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Unicredit, per Berenberg è buy. Il target sale del 50% a 12 euro

L'investment bank osserva che lo sconto del titolo del 30% sui concorrenti europei potrebbe ridursi sulla base di quattro fattori, tra cui l'm&a. Non Commerbank ma Mps sarebbe il candidato ideale e "il mercato reagirebbe bene", un deal con la banca senese potrebbe aggiungere altri 1,2 euro al prezzo obiettivo (+11%). A patto che sia condotto come Intesa fece con le banche venete nel 2017

Unicredit, per Berenberg è buy. Il target sale del 50% a 12 euro

Berenberg alza il prezzo obiettivo di Unicredit da 8 a 12 euro e il giudizio da hold a buy. Secondo gli analisti il titolo è a sconto del 30/35% (cons

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Berenberg alza il prezzo obiettivo di Unicredit da 8 a 12 euro e il giudizio da hold a buy. Secondo gli analisti il titolo è a sconto del 30/35% (considerando il rapporto prezzo/tangible book value) rispetto ai concorrenti europei e sono quattro i fattori che potrebbero contribuire a ridurre questa differenza. Per Berenberg, inoltre, perché ciò avvenga non è necessario che questi quattro elementi si realizzino tutti insieme.

Innanzitutto la riduzione dell’incertezza sulla direzione strategica: “Dopo che Jean Pierre Mustier si è dimesso da ceo, le incognite sulla strategia di gestione sono venute meno con l’arrivo di Andrea Orcel e l’annuncio delle sue nuove aree di intervento”. In secondo luogo le stime sugli utili che hanno toccato il fondo: “terminato un periodo di assestamento, Orcel punta a riportare la banca alla crescita. Crediamo che ci sia spazio perché l’aumento dei prestiti si riprenda senza trascurare i rischi. Questo dovrebbe comportare guadagni futuri più elevati”, sottolinea Berenberg, citando il caso di Nordea che “funge da esempio di una banca che è riuscita a tornare con successo a una crescita disciplinata dopo aver ridotto i rischi in bilancio”.

Il terzo aspetto chiama in causa “le riserve di capitale che potrebbero essere utilizzate per la crescita e il rendimento del capitale: la banca ha una forte posizione patrimoniale, anche dopo le richieste regolamentari. Insieme al miglioramento organico della generazione di capitale, queste riserve di capitale potrebbero essere utilizzate per finanziare la crescita futura dei prestiti, ridistribuire il capitale agli azionisti in aggiunta alle normali remunerazioni, oppure una combinazione dei due”. Il Cet1 del gruppo è del 15,9% lasciando un cuscinetto di 689 punti base al suo Mda (Maximum distributable amount, ndr), ben oltre il target di 200-250 punti base.

Infine, il quarto fattore riguarda il possibile ritorno sulla scena della carta m&a dopo l’arrivo del nuovo ceo: “In particolare, un accordo con Banca Mps a breve termine, a certe condizioni, sarebbe allettante e il mercato reagirebbe positivamente, inoltre potrebbe aggiungere l’11% al nostro obiettivo di prezzo di 12 euro di Unicredit stand-alone, ovvero 1,3 euro”, stima Berenberg che nel più lungo termine suggerisce che anche un deal con Commerbank potrebbe essere un’opzione, “tuttavia, secondo noi gli impatti finanziari non sono così attraenti dato il rischio di esecuzione”.

Inoltre, secondo Berenberg c’è un interesse limitato all’estero per Banca Mps per via di ridotte sinergie: “il candidato più probabile sarebbe Unicredit. Mentre Mustier era scettico sulla crescita non organica, Orcel appare più aperto a esplorare quest’opzione”, anche se a certe condizioni, “innanzitutto l’operazione deve essere neutra a livello di Cet1 di Unicredit e per avere la neutralità Berenberg ritiene che sia necessaria un’iniezione di capitale di 2,9 miliardi.

“Assumendo che Unicredit rilevi Mps senza dover emettere azioni, in un’operazione simile a quella che portò Intesa Sanpaolo ad acquisire gli asset delle banche venete nel 2017, ipotizziamo che il deal possa far salire il rapporto tangible book value per azione del 19% e l’utile per azione 2023 del 17%, sulla base di un costo del rischio di 60 punti base e di un 30% di taglio dei costi per Mps“, spiega il broker.

Berenberg calcola che negli ultimi cinque anni, ovvero dalla nomina a ceo di Mustier, “il titolo ha avuto una sotto-performance rispetto ai concorrenti europei di circa il 15%, per via sia di fattori macro e politici, cioè il ribasso dei tassi di interesse e la volatilità durante le trattative dell’Italia con l’Ue del 2018 sulle misure fiscali, sia specifici del gruppo, ovvero il processo di riduzione del rischio e di pulizia del bilancio che hanno messo sotto pressione la sua redditività”.

Un’ulteriore fonte di sotto-performance è arrivata dalle dimissioni di Mustier, in ogni caso “nell’ultimo mese il titolo ha registrato una sovra-performance rispetto ai concorrenti del 15% grazie sia alle revisioni al rialzo degli utili dopo i conti del primo trimestre migliori delle attese sia all’insediamento di Orcel e alle sue prime dichiarazioni e azioni sulla strategia della banca. Nonostante questa recente forza il titolo resta a sconto del 30% rispetto ai concorrenti europei”, spiega Berenberg.

L’investment bank evidenzia che attualmente Unicredit scambia a sconto di circa il 60% rispetto al suo tangible book value con un Rote atteso dal consenso per il 2022 del 4,9%. Questi dati si confrontano con valori dei concorrenti europei, rispettivamente, del 40% e del 6,3%. “Ciò vuol dire che il titolo negozia a sconto del 30% sui concorrenti europei e del 35% rispetto alle banche della periferia dell’Europa, valori che ignorano l’outlook della banca”, ribadisce Berenberg, sottolineando anche le potenzialità del “dividend yield che potrebbe toccare il 6,6%, rispetto al 4% medio delle banche europee, una volta che le autorità bancarie toglieranno gli attuali limiti alla remunerazione dei soci dovuti alla crisi pandemica”. A Piazza Affari il titolo Unicredit sale dello 0,25% a 10,264 euro.

 

Fonte: www.milanofinanza.it

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