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Da Trump a Biden: cosa cambia per l’economia?

Da Trump a Biden: cosa cambia per l’economia?

Nel mezzo di una pandemia che ancora imperversa negli Stati Uniti, scintilla di una crisi economica e sociale e di proteste razziali, gli americani ha

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Nel mezzo di una pandemia che ancora imperversa negli Stati Uniti, scintilla di una crisi economica e sociale e di proteste razziali, gli americani hanno scelto Joe Biden, il candidato democratico, per guidarli nei prossimi quattro anni.

Queste elezioni sono state le più partecipate e polarizzate della storia del paese: Biden è riuscito a ricompattare il “muro blu” degli stati del Midwest e ha vinto, seppur con margini risicati, in stati tradizionalmente repubblicani come Arizona e Georgia. Nel contempo, a Trump sono andati più di 70 milioni di voti. Le divergenze tra i due sfidanti sono molte: in questo articolo, ci concentriamo su quelle in campo economico.

L’economia secondo Trump

Nella campagna elettorale del 2016, Trump aveva proposto una ricetta economica precisa. Attraverso tagli delle tasse a imprese e redditi, deregolamentazioni, lotta all’immigrazione irregolare, e riduzione delle importazioni, Trump prometteva di creare 25 milioni di posti di lavoro, soprattutto nel settore manifatturiero. Il deficit così creato sarebbe stato ripagato da una crescita economica di almeno 4% all’anno.

Delle promesse fatte in campagna elettorale, la riforma fiscale è la più importante effettivamente realizzata: il “Tax Cuts and Jobs Act”, approvato a fine 2017, ha tagliato in maniera permanente la tassa alle imprese dal 35% al 21% e ha abbassato temporaneamente le aliquote marginali sul reddito. Accompagnato da un’importante campagna di deregolamentazioni finanziarie, ambientali e di protezione al consumatore, questo taglio non ha stimolato la crescita di Pil e investimenti sperata – il tasso di crescita del Pil annuale è rimasto circa in linea con gli anni passati (2,5%) -, ma ha contribuito all’aumento del deficit dal 4,4% al 6,3% del Pil. L’aumento del deficit ha sostenuto il buon andamento del mercato del lavoro, in cui il tasso di disoccupazione ha continuato la traiettoria discendente iniziata nel 2010. La crescita dei posti di lavoro è stata positiva, anche se più bassa di quanto promesso, e i salari delle classi lavoratrici più povere sono cresciuti del 5% all’anno, nonostante il dato sia dibattuto.

Inoltre, il deficit ha permesso agli Stati Uniti di non subire in maniera marcata gli effetti del rallentamento dell’economia globale nel 2018-19, causato proprio dalle politiche protezioniste di Trump in campo commerciale – dai dazi alla guerra commerciale con la Cina. Tuttavia, recenti studi hanno dimostrato che l’imposizione dei dazi non ha prodotto un guadagno netto nella creazione di posti di lavoro nel settore manifatturiero, e ha invece rappresentato una delle tasse indirette più alte imposte ai consumatori, senza riportare la bilancia commerciale in linea con i livelli del 2016.

Il Covid-19 ha avuto un forte impatto sull’economia americana. Il tasso di crescita del Pil è caduto a -8,9% nel secondo trimestre 2020 e la crescita nel terzo trimestre non ha riportato il Pil ai livelli pre-crisi. Il tasso di disoccupazione è schizzato quasi al 15%, e tutt’ora si attesta attorno all’8%, con la perdita di occupazione concentrata soprattutto nei quartili più bassi della distribuzione del reddito. A marzo 2020 il Congresso ha approvato il CARES Act, uno stimolo fiscale equivalente al 10% del Pil, con trasferimenti diretti a individui e famiglie, rafforzamento dell’indennità di disoccupazione e aiuti alle piccole e medie imprese. Tuttavia, il Congresso non è riuscito fino ad ora ad approvare un secondo round di stimoli, necessari dal momento che l’amministrazione Trump non è stata in grado di controllare l’epidemia: gli Stati Uniti hanno il numero di casi confermati e morti di Covid-19 più alto al mondo, numeri che sono costati la rielezione al presidente.

L’economia secondo Biden

Alla luce di questi dati, Biden ha, per prima cosa, il compito di condurre gli Stati Uniti fuori dall’emergenza sanitaria. Non è infatti possibile risolvere la crisi occupazionale finché permane la crisi sanitaria. Tuttavia, insieme al piano per affrontare la pandemia, la sua squadra sta sviluppando un programma occupazionale governativo chiamato “Public Health Jobs Corps”, che dovrebbe creare 100.000 posti di lavoro nei settori di testing e tracciamento del virus.

Il piano di ripresa economica presentato da Biden si chiama “Build Back Better” e si basa sul principio che l’economia statunitense non può tornare a com’era prima della pandemia, ma deve cogliere l’occasione per diventare più inclusiva e risolvere le sue debolezze strutturali. La ripresa economica viene legata alla lotta al cambiamento climatico, all’equità razziale e all’investimento nella manifattura americana, con un aumento di 300 miliardi di dollari nella spesa pubblica in ricerca e sviluppo.

Come finanziare tutto ciò? Biden ha intenzione di rialzare alcune delle tasse abbassate dall’amministrazione Trump. In particolare, la tassa sul reddito per il percentile più ricco della popolazione dovrebbe tornare al 39,6% e l’imposta sul reddito societario dovrebbe salire al 28%. Secondo il Tax Policy Center, le riforme fiscali proposte da Biden dovrebbero portare ad un risparmio di 4 trilioni fra il 2021 ed il 2030. Da notare, il 75% dei ricavi delle nuove tasse dovrebbero essere finanziati dall’1% più ricco della popolazione.

Conclusioni

Ma se solo uno dei due seggi venisse perso, Biden si troverebbe a dover contrattare con l’opposizione per qualsiasi atto legislativo, e proposte come la riforma fiscale e gli investimenti ambientali difficilmente passerebbero il vaglio repubblicano. Questo non vuol dire che il presidente eletto si troverebbe con le mani totalmente legate: Biden potrebbe sfruttare i soldi già stanziati dal precedente programma di stimoli e ancora non utilizzati, e fare uso di atti governativi per avviare l’economia nella direzione verde e socialmente inclusiva indicata dalla sua agenda – rientrando nell’Accordo di Parigi, per esempio. Il controllo democratico sul Senato, dunque, potrebbe facilitare l’implementazione di politiche fiscali espansive, senza le quali gli Stati Uniti potrebbero faticare ad uscire dalla crisi. D’altra parte, in un paese così radicalmente diviso, un Senato controllato dall’opposizione costringerebbe a cercare il compromesso politico, servendo così da forza moderatrice e fautrice di politiche bipartisan, al costo di limitare significativamente le spinte riformatrici del programma di Biden.

Fonte : it.businessinsider.com

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