La creazione di una base militare capace di ospitare le Forze Armate di Pechino non sarebbe dunque un fulmine a ciel sereno. E neanche un caso isolato. Il rappresentante governativo interpellato dal Wall Street Journal ha definito la nuova struttura come parte di un più ampio framework denominato Progetto 141: con questo nome, si indica il tentativo cinese di creare, entro il 2030, un network globale capace di sopportare lo sforzo logistico e militare necessario all’incremento della proiezione di potere cinese nel globo terracqueo. La base già operativa a Gibuti rappresenterebbe un tassello di questo più vasto network.