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Non solo gas, sul Mediterraneo c’è la questione sicurezza

Non ci sono solo gli accordi commerciali: il tema energetico europeo, che inevitabilmente dovrà passare dalle potenzialità del Mediterraneo, deve fare i conti con le questioni di sicurezza, legate ad attori statuali, minacce irregolari e ibride

Non solo gas, sul Mediterraneo c’è la questione sicurezza

Settembre potrebbe essere il mese decisivo per la risoluzione della disputa marittima tra Israele e Libano. Il rappresentante speciale degli Stati Uni

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Settembre potrebbe essere il mese decisivo per la risoluzione della disputa marittima tra Israele e Libano. Il rappresentante speciale degli Stati Uniti per le Risorse energetiche, Amos Hochstein, sarà nei prossimi giorni di nuovo nei due da Paesi per cercare di mediare un accordo. In ballo ci sono diversi miliardi di dollari legati alle potenzialità di parte dei fondali contesi, che custodiscono reservoir gasiferi. Il leader di HezbollahHassan Nasrallah, ha definito una linea rossa l’inizio della produzione dell’impianto di Karish, un importante progetto israeliano per la produzione di gas che, secondo Israele, si trova nella fascia meridionale dell’area contesa.

Quando accade tra Libano e Israele racconta di come l’approvvigionamento e la produzione energetica è strettamente collegata a questioni di sicurezza. Se finora il tema securitario nel quadrante orientale del Mediterraneo allargato era stato dominato da problematiche connesse all’insorgenza di gruppi terroristici, ora la partita è cresciuta di valore. La scoperta di diversi giacimenti nelle acque mediterranee che bagnano Egitto, Cipro, Israele e Libano ha aperto a contenziosi di carattere geopolitico e coinvolto attori statuali.

che fino a qualche mese fa era dato per morto: l’EastMed Pipeline. È il gasdotto progettato per portare le risorse di Leviathan a Cipro, successivamente in Grecia e di lì, attraverso Poseidon, arrivare in Italia. È un’infrastruttura off-shore per cui esistono già studi di fattibilità preliminari, affossati per ragioni di costi/benefici. Richiede 6 miliardi di Euro, avrà una lunghezza di circa 2.000 chilometri, sarebbe idealmente pronto nel 2027 (partendo subito) e potrebbe trasportare tra i 10 e i 20 miliardi di metri cubi.

Tutto bocciato ai tempo della pandemia, quando il gas a causa della legge domanda (bassa) e dell’offerta (alta) stava a valori bassissimi. Ora la ripresa post-Covid ha aumentato al richiesta e le azioni europee davanti alla guerra russa in Ucraina hanno ridotto l’offerta, dando nuove opportunità. Ma attorno a EastMed è in corso una partita geopolitica. La scoperta di giacimenti ciprioti — potenzialmente collegabili — ha riaperto le contese greco-turche sull’isola e sui confini marittimi.

La Grecia ha inviato in questi giorni una lettera alla Nato e all’Onu per esprimere le proprie preoccupazioni riguardo al linguaggio usato dalla Turchia, che ha affermato di essere pronta a “fare ciò che è necessario” in merito a una disputa sulle isole greche del Mar Egeo. “L’atteggiamento della Turchia è un fattore destabilizzante per l’unità e la coesione della NATO e indebolisce il fianco meridionale dell’Alleanza in un momento di crisi”, ha scritto il ministero degli Esteri greco al Segretario Generale Jens Stoltenberg.

Contemporaneamente Ankara anche ha inviato una lettera alle Nazioni Unite per esprimere le sue preoccupazioni sullo spazio aereo e sulle acque territoriali delle isole del Mar Egeo. La disputa sulle isole è stata fonte di tensione per entrambi i Paesi, poiché la Turchia vede la militarizzazione da parte della Grecia come una potenziale minaccia alla propria sovranità. La Grecia, invece, sostiene che le preoccupazioni di Ankara sulle isole non sono supportate dal diritto internazionale. La contesa arriva fino alla divisa Cipro e alle acque gasifere che i turchi vorrebbero esplorare (e sfruttare).

A questo quadro mediterraneo vanno aggiunte le divisioni libiche (il petrolio è ostaggio delle esterne diatribe politiche interne) e tunisine (dove il presidenzialismo imposto da Kais Saied è sempre più stringente e potrebbe portare a disordini sociali). C’è poi la questione africana, dove attori non statuali (che si rifanno a sigle terroristiche ma si muovono più come organizzazioni mafiose) cercano di controllare il territorio secondo le proprie regole, e le attenzioni delle grandi potenze accresce la competizione regionale e internazionale.

Fonte: Formiche.net

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