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Young Global Leaders: gli influencer del WEF per plasmare le politiche globali

Young Global Leaders: gli influencer del WEF per plasmare le politiche globali

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Probabilmente sono in pochi a sapere che una parte consistente dei politici, dei giornalisti, degli artisti, degli imprenditori e degli influencer “culturali” del mondo provengono da una formazione precisa che si ispira ai principi e agli obiettivi del World Economic Forum (WEF), potente organizzazione internazionale che persegue gli interessi del gotha finanziario ed economico mondiale. È stato proprio il WEF, infatti, a lanciare nel 1992 un programma chiamato “Global Leaders of Tomorrow”, ribattezzato poi nel 2004 “Forum for Young Global Leaders”: si tratta di un programma formativo quinquennale in cui i giovani futuri leader vengono istruiti su come plasmare la società globale emergente: ogni anno vengono formate delle classi selezionando circa 130 giovani leader provenienti da 120 diverse nazionalità che vanno ad aggiungersi alla “YGL Alumni Community”, composta da 1400 ex alunni. Durante il percorso formativo, i “global leader” hanno l’opportunità di confrontarsi con i coetanei, ma anche con una rete di premi Nobel, premi Pulitzer, Capi di Stato e Ceo, impegnati a “migliorare le condizioni del mondo”.

Il principale obiettivo del progetto è identificare e fare avanzare un’agenda globale per mezzo di quelli che possono essere considerati dei veri e propri “agenti” delle istituzioni transnazionali, cui spetta il compito di portare avanti le “sfide globali” del XXI secolo. Non a caso, il signor Klaus Schwab – fondatore del WEF – si è compiaciuto pubblicamente del fatto di riuscire a “penetrare i governi”, introducendo in essi i “giovani leader globali”, tra i quali ha citato il Primo ministro del Canada Justin Trudeau e il Presidente dell’Argentina. Ma sono innumerevoli i ministri, i politici e i personaggi pubblici in tutto il mondo provenienti dalla formazione del WEF: tra questi si possono annoverare figure del calibro di Angela Merkel, Tony Blair, Nicolas Sarkozy, Emmanuel Macron, Sanna Marin, Leonardo di Caprio, David de Rothschild, Larry Page e Mark Zuckerberg, solo per citare i più conosciuti.

Il compito di questi giovani leader è quello di perseguire – all’interno delle dimensioni nazionali – i pilastri economici e strategici su cui si fonda l’organizzazione di Davos: il primo di questi riguarda la cooperazione tra settore pubblico e privato, mentre il secondo prevede una gestione sovranazionale di quelle che vengono definite “sfide globali”. Sullo stesso sito del Forum of Young Global Leader, si legge infatti che “Il Forum dei Giovani Leader Globali accelera le soluzioni alle sfide globali attraverso nuovi

modelli di cooperazione pubblico-privato”. Le sfide globali coincidono spesso con condizioni emergenziali, come quella sanitaria o climatica, ma anche con ambizioni di progresso potenzialmente illimitato in cui spicca il piano tecnologico, protagonista della Quarta rivoluzione industriale e delle trasformazioni sociali, economiche e politiche che questa comporta. Il ruolo dei “leader di Davos” è dunque quello di portare questi “pilastri” all’interno degli organi governativi dello Stato, agendo come una sorta di braccio esecutivo delle istituzioni private e sfruttando le emergenze globali con lo scopo di velocizzare i processi di concentrazione di potere.

Stando a quanto riporta un articolo del Global Research, nel 2000, tra i partner di “Global Leaders of Tomorrow” erano presenti grandi multinazionali come The Coca Cola Company, Ernst & Young e Volkswagen, mentre dal 2004 – quando il progetto è stato rinominato “Forum for Young Global Leaders” – si sono aggiunti partner come la Bill & Melinda Gates Foundation, Google e JPMorganChase.

Proprio la presenza e l’influenza di questi colossi spiega la necessità e la volontà – da parte dei leader del WEF – di promuoverne gli interessi anche attraverso il partenariato tra settore pubblico e privato, il quale vede costantemente la supremazia del secondo a scapito del primo, conducendo ad un assoggettamento degli Stati ai potentati economici e finanziari. In un simile contesto, è inevitabile che i leader di governo non rispondano più interamente ai legittimi interessi degli elettori – ossia ai cittadini – quanto piuttosto a quelli di un’élite facente capo al mondo bancario, finanziario e imprenditoriale, decretando di fatto la “privatizzazione dei governi” e degli affari pubblici. Il risultato è un progressivo sgretolamento delle dinamiche democratiche che vengono ridotte a meri elementi di facciata.

Tutto ciò costituisce l’esito di un progressivo trasferimento dei poteri dagli organi statali alla sfera economica privata, che ha avuto inizio con il fenomeno della globalizzazione e ha raggiunto il suo apice di recente con l’emergenza sanitaria, gestita in molti Paesi proprio dai “giovani leader globali”. In tali circostanze, questi ultimi hanno svolto perfettamente il compito per cui sono stati formati, agevolando l’instaurazione di un nuovo modello di governance globale, patrocinato, non a caso, proprio dal WEF.

Fonte: Indipendente.online

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